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I fattori di pressione sui mari italiani secondo WWF Italia

Del 5 Agosto 2016

I fattori di pressione sui mari italiani

Nel dossier “Italia: l’ultima spiaggia” si riportano le valutazioni sulla situazione attuale e sulle tendenze future dello studio “MedTrends” (2015) sui fattori di pressione di origine antropica sui mari italiani derivanti da otto diversi settori produttivi e sulle ricadute ecologiche delle attività economiche prese in esame.

Petrolio e Gas – Sono 122 le piattaforme per l’estrazione degli idrocarburi (l’88% concentrato nel Mare Adriatico) oggi attive nelle acque italiane e 92 quelle localizzate nella fascia delle 12 miglia dalla costa di interdizione a queste attività (il 47,7% delle quali mai sottoposte a valutazione di impatto ambientale) e 36 le istanze per la ricerca (32) e per la coltivazione (4) che sono state presentate e che ipotecano il futuro dei nostri mari, in particolare dello Ionio (18 istanze) e del Canale di Sicilia (8). Gli impatti sugli ecosistemi marini possono derivare: dalla dispersione di sostanze chimiche pericolose usate a regime nelle fasi di lavorazione ordinarie di prospezione e coltivazione, dall’inquinamento acustico per l‘uso degli airgun nella fasi di prospezione e ricerca, da sversamento di petrolio in caso di incidente ad una petroliera o ad un impianto petrolifero o petrolchimico costiero che può provocare effetti teratogeni, mutageni e cancerogeni perduranti decenni (bisogna ricordare il Mediterraneo ha il primato mondiale per densità di catrame pelagico, in mare aperto con una concentrazione di 3,8 mg al metro cubo, tre volte superiore a quella del Mar dei Sargassi – fonte: Unione Petrolifera 2005)

Pesca – Sono 10.879 i pescherecci motorizzati per la pesca professionale, che impiegano 28.900 persone, in una flotta peschereccia che è tra le più grandi d’Europa dopo Spagna e Inghilterra, dislocata lungo le coste italiane e concentrata in particolare nell’Alto Adriatico, nel Canale di Sicilia e nel Mar Tirreno, con i principali distretti di pesca situati ad Ancona, Trieste e Mazara del Vallo. Dagli anni 90 si registra una riduzione della catture a causa dal sovrasfruttamento degli stock ittici (nel Mediterraneo il 93% degli stock è in overfishing, fonte: Commissione Europea). Gli impatti sulle reti trofiche della diminuzione degli stock provocano difficoltà di approvvigionamento alimentare per gli uccelli marini, i danni alla biodiversità possono derivare da catture accidentali causate dall’impigliamento in attrezzi posti a ridosso di aree di nursery o dall’uso di reti a strascico che distruggono gli habitat e le funzioni degli ecosistemi dei fondali, nonché dalla pesca illegale.

Trasporti e Porti- L’Italia è al terzo posto in Europa, dopo Olanda e Regno Unito, per traffico merci via mare e i porti italiani con la maggiore quantità di merci movimentate sono cinque, nell’ordine: Trieste, Genova, Cagliari, Gioia Tauro e Taranto. I porti specializzati nella movimentazione di greggio e di prodotti petrolchimici sono 14, tra i principali sono Trieste, Augusta, Sarroch, Genova, Milazzo. Le aree dei mari italiani che spiccano per elevate densità di passaggio sono: il Canale di Sicilia, il Mare Adriatico e il Mar Ligure. Al 2020 è previsto (fonte: Autorità Portuale di Livorno) un aumento del traffico containerizzato non transhipment del 67% rispetto al 2010 (+9.25 milioni di TEU, container di misura standard) e al 2025 di un ulteriore 18,5% rispetto al 2020 (+10,96 milioni di TEU). Gli impatti ambientali sull’ecosistema marino possono derivare dall’inquinamento acustico dei motori, da sversamenti di petrolio e di agenti chimici e dall’introduzione di specie non autoctone nelle acque di zavorra. Non trascurabili sono le emissioni di anidride carbonica.

Dragaggi – L’aumento dell’attività di trasporto marittimo e le navi sempre più grandi stanno richiedendo un aumento progressivo dell’attività di dragaggio delle aree portuali per rendere i fondali più profondi. Secondo i dati forniti da ISPRA per il periodo 1994-2012 in Italia sono stati dragati 17.796.373 metri cubi di sabbie relitte, mentre nei prossimi anni le Autorità portuali prevedono di dragare 64 milioni di metri cubi. Questa attività può provocare rilevanti cambiamenti dell’ecosistema marino e quindi necessita di una verifica dei parametri fisici, chimici e biologici per evitare che materiali inquinati e/o tossici vengano riutilizzati a terra o a mare senza cautele, ma siano destinati allo stoccaggio e deposito di materiali tossici.

Acquacoltura – In dieci anni (dal 1997 al 2007) si è avuto un trend di crescita dell’acquacoltura in Italia del 70% (fonte: Plan Bleu 2014) che al 2030 potrebbe più che raddoppiare. La molluschicoltura è il comparto più forte dell’acquacoltura italiana a cui seguono gli allevamenti ittici di branzini (o spigole) e di orate. Le produzioni maggiori di acquacoltura si riscontrano in Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Puglia, Sardegna e Sicilia (nel versante adriatico domina la molluschicoltura, mentre la piscicoltura è molto praticata in Sardegna, Sicilia, Campania e Veneto). Gli impatti possono derivare dall’introduzione accidentale in natura di specie non indigene, dagli effluenti provenienti dagli impianti che possono anche provocare resistenza agli antibiotici, l’eutrofizzazione dell’acqua, la riduzione di ossigeno, nonché dall’ancoraggio delle strutture, dai rifiuti marini e dall’abbandono o scorretto smaltimento delle gabbie inutilizzate.

Energie rinnovabili – Gli impianti offshore di produzione energetica da fonti rinnovabili (eolico e energia delle onde) sono ancora in una fase pilota in Italia e gli impatti di questo settore oggi in Italia sono trascurabili. Dei 15 progetti che sono stati presentati al Governo per l’approvazione nel periodo 2006-2013 solo due (eolici) sembrano aver superato la fase autorizzativa (uno a Gela e l’altro nel Golfo di Taranto),mentre sono previsti, al momento, parchi eolici a Volturino e a Manfredonia in Puglia. L’impatto ambientale è al momento trascurabile.

Turismo – Nel 2012 il 45% dei turisti italiani e il 24% dei turisti stranieri hanno scelto le coste italiane come meta turistica e l’Italia rappresenta attualmente il più grande mercato di destinazione crocieristica d’Europa. I principali porti italiani per il traffico crocieristico sono Venezia, Civitavecchia, Genova, Savona e Trieste. In Italia sono presenti 700 porti, comprese le opere marittime minori che si sviluppano lungo più di 300 km di tratti costieri (fonte: ISPRA) e il numero dei posti barca per la nautica da diporto è aumentato dai 140.690 del 2007 ai 156.606 del 2012, + 11% (fonte: Ivaldi E. “Yachting and Nautical Tourism in Italy”). In futuro, è prevista una crescita annua del contributo della voce viaggi e turismo al PIL del 2,3% ogni anno, per arrivare nel 2024 a 83,4 miliardi di euro (pari al 4,7% del PIL), passando negli arrivi di turisti internazionali dai 53 milioni attuali ai 65.754.000 (fonte: Travel & Tourism – Economic Impact 2015 Italy). L’impatto ambientale del turismo costiero intensivo può derivare da impianti di trattamento delle acque inadeguati o inesistenti che scaricano notevoli quantità di residui non depurati direttamente in mare, mentre per il turismo nautico è problematica la gestione scorretta delle acque di zavorra, di scarico e dei rifiuti.

Attività militare – Al 31 marzo 2013 la Marina Militare (M.M.) impiegava circa 31mila militari e 10mila civili e contribuiva al PIL per 2,4 miliardi di euro l’anno (fonte: Ministero della Difesa). Nelle linee programmatiche della M.M. è prevista una contrazione della flotta di 38 unità e le navi in costruzione sono un numero esiguo rispetto a quelle che si prevede vengano dismesse (fonte: Ministero della Difesa. 2013). L’impatto delle attività della Marina Militare deriva dall’uso dei sonar che può provocare disturbo o danni, ad esempio, ai cetacei e dall’uso di esplosivi duranti le esercitazioni militari che può avere un impatto molto negativo sulle specie ittiche e sugli habitat del fondo marino. Inoltre, esiste un problema di inquinamento derivante dai residuati bellici dei due conflitti mondiali, che si trovano in particolare, ma non solo, nel Golfo di Napoli, a Molfetta e in altre zone del basso Adriatico.

 

* Approfondimento collegato al Dossier Italia: l’ultima spiaggia – Lo screening dei mari e delle coste della Penisola”