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Fedepiloti: il Fattore Umano nella mitigazione del rischio

Intervista al Comandante Salvatore Mecca, Consigliere della Federazione Italiana Piloti dei Porti

Del 10 Dicembre 2023

L’apporto della tecnologia a bordo delle navi e a terra nei porti è in constante evoluzione, eppure ci sono alcune mansioni per cui l’importanza del fattore umano è ancora imprescindibile.

Tra queste, c’è certamente il prezioso lavoro dei piloti, centrali nella mitigazione del rischio nelle operazioni portuali.

Abbiamo incontrato il Comandante Salvatore Mecca, Consigliere di Fedepiloti per approfondire il lavoro che la Federazione sta svolgendo per migliorare le performance del pilotaggio italiano.

“La figura del pilota” – ha sottolineato Mecca in apertura di intervista – “se vogliamo è già di per se stessa una mitigazione del rischio. Il nostro è il ruolo della valutazione e del suggerimento”.

“Quando una nave arriva in un porto, la prima cosa che il comandante fa, prende il pilota a bordo. Questo pilota a cosa serve? Serve proprio a mitigare il rischio della manovra, attraverso la propria esperienza, con la tecnica, la conoscenza del luogo, ecc. 99 volte su 100 le cose vanno bene, purtroppo qualche volta ancora oggi accadono degli incidenti”.

Per questo, Fedepiloti, partendo da uno studio della Liverpool John Moores University pubblicato sul Journal of Marine Science and Application, ha avviato un percorso di analisi sulla valutazione dei rischi e sulle azioni da mettere in campo per mitigarli.

“Questo studio ci dice proprio che” – ha aggiunto Mecca “pur avendo la tecnologia fatto passi da gigante e pur disponendo i comandanti e i piloti di ausili tecnici importanti, l’incidentalità purtroppo ancora oggi esiste, perché è intrinseca nel tipo di lavoro. La manovra della nave non è un qualcosa di standardizzato, come può essere il traffico aereo. Ancora ci sono tantissime variabili che vanno in qualche modo a modificare quello che può essere il buon esito delle operazioni”.

Quali sono le principali cause degli incidenti marittimi?

“Gli incidenti marittimi solitamente possono essere causati da avarie meccaniche, avarie elettriche, fattori esterni ed errori umani.

La mitigazione del rischio in caso di avaria meccanica, avarie elettriche e di fattori esterni, quindi ambientali, non vengono presi in considerazione quando analizziamo il fattore umano.

Come categoria, noi possiamo incidere sulla quarta categoria, quella relativa all’errore umano.

Le operazioni di pilotaggio avvengono comunque in un ambiente dinamico, in un’incertezza dovuta a condizioni meteo variabili, spazi limitati e movimentazioni intense e sono pertanto soggette a rischi.

L’evoluzione dei traffici, la dinamicità, il numero di manovre piuttosto che ovviamente il gigantismo navale, quindi navi relativamente più grandi rispetto ai porti costruiti per un altro tipo di naviglio, specialmente in Italia, hanno fatto sì che ovviamente i rischi aumentassero.

I piloti quindi devono mantenere degli standard e delle prestazioni elevate, perché la qualità del pilotaggio è un fattore positivo sia per la categoria ma anche e soprattutto per la reputazione del porto, quindi anche per la sua economia. Se in un porto c’è un pilotaggio di qualità, un pilotaggio poco incidentale e sicuro, ovviamente anche il vettore è invogliato ad arrivare”.

Come si può individuare e classificare il rischio?

“In un modo molto semplice, ovvero sfruttando l’episodio/incidente, ed il relativo rapporto d’inchiesta, che dovrebbe aver evidenziato errori e responsabilità, il limite è che si esaminerà l’evento nella sua singolarità, ovvero quella nave in quel determinato porto, ha avuto quel determinato evento con le eventuali relative azioni di mitigazione.

Allora avrò quindi tante analisi quanti sono gli eventi esaminati”.

Esistono delle normative in tal senso?


“Noi piloti rispondiamo al decreto interdirigenziale italiano, il 112/2018, che recepisce una raccomandazione internazionale  (A960) emanata dall’IMO nel 2003 e che contiene le istruzioni sul training, le certificazioni e le procedure operative per i piloti dei porti.

I piloti, a differenza dei marittimi che rientrano sotto la convenzione internazionale STCW, rispondono alle differenti normative nazionali, L’Italia ha definitivamente recepito quanto raccomandato dall’IMO  andando ad integrare quanto già previsto dal codice della navigazione e dal relativo regolamento di attuazione. In Federazione raccogliamo la documentazione relativa ai rapporti d’inchiesta che coinvolgono i piloti e le lesson learned riguardanti eventi o mancati eventi che hanno coinvolto, le operazioni di pilotaggio”.

Cosa emerge di interessante dallo studio dell’Università di Liverpool?

“Semplificando, Lo studio applica un metodo Analitico di valutazione AHP (Analytical Hierarchy Process), il primo step è identificare i fattori HCF (Human Casual Factors). Ne sono emersi 25 ottenuti analizzando i rapporti di inchiesta che coinvolgevano pilota ed operazioni dei pilotaggio. 

Ai Fattori HFC identificati è stata applicata con un processo matematico, una tassonomia gerarchica che ha prodotto un raggruppamento in 7 macro-categorie

– la capacità di ship handling

comunicazioni e lingua

– lo scambio di informazioni tra comandante e pilota

– l’uso di apparecchiature elettroniche

carenza di teamworking,

Competenze professionali e attitudine dell’equipaggio

uso dei rimorchiatori.


Sulla base della mia esperienza da pilota, credo che lo studio rispecchi quelle che effettivamente sono le potenziali problematiche che si riscontrano nella quotidianità del lavoro

Se applichiamo questo metodo decisionale cosiddetto AHP, cosa stiamo facendo in Italia?

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“Questo studio è stato per noi l’occasione per fare una valutazione sul nostro operato, per analizzare quanto stiamo facendo e come potremmo migliorare”

Capacità di ship handling, secondo lo studio è il fattore principale di incidenti. Che azioni di mitigazione fanno i piloti italiani per questa prima categoria considerata forse la più importante? Uno scambio di know-how professionale tra colleghi, attività specifica di simulazione di manovra, il training con seminari specifici organizzati dalla Federazione.

Scambio di informazioni tra pilota e comandante, nel 2023 la Fedepiloti ha ratificato con una circolare le linee guida sul Master Pilots Information Exchange MPX, quindi sullo scambio di informazioni, le richiamiamo spesso durante riunioni e seminari proprio perché risulta essere uno dei fattori di rischio ricorrenti nei rapporti di inchiesta. Abbiamo sensibilizzato i colleghi nel non trascurare le corrette procedure di scambio informazioni.

Comunicazioni e lingua. La Fedepiloti ha avviato un percorso di valutazione del livello della lingua dell’inglese, sia dei piloti che dei conduttori. Abbiamo fatto test a campione con un ente privato a piloti e conduttori delle pilotine per individuare qual è il nostro livello di lingua inglese e stiamo pianificando dei corsi di formazione specifici.

Apparecchiature elettroniche, il più volte citato decreto 112/2018, stabilisce che i piloti devono avere una formazione specifica sia per le carte elettroniche di cui sono dotate le navi ECDIS, che per i PPU Pilot Portable Unit, Si tratta di un sistema tecnologico compatto che offre un facile accesso alle informazioni di navigazione rilevanti, compresi i dati cartografici”

Teamwork, abbiamo inserito la formazione sul Bridge management, quindi è un corso che fanno i piloti quando accedono alla professione, che va a trattare proprio il team work tra pilota e bridge team.


Competenze professionali e attitudine dell’equipaggio
: a prescindere delle eventuali segnalazioni da parte del pilota all’autorità marittima, sul tema specifico abbiamo avuto qualche difficoltà ad evidenziare le azioni di mitigazione che vengono attualmente adottate, potrebbe quindi essere un tema da approfondire per il futuro, intraprendendo azioni correttive coinvolgendo anche le associazioni di categoria che rappresentano l’armamento

Sull’uso dei rimorchiatori pianificheremo un seminario specifico in materia”.


Cosa vi lascia questo studio?

“Il pilotaggio delle navi una è una professione, complessa, rischiosa, e solo la piena consapevolezza della costante difficoltà può tenere in guardia i piloti nella loro attività a fianco dei comandanti. È importante che la categoria tenga in considerazione e sia consapevole dei fattori umani che possano influire negativamente 

Questo studio ci ha dato uno spunto, il metodo di gerarchia analitica può essere un valido strumento per l’analisi del rischio ma per essere affidabile richiede dati attendibili, intendiamo i rapporti di inchiesta, solo se questi sono validi ed efficaci, otterremo un prodotto finale utile”.

Qual è il livello del pilotaggio italiano in termini di sicurezza, al confronto ad esempio di altri Paesi europei?

Ritengo che La nostra professionalità e le nostre competenze coordinate dall’Autorità marittima garantiscono un elevatissimo livello di sicurezza, la nostra professione si riconosce nell’inquadramento di servizio di interesse generale atto a garantire nei porti la sicurezza della navigazione e dell’approdo.

Probabilmente altri paesi, soprattutto Nord europei, hanno più dimestichezza con processi di valutazione del rischio analitici o strutturati sia qualitativi che quantitativi, utilizzati più frequentemente, Noi ci stiamo arrivando con i nostri tempi, d’altro canto,  il pilotaggio italiano con le sue regole e nel suo inquadramento riesce a dare comunque ottime garanzie di sicurezza e pur essendo reticente al confronto tra realtà nazionali diverse restiamo una delle Nazioni con la percentuale più bassa di incidentalità, proporzionata al numero delle manovre che vengono espletate.

Ci rallegra avere dei dati confortanti ma è importante che la categoria mantenga l’attenzione su quelle che possono essere azioni migliorative sui fattori di rischio umani e non”.

Tra tutte le aree di intervento che lo studio affronta e che su cui state lavorando, secondo lei, qual è quella di maggiore interesse per l’Italia su cui lavorare?


“Probabilmente, lo scambio di informazioni, riveste un ruolo fondamentale nel buon esito della manovra, su questo tema continueremo certamente a sensibilizzare la categoria.”

Roberta Busatto,
Direttrice Economia del Mare Magazine