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ISTRUZIONE E RICERCA – Intervista al Ministro Stefania Giannini

Del 4 Agosto 2016

Verso il Cluster Tecnologico Nazionale dell’Economia del Mare

Intervista al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini

 GIANNINI

Quali sono le prospettive di crescita della Blue Growth, una delle dodici aree di specializzazione individuate nel PRN 2015/2020?

In un Paese con più di 7mila kilometri di coste, la crescita blu dovrebbe rappresentare un fattore critico di successo per il sistema economico e per questo intendiamo favorirla attraverso la ricerca, sempre connessa con il tessuto industriale.

È un nuovo inizio per immaginare l’Italia del 2030, quella che dopo aver recuperato il tempo e le decisioni perdute, definisce i lineamenti della sua identità produttiva in un tempo e in uno spazio più esteso.

Oggi l’economia del mare è un settore molto composito che tiene insieme pesca e turismo, movimenti di merci e di persone, le attività di “ricerca, regolamentazione e tutela ambientale” (cresciute del 22,2% negli ultimi 4 anni) e la filiera della cantieristica. In alcuni comparti, possiamo contare su know how e competenze distintive che vanno consolidate e trasformate in fonti di attrazione di capitale umano ed economico dall’estero. Senza dimenticare la nostra leadership in BLUEMED, il progetto europeo per la ricerca marina e marittima che coinvolge altri Paesi del Mediterraneo, il nostro affaccio naturale sul mondo”.

 

Come procede il percorso del nuovo Cluster Tecnologico Nazionale dell’Economia del Mare?

A breve avvieremo la costituzione dei 4 nuovi cluster tecnologici nazionali, infrastrutture interistituzionali agili per mettere in connessione università, enti pubblici di ricerca e imprese e tra centro e territori e dare una spinta unitaria e univoca alla ricerca e all’innovazione. Il Cluster Blue Growth sarà tra questi, tematicamente in continuità con gli indirizzi di Horizon 2020 e in linea con la Strategia Nazionale della Specializzazione Intelligente.

Seguiremo il modello di successo adottato per la costituzione dei primi 8 cluster che ad oggi coinvolgono più di 400 soggetti. Ci sarà una chiamata pubblica di interesse per aggregazioni tra pubblico e privato dove verranno richiesti un Piano di Sviluppo Strategico – per identificare reti e traiettorie tecnologiche significative – e i Progetti di Ricerca Industriale, per un impatto industriale, socio-economico e occupazionale.

Crediamo molto in questo modello e per questo nel PNR abbiamo deciso di investire circa 450 milioni di euro nel triennio nella cooperazione pubblico-privato attraverso i 12 cluster”.

 

Molte Regioni italiane hanno inserito l’Economia del Mare nelle loro Smart Specialization Strategy. Cosa significa questo per la crescita del sistema nazionale?

Significa che sta giustamente crescendo la dovuta attenzione su questo settore, un’attenzione evoluta e innovativa non solo da parte delle regioni che tradizionalmente vantano economie e filiere più floride. Si tratta di una occasione di cambiamento del modello economico e di crescita straordinaria soprattutto per il Sud e se cresce il Sud cresce l’Italia.

La costituzione del Cluster Nazionale sarà una chiamata all’azione e uno stimolo non solo per gli enti di ricerca, ma soprattutto per i territori e per riunire eccellenze e potenzialità all’interno di una strategia complessiva”.

 

In che modo la ricerca, l’innovazione e la formazione possono sostenere il processo di crescita dell’Economia del Mare italiana?

Creando una forza lavoro altamente qualificata e dunque competitiva e incoraggiando una crescita economica intelligente perché sostenibile e duratura, rispettosa dell’ambiente e della risorsa su cui costruisce la sua ricchezza.

Non dimentichiamo che il mare rappresenta innanzitutto una risorsa paesaggistica da tutelare, ma difendere la bellezza non significa far rimanere sommerso un potenziale scientifico e industriale. Se c’è un fine sociale che la ricerca deve perseguire oltre agli obiettivi scientifici, è proprio quello di rendere possibile quest’equilibrio tra ambiente e sviluppo grazie alla conoscenza”.

 

Istituti nautici e ITS del mare: quali sono le prospettive di occupazione oggi in Italia? E quale è il sostegno del Ministero?

“I percorsi che lei cita, insieme anche alle facoltà di ingegneria navale e nautica ad esempio, garantiscono una alta occupabilità, in alcuni casi del 100%, grazie a un collegamento diretto con le imprese che partecipano anche alla didattica. È un approccio che va promosso in tutte le discipline, così come intendiamo diffondere l’esperienza degli ITS in tutta Italia per far conoscere una realtà davvero positiva, alternativa all’università ma sempre professionalizzante.

Non dobbiamo però agire soltanto su settori specifici. Bisogna realizzare politiche educative avanzate e trasversali.

La svolta culturale radicale impressa dall’alternanza scuola-lavoro obbligatoria anche per i licei offre un sostegno strutturale e profondo per un patto scuola-impresa che vada nella direzione di una coltivazione progressiva e costante dei talenti.

Un investimento importante poi è la creazione di nuovi ambienti per l’apprendimento aperti al territorio per contrastare abbandono scolastico e disoccupazione.

Cito il caso dei 58 laboratori territoriali che abbiamo finanziato con circa 45 milioni di euro e non è un caso che tra questi sia stato selezionato un laboratorio navale itinerante che verrà costruito a Gaeta, in partenariato con comuni e università: una Nave Scuola che si sposterà nei territori coinvolti nel progetto dove poter fare formazione “in situazione”, non simulata”.