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Capo di Stato Maggiore della Marina Militare Italiana – Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

Del 29 Gennaio 2014

-Amm.-Giuseppe-De-Giorgi

 

LA MARINA MILITARE PRODUCE VALORE

Il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, non ha potuto partecipare al 2° Forum Nazionale sull’Economia del Mare di Gaeta ma ci ha voluto comunque incontrare per chiarire i risvolti economico-produttivi di un progetto molto ambizioso lanciato proprio dalle pagine della nostra rivista nell’aprile scorso. Parliamo della costruzione di una nuova flotta di navi polivalenti rigorosamente Made in Italy.

Ammiraglio, Lei si è reso protagonista in questi mesi di una proposta molto ambiziosa, tra l’altro anticipata alla nostra rivista in una intervista nell’aprile scorso: la costruzione di nuovi navi duali per la Marina Militare. Molti si sono chiesti e si chiedono come potesse venir fuori questa proposta un po’ pazza nel pieno della spending review.

“Noi siamo convinti che la cantieristica e quindi la Marina Militare siano uno dei volani per il rilancio del Paese. Per vari motivi. Intanto perché siamo pronti a cantierizzare subito. Se avessimo i soldi oggi potremmo nel 2013 già iniziare a costruire la prima nave e nel 2014, sempre se avessimo i soldi, potremmo iniziare a costruirne altre 2. Quindi siamo in grado di far costruire nei prossimi cinque anni sei navi, che però, e questa è la cosa importante, andrebbero ordinate tutte quante insieme, perché solo così realizziamo un’economia di scala. Con quella soluzione di cui noi parliamo, cioè solo 80 milioni il primo anno, 120 nel secondo, ecc, noi stiamo ragionando di una tranche di quella che io definisco legge navale, intendendo con quella una volontà del parlamento di progettare e consolidare lo strumento marittimo, in maniera armonica e seria per dare all’industria un orizzonte temporale che consenta di assumere e di fare innovazione. Allora per affrontare la situazione di adesso abbiamo immaginato questo mutuo, che quindi si appoggia alle banche, non va sul deficit sicuramente per il primo triennio e crea da subito PIL. Quindi considerando che c’è un moltiplicatore di redditività di 3,43 se noi investissimo 5 miliardi in 5 anni noi avremmo in 5 anni 15 e più miliardi di redditività, 55% al nord e il resto al sud, distribuito un po’ in tutta Italia. Faremmo assumere 25.000 persone, recupereremmo in cassa integrazione 2 miliardi non spesi, per non parlare della sofferenza sociale evitata e venderemmo all’estero queste nuove navi che stiamo progettando, che vanno anche a gas per non inquinare, che sono concepite fin dall’inizio per essere ad uso duale, quindi uno strumento navale utile sempre, 365 giorni l’anno”.

Quali sono i dettagli di questo piano?

“Intanto parte da una certezza: che entro il 2025, la Flotta italiana dovrà dismettere 51 delle sue 60 navi, a fronte dell’entrata in linea di sole 11 navi (-63%). Presto la Marina non sarà in grado di assolvere i suoi compiti e di garantire la sicurezza marittima che è vitale per il Paese. Appare quindi ineludibile avviare con elevata priorità un programma navale d’emergenza, finalizzato alla sopravvivenza della capacità marittima nazionale, intesa come binomio Marina-industrie del comparto. A tal fine, come sa, la Marina sta sviluppando un’innovativa famiglia di navi caratterizzate da bassi costi di gestione, elevate prestazioni marinaresche, ampia polivalenza all’impiego e marcato rispetto per l’ambiente, concepite fin dalla fase di progetto per esprimere pienamente le capacità duali, al servizio della collettività. Il programma è basato su un investimento di 12 miliardi di euro e dovrebbe prevedere la costruzione di 25-30 navi in 10 anni, contenendo la riduzione della flotta (-20%) e salvaguardando al contempo l’industria correlata alla capacità marittima. Questo settore è considerato uno dei più redditizi su cui investire, con un moltiplicatore d’occupazione di 1 a 6 e uno di reddito di 3,43. Si tratta di un’industria che produce made in Italy al 90% ed è tuttora competitiva, grazie al margine di vantaggio tecnologico di cui dispone nei confronti dei paesi emergenti. Essa è tuttavia impiegata per meno del 50% delle potenzialità, col rischio di dover ricorrere alla casse integrazione per circa 10.000 occupati. Avviando il programma sopra menzionato, l’industria del settore lavorerebbe al 100% delle potenzialità scongiurando il ricorso alla cassa integrazione per circa 10.000 persone, con un risparmio dello Stato di circa 4,2 miliardi di euro in 10 anni che si sommerebbero ai 6 miliardi di euro di ritorno fiscale. Gli occupati, considerando l’indotto di Fincantieri e Finmeccanica, sarebbero 25.000 per dieci anni. La ricchezza prodotta, stimata in 41 miliardi di euro, verrebbe pressoché uniformemente distribuita sul territorio nazionale, con 22 miliardi al nord e 19 al centro-sud. A ciò si aggiunge il coinvolgimento, per oltre 20 anni, delle imprese nelle attività di mantenimento in servizio delle navi”.

Le idee sono chiare…

“Bisogna che adesso ci aiuti la politica. Mi sembra di vedere sensibilità all’argomento, perché non sono richieste di soldi per comprare strumenti di guerra ma strumenti utili sempre e che sviluppano subito PIL e che non vanno sul deficit. A me sembra una soluzione irrifiutabile. Noi vogliamo che non sia solo il pianto di una Forza Armata che muore ma che sia l’idea di un rilancio che coinvolga tutto il sistema legato al mare”.

Lei dice spesso che non è percepito abbastanza il valore economico prodotto dalla Marina Militare.

“Assolutamente. Sia perché noi riversiamo soldi ovviamente nei centri in cui operiamo ma anche per i soldi che consentiamo di risparmiare assicurando che il mare non venga usato illegittimamente respingendo le minacce che ci sono sui nostri traffici. Lei pensi quanto costa la pirateria se non venisse contrastata alla nostra armatoria e alla nostra economia”.

Ci eravamo lasciati con un appuntamento entro dicembre per verificare lo stato di avanzamento del progetto ed effettivamente, a pochi giorni dalla stampa di questa rivista, è stato reso noto il disegno di Legge di stabilità 2014 che ha previsto uno stanziamento di 6,8 miliardi di euro, suddivisi in tre contributi ventennali a partire dal 2014 per avviare l’ammodernamento della flotta della Marina Militare. La Legge, al momento in cui scriviamo, è in discussione in Parlamento.