Riportiamo la sintesi dell’intervento del presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta Pasqualino Monti al convegno di Unindustria “Economia del mare: un nuovo piano di sviluppo del Lazio”:
“Vorrei fare considerazioni di natura nazionale e regionale.
A livello nazionale ci troviamo in una situazione nella quale il male assoluto dell’Italia è la troppa burocrazia e l’essere inaffidabile. Dobbiamo riformare un settore che oggi vale il 3% del PIL. L’85% delle merci che entrano nel nostro Paese entrano attraverso i nostri porti. La sfida è capire qual è l’area contendibile. Dobbiamo riappropriarci di quel 40% che arriva dai porti del Nord Europa e tocca i nostri mercati. Oggi perdiamo circa 20 miliardi di euro l’anno. In più abbiamo la grande sfida di aggredire nuovi mercati attraverso i nostri hub di Venezia e Genova.
Pianificazione e programmazione. E’ necessario un riferimento centrale che eviti ciò che avviene da 10 anni.
Selezionare la spesa. Noi abbiamo fondi a pioggia dati a porti minori e maggiori senza averli destinati in un’ottica di sistema Paese. Manca un piano industriale. Per questo chiediamo un rafforzamento del MIT o la creazione di una specifica Agenzia al Consiglio dei ministri.
Politica di finanziamento. Dobbiamo premiare i porti che abbiano progetti con fonti di finanziamento privati, che siano funzionali ai piani europei e che abbiano una prospettiva di crescita basata sulla risposta diretta alle esigenze del mercato.
Governance. I nostri porti sono complicati. Ci vogliono norme semplici, come ad esempi un’agenzia unica delle dogane e un unico processo di sdoganamento. Oggi ci sono 17 enti che fanno riferimento a vari ministeri. L’interfaccia unica sono i presidenti dei porti che già oggi hanno il compito istituzionale di promuovere i traffici e monitorare il livello di efficienza e quindi già oggi hanno un ruolo di coordinamento.
E veniamo a Civitavecchia – Fiumicino – Gaeta, una piattaforma che abbiamo pianificato e programmato, rendendo complementari i tre scali rispetto alle potenzialità dell’area. In Italia esistono i gateway e i porti regionali che servono i propri mercati di consumo. Il Lazio è il 2° mercato di consumo a livello nazionale e il 5° a livello europeo.
L’obiettivo è evitare che Anversa porti via il 40% del mercato di consumo di Roma: la grande sfida del porto di Civitavecchia è dunque quello di aggredire il mercato delle merci e l’area di consumo dell’area di Roma e del centro Italia.
Le misure in campo:
1) Civitavecchia. 250 milioni di euro per la darsena energetica grandi masse, adeguata e ora 386 milioni di euro nel futuro terminal container (900 metri di banchina e 18 metri di pescaggio e possibilità di ospitare i nuovi mezzi di sollevamento). Questo è avvenuto grazie a un cofinanziamento privato, europeo e a un finanziamento pubblico del secondo lotto delle opere strategiche, che conclude i 350 milioni di investimento nei tre anni.
Oggi dobbiamo far capire agli imprenditori che qui si possono svolgere tutti i servizi di logistica necessari. Intanto lo abbiamo fatto con FCA.
A breve, inoltre, il retroporto di Civitavecchia sarà una zona franca aperta.
2) Gaeta. E’ limitata nelle aree di accesso al porto ed è difficile pensare a merci diverse da quelle destinate al proprio mercato di consumo, ma ha delle bellezze naturali uniche. Dobbiamo dare a Gaeta infrastrutture che diano dignità al settore commerciale ma rilancino il settore turistico. Abbiamo già lavorato con i più importanti terminalisti di crociere (Costa, MSC e Royal Caribbean) perché possa diventare meta complementare per le piccole navi. Prima però dovranno finire i lavori iniziati un paio di settimane fa e che daranno alla città 500 metri lineari di banchina e un dragaggio dei fondali a -12.
Civitavecchia e Gaeta saranno quindi due mete in chiave integrata e complementare. Avere un porto come Civitavecchia e ragionare in termini sinergici deve essere un valore aggiunto.