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Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello

Del 22 Novembre 2013

PRESENTAZIONE PREMIO MARZOTTO

 

Il mare unisce i Paesi che separa

 

E’ in atto un processo di cambiamento dei criteri di analisi e valutazione dell’Economia del Mare. Che ruolo ritiene che il sistema delle Camere di Commercio italiane debba assumere in questo quadro?

“Anzitutto un ruolo di servizio, per aumentare la conoscenza di un settore inestimabile per la nostra economia ma che indubbiamente ha un perimetro effettivamente difficile da definire. Rilevare e analizzare i dati quantitativi e qualitativi dell’economia del mare e delle imprese che ne fanno in qualche modo parte, è un passaggio fondamentale per comprendere il suo vero valore e orientare le nuove strategie e i nuovi progetti anche rispetto ai fabbisogni e agli scenari economici che si vanno configurando. Il sistema camerale può dare un contributo importante in questo senso, visto che ne ha gli strumenti e le capacità grazie alla sua vicinanza con il mondo delle imprese e con i territori”.

 

Quali sono secondo lei i punti di forza del mondo imprenditoriale e produttivo legato all’Economia del Mare?

“Certamente è un punto di forza la vocazione di queste imprese ad integrare tra loro tanti pezzi del nostro tessuto produttivo, secondo modelli di cooperazione centrati sui valori dei territori. L’economia del mare sa mettere insieme i saperi e le abilità artigiane con le competenze professionali e tecnologiche più avanzate, le tradizioni enogastronomiche con il patrimonio storico, artistico e culturale. Per la particolare conformazione della struttura imprenditoriale italiana, caratterizzata soprattutto da sistemi di piccole e piccolissime imprese, spesso collegate a rete, lo sviluppo dell’Economia del Mare passa necessariamente attraverso distretti industriali, sistemi produttivi locali e filiere economiche integrate, laddove la forza dell’elemento marino non si limita a dominare il paesaggio ma influenza l’economia, la storia e la cultura locale, incidendo sulla vita di ogni comunità coinvolta”.

 

Cosa fa il Sistema delle Camere di Commercio per le imprese del mare?

“La prima e più importante azione del sistema camerale è rivolta a sostenere questi processi di integrazione e collaborazione tra le diverse filiere che incrociano l’economia del Mare. Un modo è quello di sostenere la nascita di reti d’impresa, uno strumento importante che molte piccole imprese stanno adottando per crescere e che può facilitare l’accesso al credito a condizioni migliori. In particolare, per le imprese dell’economia del mare il sistema camerale è impegnato su due fronti: da un lato quello della valorizzazione della leva turistica in stretto collegamento con il territorio; dall’altro, quello dell’ammodernamento del contesto infrastrutturale e istituzionale che fa da contorno alle attività commerciali. Sul primo fronte, Unioncamere ha recentemente rafforzato e ridisegnato il ruolo di Assonautica a sostegno di una componente importante dell’economia del Mare com’è il diportismo nautico. Il turismo è una chiave importante per lo sviluppo di tutto il sistema Mare. Perché è capace di innescare meccanismi di collaborazione e di valorizzazione reciproca tra territori e specializzazioni diverse, mettendole tutte – in modo complementare e non competitivo – al servizio di un’offerta unica di prodotti e servizi: dalla cultura alla cucina locale e ai prodotti dell’agroalimentare, dalla ricettività alla cantieristica fino alle attività sportive. Sempre mantenendo il mare al centro del progetto.

Sul secondo fronte, siamo fortemente impegnati per restituire competitività alla portualità italiana nei confronti dell’agguerrita concorrenza del Nord-Europa, anzitutto attraverso l’ammodernamento delle strutture esistenti in chiave di sostenibilità. Che significa puntare sul risparmio energetico, sulla gestione eco-sostenibile delle strutture e dei servizi, su un’integrazione logistica tecnologicamente avanzata e funzionale allo sviluppo locale. Ma altrettanto impegno stiamo mettendo per raggiungere un miglior coordinamento tra le istituzioni che si occupano dello sviluppo dell’economia del mare – e sono tante – perché operino più a rete e in sintonia con le esigenze delle imprese, con l’obiettivo prioritario di   semplificare le procedure amministrative e doganali che rappresentano oggi un freno importante per tutto il settore”.

 

Cosa potrebbero fare le istituzioni per le imprese del mare?

Il contesto in cui si giocano le sfide del futuro non può prescindere da un rapporto sempre più stretto e collaborativo tra settore pubblico e settore privato, tra istituzioni e imprese. Per svilupparsi, le imprese hanno bisogno di un contesto operativo efficiente, di un mercato trasparente, di interlocutori competenti ed affidabili sul fronte della promozione e della valorizzazione  dei prodotti e dei servizi targati “Made in Italy”. Il compito, niente affatto facile, delle istituzioni a mio avviso deve restare questo: essere agenti di supporto sempre più attenti alle esigenze delle imprese e capaci di interpretarle favorendo la ricerca di una maggiore competitività. Tradotto in pillole questo significa meno burocrazia, regole più semplici da adottare e trasparenti, più opportunità di intercettare la domanda di un mercato che si fa sempre più globale.

Su questa trama di tematiche, ma non solo, il sistema camerale ha chiamato a raccolta tutte le sue risorse per svolgere una riflessione comune nei primi Stati generali dell’Economia del Mare. Una grande iniziativa che si terrà nel mese di aprile in occasione dello Yacht Med Festival, organizzato dalla Camera di commercio di Latina, con obiettivi importanti. Riconoscere il valore reale dell’Economia del Mare e ricercare proposte e filoni di intervento che il sistema camerale italiano può mettere a disposizione del sistema mare; far riconoscere a livello istituzionale il peso e l’importanza dell’Economia del Mare e il ruolo delle Camere di Commercio per il suo sviluppo; mettere a sistema i progetti e le risorse del Sistema camerale italiano per tematiche strategiche trasversali ai settori e filiere;  orientare l’Economia del mare verso uno sviluppo sostenibile integrato: economico, sociale e ambientale”.

 

Cosa manca al Sistema italiano dell’Economia del Mare per assumere una leadership nel Mediterraneo?

Se le istituzioni riusciranno ad avere il profilo che ho appena tratteggiato, credo che l’Italia potrebbe candidarsi concretamente ad una leadership del “mare nostrum”.  Oggi i tasselli mancanti sono da ricercare infatti più nel campo del cosiddetto “sistema-Paese” che non nel tessuto imprenditoriale. Serve una rete infrastrutturale più moderna, non solo lungo le coste ma in tutto il Paese – attraverso la manutenzione dei porti esistenti e lo sviluppo di interventi mirati – per consentire da un lato un accesso migliore alle risorse del Mare e, dall’altro, per integrare meglio i flussi marittimi – sia turistici che commerciali – con quelli terrestri ed aerei. Così come serve un contesto normativo di settore più semplice, meno costoso e dunque più attento a facilitare la nascita e lo sviluppo di nuove attività economiche, attraverso cui creare nuova occupazione, soprattutto a vantaggio dei giovani. Un obiettivo che puntiamo a conseguire anche grazie ad una migliore definizione dei fabbisogni formativi specifici del settore – un terreno su cui Unioncamere, con il sistema Excelsior, dispone di un patrimonio informativo unico nel suo genere – è la definizione di collaborazioni operative con strutture e poli formativi specializzati, in particolare con gli ITS, nella formazione di figure professionali per l’Economia del Mare. Non va infatti dimenticato, infatti, che l’Italia detiene in questo campo un know how e delle professionalità di livello elevatissimo. Competenze che hanno consentito a imprese italiane di affermarsi all’estero nella gestione di progetti altamente complessi e che possono essere ulteriormente valorizzate alimentando un’offerta di giovani adeguatamente preparati”.

 

 

Concorda con chi reputa l’Economia del Mare espressione autentica del Made in Italy? Può essere il cluster su cui puntare per avviare iniziative di internazionalizzazione nel Mediterraneo?

“L’Italia ‘portaerei naturale nel Mediterraneo’ è un’immagine che quelli della mia generazione si portano dietro dai libri di scuola ormai datati al secolo scorso. E’ sempre lì, per fortuna, nessuno l’ha spostata in tutti questi anni. Sono convinto che la posizione strategica che occupiamo non sia venuta meno neanche nell’era di Internet e dei social network ma che, invece, resti a noi il compito di valorizzare la posizione straordinaria del nostro Paese. Al centro di un contesto naturale e culturale grazia al quale siamo leader nelle produzioni della dieta mediterranea e luogo di passaggio di flussi mercantili assolutamente pregiati che vanno intercettati. In questo senso sono convinto che il richiamo del Made in Italy debba trovare sempre più spazio nell’economia del Mare, anzitutto attraverso la riconoscibilità dei prodotti e la certificazione della qualità di quello che offriamo al mercato. La domanda di qualità, in quest’epoca di globalizzazione, è in crescita. I dati sull’export confermano che, crisi o non crisi, aumentano i consumatori attratti dal brand ‘Italia’ perché in esso vedono qualcosa di unico, di desiderabile e di originale. La sfida che dobbiamo vincere è quella di far vivere in prima persona a chi già oggi acquista, degusta e veste italiano nel mondo, queste emozioni venendo a contatto con i nostri territori. E il mare è certamente, tra le vie di accesso a questi tesori, quella più affascinante”.

 

In occasione della staffetta nautica organizzata per i 150 anni dell’Unità di Italia lei dichiarò “C’è anche l’importanza del mare per l’unità del Paese”. Potrebbe essere il mare l’elemento di unione in questo momento di difficoltà?

Io me lo auguro. I quasi ottomila chilometri di coste che segnano il nostro confine marittimo sono un po’ l’altra faccia dei nostri ottomila campanili: segnano allo stesso modo la ricchezza multiforme della nostra identità ma, anche, la grande fragilità di un eco-sistema – sociale, economico, ecologico, politico – che deve ritrovare assolutamente le ragioni di un progetto condiviso e sostenibile di futuro. Diceva un poeta che, in realtà, “il mare unisce i paesi che separa”. Credo che sia una riflessione adatta anche al momento che viviamo. Perché lo spazio che sembra dividere persone e idee, se visto con gli occhi giusti, può invece apparire come il mezzo per entrare in contatto, per stabilire un rapporto e far nascere cose nuove e utili a tutti. Come il mare, bisogna saperlo attraversare. Con rispetto ma senza paura”.

Roberta Busatto