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Capo di Stato Maggiore della Marina Militare Italiana – Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

Del 19 Novembre 2013

-Amm.-Giuseppe-De-Giorgi 

Alla crisi risponde una nuova nave firmata Italia

 

La sua esperienza e competenza può farci entrare subito nell’argomento che ispira il nostro giornale: secondo lei in Italia il mare come risorsa è adeguatamente valorizzata?

“La risposta è molto semplice, assolutamente no. Penso che questo abbia in parte radici antiche perché in Italia il mare, tranne periodi molto lontani nella storia, è stato vissuto come una minaccia e non un’opportunità. Basta vedere i nostri paesi costieri che per migliaia di anni sono stati costruiti sulle colline con le torri saracene a guardia dei pericoli che venivano dal mare. Quindi in qualche modo questo forse ci fa pensare che nel DNA non c’è tanto la predisposizione di guardare al mare ma più di guardarsi dal mare. Le opportunità sono ovvie, i fatti provano la nostra totale dipendenza dal mare, il 90% di ciò che arriva in Italia arriva via mare, il Mediterraneo ha solo l’1% della superficie marittima mondiale ma vede transitare più del 25% di tutto il traffico petroliero del mondo e inoltre è l’ultimo confine aperto che c’è rimasto poiché con l’unione europea i confini al nord sono quelli tra regioni di una stessa entità. Sarebbe quindi ovvio investire nella sicurezza marittima, facendo sempre massa critica e cercando di fare sistema”.

 

Esiste un progetto di sistema tra Forze Armate già attivato?

“La Marina, sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha offerto la sua nuova centrale operativa che abbiamo a Santa Rosa, la Storta, protetta. Luogo che nella nostra proposta intende condividere con tutte le altre agenzie, corpi armati dello stato, tutte le informazioni che riguardano il mare, quindi traffico mercantile, satellite, intelligence, ecc. Le varie organizzazioni in cambio ci devono dare le informazioni che loro hanno nei loro settori specialistici. Tutto questo viene messo a sistema da un potente software che abbiamo sviluppato, il quale è in grado di dirci in tempo reale se una nave il cui piano di navigazione prevedeva l’arrivo in un porto A ma vediamo che si sta dirigendo verso un porto B il sistema se ne accorge e lo segnala. Oppure se due navi viaggiano insieme appaiate per alcune ore, che è assolutamente inconsueto per un normale traffico mercantile, anche questo viene segnalato. Software che regola come serve in funzione di ciò che vuole cercare ed esercita il lavoro di decine e decine di operatori. Questo strumento potentissimo, alimentato con il database delle diverse agenzie, potrebbe processare migliaia e migliaia di dati e redistribuirli alle diverse agenzie avendoli però correlati tra di loro, in modo da togliere le ambiguità oppure fare in modo che non ci siano due navi con lo stesso nome che navigano uno nel Tirreno e una in Oceano Indiano e in modo che tutti, ognuno per i suoi compiti, sa cosa c’è per mare. Bisogna passare da un sistema di tante piccole centrali che comunque richiedono investimenti e personale a una centrale condivisa in cui ci siano i rappresentanti di ogni agenzia e che fornisca ai diversi comandi la situazione già certificata del mare.

Lo strumento funziona ma siamo ancora nella fase di coinvolgimento.

Il Sistema V-RMTC (Virtual Regional Maritime Traffic Centre) è costituito da una rete virtuale che collega le centrali operative delle Marine aderenti all’iniziativa. Su questa rete, che sfrutta le capacità di connessione offerte da internet, viaggiano le informazioni non classificate relative al traffico mercantile composto da unità superiori o pari a 300 tonnellate.

Si tratta di un vero e proprio forum virtuale in cui i Paesi firmatari si scambiano le informazioni sui propri mercantili, in maniera totalmente trasparente.

E’ una iniziativa italiana che via via si è allargata fino ad arrivare a 30 nazioni, tra cui più recentemente Brasile, Francia Inghilterra, Spagna, USA. 

E’ anche un ottimo confidence builder, tra nazioni che non erano abituate a collaborare.

Veicolo di comunicazione immediato anche in caso di calamità”.

 

La Marina Militare è vista non solo come ente che assicura la difesa ma molto di più anche responsabilità della propagazione di valori come la cultura del mare, rispetto dell’ambiente. Questo lei lo sente?

“Si, noi lo sentiamo molto. Credo che noi si debba riuscire ad aumentare la percezione di questa nostra inclinazione che noi diamo per scontata e che pensiamo che automaticamente sia recepita come tale da tutta la popolazione. Cosa che poi non necessariamente accade. Quindi il fatto che le navi per esempio quando vanno per mare controllano la quantità di cetacei che ci sono, che contrastano le spadare, che assicurano a tutto tondo la sicurezza del mare e nel fare questo formano anche i giovani, i ragazzi, li avvicinano a questo mondo impegnativo che richiede poi per funzionare il consolidamento di qualità umane per poter essere parte dell’equipaggio, come la lealtà, l’integrità, oltre a  capacità e coraggio. Chiunque va per mare sa che il mare non perdona la superficialità, l’arroganza. Se c’è una cosa che il mestiere del marinaio insegna è l’umiltà. Quando uno ha preso di mare di notte molto grosso e vede l’alba il giorno dopo ha capito che siamo su una terra di passaggio. Basta poco, madre natura si scrolla di dosso chiunque, se vuole. E allora questi sono sicuramente valori basici, elementari che se fossero più conosciuti e condivisi forse le cose andrebbero meglio”.

 

Cosa fa e può fare la Marina Militare per favorire lo sviluppo della cultura e dell’Economia del Mare?

“Per la cultura del mare penso che noi si debba essere maggiormente presenti laddove ci sono i più giovani, mi riferisco proprio ai teenager, per avvicinarli al mondo del mare. Questo lo stiamo facendo sia con iniziative come quella con Nave Italia, che è un veliero che noi equipaggiamo ma di proprietà dello Yachting Club italiano che porta i bambini, ad esempio i disabili, in giro per il mare e li avvicina a questa realtà. Ma ci sono anche le nostre scuole di vela che insegnano ai ragazzi ad andare per mare in modo sano. Io poi cercherò anche di aprire il Vespucci, il Palinuro, questi grandi velieri ad esperienze di scuole di altre realtà.

Poi c’è il supporto alle ONG e al volontariato, replicando e continuando quello che è stato fatto ad Haiti dal Cavour, in partnership con Operation Smile, operazione italiana che coinvolge chirurghi di altissimo livello di tutto il mondo che vanno a sistemare la bozza di bambini nati con deformazioni oppure che hanno subito grandi incidenti, ridando loro il sorriso.

Poi la Fondazione Raho. Questo tipo di attività che generalmente noi attiviamo in caso di calamità vorrei che diventasse un modus operandi anche in tempo di pace, quando le navi non operano. Ecco che la nave diventa un ausilio in più. Basti pensare alle grandi sale operatorie che ha il Cavour o il Garibaldi, basti pensare a tante capacità che noi abbiamo, per non parlare della protezione civile”.

 

E per non parlare del contrasto alla pirateria.

“Il commercio degli esseri umani, l’uso del mare per il contrabbando di armi avanzate, pirateria al momento è una delle minacce principali e si sta estendendo nel mondo almeno geograficamente, nell’Oceano Indiano arrivano alle coste indiane. Noi come Marine siamo riusciti a ridurre il numero degli attacchi. I pirati hanno risposto ampliando lo spazio operativo in cui sono in grado di spingersi grazie all’uso di navi madri, quindi che loro catturano e trasformano in basi galleggianti, con le quali si allontanano dal punto di partenza e da li riescono a colpire in luoghi inaspettati.

L’altra zona focale che sicuramente richiede un intervento importante è al largo della Nigeria, dove le nostre navi devono contribuire a sostenere e migliorare le capacità di questi paesi di costruirsi delle guardie costiere e delle marine, il capacity building”.

 

I nuovi sistemi utilizzati, pensiamo all’antipirateria, sono in grado di rispondere alla crescente esigenza di sicurezza?

“Il contrasto alla pirateria non richiede grandi tecnologie, ma una concertazione internazionale per arrivare ad un contrasto determinato applicando la legge, perché già la legge ci dà gli strumenti adeguati al contrasto. Noi abbiamo arrestato e processato pirati. Si tratta di avere la costanza, la presenza delle navi in zona. La nuova nave che abbiamo concepito è fatta anche per svolgere missioni di lunga durata al minor costo possibile. Sono navi molto comode all’interno per il personale. Sono sufficientemente grandi per operare in presenza di monsoni e in aree oceaniche con le grandi onde, hanno la flessibilità operativa per reagire e sorvegliare un’ampia superficie marittima. Sono navi che ritengo perfette per le attività appena descritte oltre che per quella a supporto della popolazione italiana. Basti pensare anche ad un caso come il Libano o la Libia, in cui abbiamo dovuto trasportare in Italia migliaia di lavoratori italiani e stranieri che lavoravano per ditte italiane con le navi anfibie. La nave che abbiamo disegnato, pur non essendo anfibia, essendo così veloce e capiente, potrebbe dare un contributo estremamente efficace. Una nave di questo genere mentre fa vigilanza pesca, se scatta un’emergenza di questo tipo, è in grado di intervenire rapidamente. E’ sufficientemente protetta per operare in zone di minaccia”.

 

Quali contromisure sta adottando la Marina Militare Italiana alla crisi economica e al taglio delle risorse?

“Stiamo sviluppando una nuova nave, polivalente, che ha come obiettivo di assicurare la protezione delle linee di comunicazione strategiche per l’Italia, cioè quelle che vanno dal Mar Rosso, Golfo Persico, Oceano Indiano, le grandi masse di energia che viaggiano via mare verso l’Italia e quelle dal Sud Atlantico dalle acque antistanti la Nigeria.

Questa nave risponde all’esigenza di utilizzare il minor numero di risorse per costruire un buon numero di piattaforme da customizzare, ottimizzare e da tagliare a seconda della funzione.

Sarà costruita infatti in modo modulare, potendo rispondere ad esigenze di volta in volta diverse: di difesa, di evacuazione da aree a rischio, di cura di malati, di addestramento.

Ci stiamo lavorando in maniera molto completa. Sarà una nave che dovrà costare la metà rispetto a quelle di cui disponiamo normalmente.

I volumi dovranno consentire di accedere facilmente a tutte le consolle e a tutti i materiali per poterle sostituire nel tempo senza spendere troppi soldi di manutenzione.

Ospiterà un equipaggio piccolo, di 90 uomini, ma sarà predisposta per 230 posti letto. Navigherà ad una velocità di 35 nodi.

E’ chiaro che una presenza di una nave in un mare lontano rappresenta un biglietto da visita strepitoso soprattutto per l’Italia che non è necessariamente così conosciuta come Nazione in grado di produrre mezzi così sofisticati e complessi. Essere presenti con una nave importante e moderna nell’Oceano Indiano e visitare i porti amici è un momento di grande sintesi su cui possiamo far convergere le iniziative del Ministero degli Esteri, della Cooperazione, della Farnesina, la proiezione dell’immagine dell’industria e anche quella dell’Italia come Paese credibile perché non molte Nazioni sono in grado di avere navi moderne e proiettate nel mondo. E’ un club ridotto insomma”.

 Roberta Busatto