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Yacht: forum del lusso possibile a Porto Cervo

Del 8 Maggio 2015

Costituire sei zone franche nei porti sardi strategici per la grande nautica, ribadire ogni anno la sfida sul lusso possibile in Costa Smeralda, costruire nuove modalità di accoglienza per recuperare una quota parte maggioritaria di quel 70% della flotta mondiale di mega yacht che sceglie ogni anno il Mediterraneo come area operativa preferita.

Queste alcune delle indicazioni più importanti scaturite oggi dai lavori del primo Forum sul lusso possibile/la sindrome di Robin Hood svoltosi a Porto Cervo presso il centro congressi del Hotel Cervo del gruppo Starwood e organizzato da Federagenti.

Le ricadute del lusso, e in particolare della grande nautica in termini di reddito generato e di occupazione creata nei territori, hanno fornito un fil rouge del Forum nel corso del quale sono emerse anche alcune proposte concrete. Fra le altre quella (illustrata dal Presidente della Cagliari Free Zone, Pier Giorgio Massidda) di realizzare nei 6 principali porti sardi, zone franche doganali già autorizzate dall’Unione europea, all’interno delle quali radicare attività di refitting e di manutenzione degli yacht in regime di esenzione Iva.

La seconda indicazione ha riguardato proprio il Forum ideato da Federagenti: una sfida raccolta dalla Costa Smeralda intenzionata a ospitare ogni anno questa manifestazione per l’apertura della stagione estiva.

La terza indicazione, ribadita dal presidente di Federagenti, Michele Pappalardo, è quella relativa all’accoglienza che nella grande nautica deve obbligatoriamente far rima con eccellenza. Condizione questa irrinunciabile  per approfittare di quell’unico e incredibile effetto moltiplicatore di reddito e occupazione che caratterizza i mega yacht.

In un mondo in cui la fascia dei miliardari tende a crescere (sono 1800 con una fascia under 50 crescente in particolare in Asia), la grande nautica – come emerso sia dalla ricerca prodotto da Deloitte financial advisory, sia in particolare da Federagenti – uno yacht  dai 30 ai 60 metri di lunghezza da lavoro ha 15 uomini di equipaggio, ma mantiene anche una media di 75 famiglie di lavoratori della manutenzione, elettricisti, tecnici, fornitori di bordo e negozi. Uno yacht compreso nella fascia fra i 60 e gli 80 metri , oltre a una media di 25 uomini di equipaggio, dà lavoro a circa 140 persone; i mega zacht da oltre 80 metri, oltre a garantire occupazione permanente a circa 50 componenti dell’equipaggio anche a rotazione, fornisce lavoro e reddito a oltre 250 famiglie.

Le tre fasce di categoria dei grandi yacht attivano mediamente una spesa annua che sale dai 2,35 milioni di euro per un’imbarcazione della fascia fra i 30 e 60 metri per raggiungere 6 milioni e 750.000 euro per un natante nella fascia dei grandi yacht.

In  Italia il mercato dei grandi yacht si traduce in un fatturato di 2,5 miliardi di euro e in 13.000 addetti. A livello mondiale il “fatturato” dei mega yacht sfiora i 25 miliardi di euro.

6mila sono le aziende coinvolte e quasi 500.000 i posti di lavoro generati a bordo e a terra, senza contare le ricadute sull’economia turistica di aree strategiche per la grande nautica da diporto.

Nel corso dell’incontro di Porto Cervo, Paolo Crepet, noto psicologo, è intervenuto su una sindrome tutta italiana, quella dell’invidia per il lusso, in un paese – ha detto Crepet – che non è e non sarà mai normale, ma che paradossalmente si sforza di mascherare la sua eccezionalità e non di “venderla” come un prodotto unico sui mercati.

Dalla tavola rotonda che ha chiuso il Forum, con la partecipazione dei principali operatori sardi, fra cui Renato Azara (Navigo), Giancarlo Acciaro (vice presidente degli agenti marittimi di Sardegna), Franco Cuccureddo (Rete porti Sardegna) e il rappresentante dei comandanti, Alessandro Sasso, sono emerse indicazioni sconcertanti sulle follie normative e organizzative che tarpano le ali alla grande nautica che “lascia a terra” somme impressionati (ogni passeggero di mega yacht spende mediamente a terra 20.000 euro al giorno; cento passeggeri 2 milioni al giorno che equivalgono alla spesa giornaliera media di 150.000 camperisti). Parole d’ordine sulle quali lavorare sono: burocrazia, eccellenza, formazione, servizio, competitività. Tutti fattori sui quali l’Italia (e anche la Sardegna) sono ad oggi perdenti.