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“Strategie per il clima”: l’intervento del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti

Del 2 Luglio 2016

Pubblichiamo l’intervento del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti al seminario Aspen-Harvard-Minambiente
“Strategie per il clima ed economie sostenibili in Europa” che si è svolto oggi a Firenze.

 

“Ringrazio per la collaborazione e per il grande contributo alla organizzazione e alla riuscita di questo evento l’Istituto Aspen e l’Harvard Kennedy School.
E naturalmente ringrazio il sindaco Nardella che ci ospita qui a Firenze, dimostrando ancora una volta la speciale attenzione di queste città per i grandi temi ambientali.

Dedicare una due giorni alle strategie globali sui cambiamenti climatici dopo l’accordo di Parigi e allo sviluppo sostenibile in Europa è un altro importante segnale dell’attenzione che il mondo scientifico-economico e le istituzioni nazionali e internazionali dedicano al cambiamento che è stato avviato e che, dopo la COP21, è diventato impegno e prospettiva per il futuro del pianeta.

L’Europa oggi è segnata da tensioni, da tentazioni centrifughe di cui il referendum sulla Brexit è stato il più eclatante ma certo non il primo né l’unico indicatore. Sembra davvero che oggi sia in discussione non tanto il modo in cui affrontare il futuro dell’Unione, ma piuttosto l’essenza stessa del dirsi Europei, quali siano i valori comuni e fondanti.
In questi mesi gli elementi sfiducia nelle istituzioni europee si sono moltiplicati:

–      Le tragedie dei migranti sia sulla rotta mediterranea che su quella balcanica cui i paesi europei non sanno dare una risposta unitaria, coesa e soprattutto umana.

–      Le difficoltà di una economia continentale, ingessata da politiche “rigoriste”, che non riesce ad imboccare con decisione la via dello sviluppo.

–      La sostanziale incapacità di affrontare “con una voce sola” e da protagonista le crisi del mediterraneo e del medio oriente che tanto incidono sull’Europa.
Sono tutti elementi che evidenziano limiti politici ma anche, forse, di metodo. Per questo io in questo periodo dico sempre e voglio ribadirlo anche oggi qui con voi che l’Europa deve ripartire dall’ambiente.

•         Ripartire dall’ambiente perché è un tema, forse uno dei pochi rimasti, che unisce e non divide l’opinione pubblica europea.

•         Ripartire dall’ambiente perché su questo terreno l’Europa ha dimostrato grande capacità di intesa su soluzioni ambiziose come l’impegno su clima-energia “40-27-27”, certamente il più avanzato del mondo.

•         Ripartire dall’ambiente perché come abbiamo dimostrato a Parigi e prima ancora a Lima con la presidenza italiana, l’Europa sui temi ambientali può spendere una leadership e una credibilità riconosciuta a livello globale.

L’ambiente è anche uno strumento in grado di affrontare positivamente le questioni aperte nel continente.
Infatti la Green Economy è il motore del nuovo sviluppo, dell’unico sviluppo possibile oggi, sia dal punto di vista economico che occupazionale se vogliamo che le giovani generazioni escano da un destino di precariato e si avviino verso lavori che hanno un futuro duraturo.
E credo sia giusto ricordare con orgoglio, accanto all’impegno per il futuro, quanto fatto nel recente passato che ci ha consentito di raggiungere i target assegnati all’Italia dal protocollo di Kyoto.

Ma guardiamo soprattutto avanti. Lo sviluppo sostenibile, il trasferimento di tecnologie verdi, l’aiuto ai paesi del sud del mondo a costruire e far crescere una propria economia, sono le risposte che la comunità internazionale, e anche ogni persona di buon senso, individua per arginare i fenomeni migratori. Costruire migliore qualità di vita, possibilità di lavoro e crescita socioe-conomica in patria è l’unico possibile deterrente contro le migrazioni. I migranti ambientali che nei prossimi decenni potrebbero raggiungere secondo alcune stime il numero di 250 milioni sono una bomba sociale e politica che va disinnescata dando ai paesi poveri strumenti e tecnologie per uno sviluppo sostenibile.

Non fermeremo i migranti con i muri, con le barriere, perché non esistono barriere più forti della fame e della disperazione.

Fermeremo i migranti solo consentendo loro di costruire in patria ciò che cercano in Europa: una vita migliore, pacifica, un futuro per i loro figli. Fermeremo i migranti solo aiutandoli a costruire uno sviluppo sostenibile in patria.

Esiste dunque una duplice valenza dell’impegno sulle strategie climatiche e per la crescita green. Un aspetto che riguarda ciò che possiamo e dobbiamo fare in casa nostra, nei nostri paesi, e un altro altrettanto importante che concerne ciò che possiamo, dobbiamo, ci siamo impegnati a fare per aiutare i paesi poveri, quelli nei confronti dei quali, come ci ha ricordato Papa Francesco nella sua “Laudato Sì”, abbiamo un “debito ambientale”.

A Parigi abbiamo concordato un budget di 100 miliardi di dollari l’anno in aiuti ai paesi più a rischio climatico.

L’Italia ha già iniziato a fare la sua parte dando ulteriore impulso al suo decennale programma di cooperazione con l’Africa con uno stanziamento complessivo di quasi 19 milioni di euro.  Abbiamo  aderito ad alcuni fondi internazionali fra i quali il Fondo per l’Energia Sostenibile per l’Africa e il Fondo Africano sui Cambiamenti Climatici, gestiti dalla Banca Africana di Sviluppo,  il programma Medio Oriente e Nord Africa, gestito dall’International Finance Corporation.
Ma non solo di investimenti pubblici l’Africa ha bisogno. La disponibilità di risorse rinnovabili permetterebbe di coprire l’intero fabbisogno energetico del continente ma sono necessari anche significativi investimenti che devono coinvolgere il settore privato.
L’Africa subsahariana offre innumerevoli opportunità di investimento nel settore delle rinnovabili che richiamano l’attenzione delle maggiori imprese del settore, comprese quelle italiane.
La sfida è rendere l’ambiente africano una grande leva di sviluppo economico, promuovendo nuove opportunità e prospettive di lavoro attraverso lo sviluppo di tecnologie pulite, il risparmio energetico e la sinergia tra ricerca e industria, così come tra pubblico e privato. Vogliamo promuovere la responsabilità, sviluppare insieme politiche efficaci, permettere a tutti di essere attori chiave nella protezione dell’ambiente globale. Crediamo pertanto che, anche attraverso nuove forme di partenariato pubblico-privato, il nostro paese potrà dare importanti contributi allo sviluppo sostenibile africano e, quindi, a quello globale.

Naturalmente, per ciascun paese, il lavoro più impegnativo è quello da attuare in casa propria. L’Italia ha imboccato con decisione e concretezza la via dello sviluppo sostenibile, mettendo in campo una pluralità di strumenti e risorse adeguate.

Un impegno di tutto il sistema che non può che essere coordinata e plurale come previsto nella Strategia Nazionale di adattamento agli impatti ai cambiamenti climatici  varata nel giugno del 2015 e che prevede la valutazione di impatti e vulnerabilità sulle risorse ambientali e sui comparti economici come il turismo o l’agricoltura o sui contesti sociali come le città.
La Strategia, coerente con le linee guida europee per lo sviluppo di strategie di adattamento emanate nel 2013, mira a rafforzare la preparazione e la capacità a rispondere agli impatti dei cambiamenti climatici a livello nazionale, regionale e locale, suggerisce la creazione di una serie di assetti istituzionali e attività organizzative, valuta i rischi e le vulnerabilità ai cambiamenti climatici, identifica le opzioni di adattamento.
Come dicevo in precedenza, a questa nuova architettura di competenze e responsabilità abbiamo messo mano e in parte l’abbiamo già attuata.
La Strategia dovrà essere seguita da Piani di adattamento basati principalmente sull’uso di fondi europei, in particolare della programmazione dei Fondi Strutturali Europei 2014-20.
Al riguardo giova ricordare che l’Accordo di Partenariato tra l’Italia e la Commissione Europea specifica un obiettivo tematico per l’adattamento ai cambiamenti climatici e indica una spesa di 813 milioni.
Anche il Nuovo Programma LIFE (2014-17) prevede un azioni per il clima tra cui l’adattamento ai cambiamenti climatici e azioni per l’adattamento urbano con uno stanziamento di 190 milioni.

Stiamo quindi definendo il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici.  Per completare il piano entro la fine dell’anno abbiamo aperto un tavolo con gli entri locali, comuni e regioni e mercoledì prossimo,  il 6 luglio, si svolgerà al nostro Ministero una  riunione con tutti i Dicasteri interessati.  Anche in questo caso l’approccio alle misure per mettere in sicurezza l’Italia in ambito governativo non può che essere multidisciplinare e multisettoriale. Riguarda l’ambiente, ma anche inevitabilmente, il tesoro, le infrastrutture, i beni culturali, le attività produttive e via dicendo.
Il piano conterrà gli scenari climatici per l’Italia al 2050 e al 2100, e sulla base di tali scenari e su aree climatiche omogenee indicherà le azioni nazionali per fronteggiare gli effetti del climate change e una stima delle risorse per  attuarle.

In questa cornice di programmazione si inseriscono le misure già adottate per promuovere la green economy.

Abbiamo appena varato il nuovo decreto per le rinnovabili con un impegno di 435 milioni l’anno, cioè 20 miliardi in vent’anni. Venti miliardi che si aggiungono agli incentivi degli anni scorsi e ancora in atto.
Va detto che dal 2015 abbiamo traguardato e superato il target europeo del 17% di consumi finali da fonti rinnovabili peraltro da raggiungere entro il 2020. Ancora più avanti siamo rispetto agli obiettivi europei per il settore elettrico con il 33% del 2015 rispetto ad un obiettivo del 26,4% al 2020.
Con il nuovo decreto abbiamo puntato sulla generazione diffusa, sui piccoli e medi impianti, sull’autoproduzione. E se esce dal perimetro degli incentivi il fotovoltaico ampiamente promosso negli anni passati, e puniamo sul solare termodinamico, sull’eolico, sulle biomasse, sul geotermico.

Il 31 maggio è partito con uno stanziamento di 900 milioni, il Conto Termico che potenzia e semplifica il meccanismo delle agevolazioni per l’incremento dell’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. I beneficiari sono imprese, privati e Pubbliche Amministrazioni a cui sono specificamente destinati 200 milioni con i quali potranno essere finanziati  interventi in edifici esistenti e sostituzione di impianti esistenti per la climatizzazione invernale con impianti a più alta efficienza come le caldaie a condensazione.

A questi sostegni “principali” alle rinnovabili, vanno aggiunti altri strumenti quali gli incentivi fiscali per chi installa un piccolo impianto fotovoltaico. La Legge di Stabilità prevede infatti che gli investimenti per impianti fino a 20 kW di potenza possono continuare a beneficiare anche per il 2016 delle detrazioni fiscali IRPEF del 50%.
E va ricordato anche lo scambio sul posto, un meccanismo che favorisce l’autoconsumo e la generazione distribuita di energia e che abbiamo contribuito a potenziare innalzando il limite di accesso che da 200 è passato a 500 kW.
Inoltre per le pubbliche amministrazioni ci ancora 250 milioni del Fondo Kyoto che finanzia con prestiti a tasso agevolato la riqualificazione energetica degli edifici scolastici e delle università.
Ed a proposito di efficienza energetica va naturalmente ricordato che con la legge di stabilità abbiamo esteso a tutto il 2016 le detrazioni fiscali del 65% per chi migliora l’efficienza energetica degli edifici.
Va inoltre ricordato anche l’impegno per la mobilità sostenibile con 90 milioni di euro. Si tratta di un altro tassello chiave sul quale peraltro stiamo ancora lavorando perché in Italia viviamo due conseguenza antitetiche dei cambiamenti climatici: gli eventi estremi con allagamenti e frane e la siccità con la stagnazione dell’aria e il superamento nelle grandi città e in tutta la pianura padana dei limiti di gas e particelle nocive nell’atmosfera.

Insomma, e mi avvio a concludere, “L’Italia sostenibile” è in cammino,  anzi sta già correndo. La green economy, secondo gli ultimi dati occupa 3 milioni di addetti e produce oltre il 10% del PIL italiano.

Ma questo è solo l’inizio del cambiamento verso un’Italia verde, de-carbonizzata, sostenibile, che non produce rifiuti ma riusa e ricicla le materie, che affronta con una infrastrutturazione  adeguata le sfide del clima.

Questo è solo l’inizio di un futuro che confidiamo migliore per l’Italia e per l’Europa”.

 

Gian Luca Galletti

Ministro dell’Ambiente

 

Il programma completo del convegno:

Programma Firenze 2 luglio