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Architetto Tommaso Spadolini

Del 22 Novembre 2013

 Alcune linee essenziali e i sogni degli armatori prendono vita

Sono bastati pochi minuti con l’architetto Spadolini, per far nascere in me il desiderio, purtroppo taciuto, di ricevere in regalo uno dei suoi splendidi disegni, capaci di prendere vita in pochi minuti.

E’, infatti, da un semplice pezzo di carta, a volte ricavato da una tovaglia di trattoria, che nascono le future barche di armatori, spesso ricchi, sempre esigenti. “E’ questo il mio segreto: ascoltare e dare immediatamente forma con la matita ai sogni dei miei interlocutori”.

E a guardarli quei disegni, si respira davvero il piacere di vivere il mare. Quello che Tommaso Spadolini sente quando veleggia con la sua amatissima barca a vela di 15 metri, dal sapore un po’ vintage: “i miei figli dicono che la mia è una barca da vecchi, ma nonostante io progetti per lo più imbarcazioni a motore non riesco a rinunciare alla mia barca a vela, perché fino ad ora non ho trovato in altro luogo il senso di serenità che mi dà”.

Dal disegno a un fedele modellino di studio e il più è fatto. “Investo sempre in modelli reali e che facciano toccare con mano il progetto. Per quanto realistici i rendering in 3D su computer non riescono a far vivere la barca, a farne percepire le linee e le reali dimensioni”.

Ma il punto è sempre il sogno. O meglio, il rapporto con i sogni e i caratteri degli armatori, sempre diversi, sempre da interpretare. “Io dico sempre che il lavoro di un architetto nautico è prima di tutto da psicologo e poi da artista. La parte tecnica viene sempre dopo, se non è addirittura demandata direttamente al cantiere navale”.

Un compito difficile quello di chi si occupa della costruzione, che richiede grande attenzione e capacità tecnica per riuscire a riprodurre il gioco di linee che caratterizza lo stile di Spadolini.

Il lavoro di un architetto nautico si traduce in un inevitabile rapporto di familiarità, soprattutto nel caso di specie: “è importante cercare di conoscere nel più breve tempo possibile nel modo più profondo possibile il mio interlocutore. Per questo incontro spesso i miei clienti nelle loro case, perché ogni dettaglio è utile a farmi capire chi ho di fronte e quali sono i suoi gusti e le sue esigenze. O ecco perché le prime elaborazioni creative di un’imbarcazione avvengono per lo più a cena o nei fine settimana, a volte gli unici momenti liberi che gli armatori hanno per pensare alla propria barca. In questo clima informale nascono i primi schizzi, che mi aiutano fin da subito, osservando le reazioni del mio interlocutore, a scegliere la strada giusta”.

Mentre lo ascolto, mi rendo conto che non volendo, ha messo in atto una rivisitazione personale e in chiave moderna del metodo socratico: un lavoro maieutico finalizzato a far emergere i desideri, le esigenze e i caratteri degli armatori, senza mai perdere quel tocco personale che fa del marchio Spadolini uno dei più apprezzati in Italia e all’Estero.

“Gli armatori sono stanchi di avere le solite barche e cercano qualcosa di nuovo, di unico. Per questo vengono da me. Per il mio stile, riconoscibile, basato sulla pulizia della linea. Per il resto io cerco sempre di far stare bene in barca i miei clienti, anche perché non c’è pubblicità migliore di un armatore soddisfatto”. La sua, come le imbarcazioni che disegna, è una prua bella dritta che non ha paura di navigare anche in acque agitate.

Figlio d’arte, Tommaso Spadolini ha ereditato prima dal nonno e poi dal padre la passione per l’architettura e per la nautica. E insieme a lui i suoi fratelli, tutti architetti. “Mio padre, architetto edile, si avvicinò alla nautica quasi per caso, quando uno dei suoi più cari amici, uno dei proprietari dei Cantieri di Pisa, gli chiese di disegnare una barca. Fu un’occasione unica per unire alla sua professione la passione per il mare. Mio padre ci ha sempre portati in barca, tanto che da allora non sono più riuscito a fare a meno del mare. Ancora oggi mia moglie si diverte a dire che io cresco a pane e sale”.

Da allora Spadolini non si è mai fermato e ha iniziato presto a disegnare imbarcazioni di tutte le dimensioni e per clienti provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo. “Dal 1999 ad oggi il mio mercato si è evoluto soprattutto verso i super yacht, ma quando mi capita di lavorare su imbarcazioni più piccole riesco a divertirmi forse addirittura di più, perché sono costretto a trovare le migliori soluzioni per spazi infinitamente più piccoli. In generale uno dei problemi più sentiti dagli armatori è quello dell’equipaggio. Bisogna studiare sempre soluzioni che facciano vivere il meno possibile il disagio derivato dalla presenza di marinai e comandanti non sempre all’altezza del ruolo che svolgono. Dobbiamo fare i conti con altri parametri come confort, sicurezza sul mare nell’arco della vita della barca”.

Seguire l’evoluzione dei suoi clienti significa comprendere l’andamento del mercato nautico in Italia. “Oggi lavoro per lo più con armatori stranieri, in particolare turchi, russi e arabi, ma non solo. A volte lavoro con clienti stranieri che costruiscono la propria imbarcazione in Italia, ma sono comunque pochi.

L’Italia ha sofferto più di altri Paesi come la Germania o l’Olanda, il sovradimensionamento del mercato dei superyacht e la crescita del mercato dell’usato.

La crisi da noi si sente, ma ho la fortuna di poter lavorare anche in altri settori affini, come l’edilizia speciale ad esempio applicata ai porti turistici”.  

E’ difficile che ci sia crisi per chi ha progettato le barche e dato vita ai sogni del Re di Spagna e di Ralf Schumacher, di Roberto Cavalli e di Gianluigi Aponte.

Prova di quel che lui stesso sostiene e cioè che “se questo lavoro non lo sbagli finisce che diventi amico dell’armatore”. Amico o semplicemente, creatore dei sogni.

Roberta Busatto