Maria Teresa Amici
Sottosegretario di Stato ai Rapporti con il Parlamento e alle Riforme Costituzionali
Bisogna avvicinarsi a questa questione con grande umiltà sapendo che non è la materia sulla quale si ha in genere studiato e quindi evitare di fare figure che non siano attinenti.
Però io ho un’abitudine, e ringrazio sia il Presidente Zottola che la Dott.ssa Busatto, di essere una persona che quando va ad un convegno, ci va con l’interesse e la curiosità, prima ancora che politica, culturale, di ascoltare e di avere un atteggiamento anche positivo nei confronti di tutti gli interventi. Quindi credo che non sia un atto di assoluta superbia quello di essere stata qui stamattina dall’inizio e fino all’ultimo, non solo perché le conclusioni erano previste a fine del dibattito, ma perché ritengo che uno dei segnali più interessanti da parte del mondo della politica è quello di provare a mettersi in perfetta sintonia con le esigenze, anche i bisogni, di chi esprime elementi di criticità. Credo che, e l’ambizione è fortemente esplicitata, sia nel titolo che anche nell’articolazione degli interventi, sia giusto tentare di fare dell’Economia del Mare uno dei punti sui quali invitare le Istituzioni e in particolare il Governo a trovare un momento di riflessione per capire come va questo Paese, dove lo vogliamo portare.
A me ha fatto molto impressione ascoltarvi perché paradossalmente il termine economia raccoglie un elemento di unitarietà, l’economia non è semplicemente una parola astratta, è fatta di bisogni, di interessi, di obiettivi ed è un qualcosa di fortemente unitario. Noi abbiamo ascoltato invece tutta una serie di interventi che in qualche modo parcellizzava e dava il senso della complessità per arrivare a quell’unicum che è l’economia. Credo che questo elemento per come lo avete articolato, testimonia l’interesse, dovrebbe testimoniare un interesse maggiore per la politica, di raccogliere la ricchezza e a volte le criticità. E io l’ho fatto, perché è mia intenzione, e questo è uno dei miei primi impegni, completare una relazione alla fine di questo Convegno e consegnarla al Presidente del Consiglio, perché credo che oggi qui ci siano i primi elementi veri di un’Italia che vuole tornare a sperare e a crescere. E lo vuole fare dentro una dimensione particolarissima delle tante Regioni italiane, ma in particolare di una Regione centrale, il Lazio, in una provincia che è quella di Latina, e della città di Gaeta, che in questo momento tende ad assumere un ruolo non di protagonismo campanilistico, perché se noi avessimo questa ambizione dell’elemento campanilistico non andremo da nessuna parte, ma di essere l’elemento trainante di una riflessione che guarda al mare come una risorsa non più solo da sfruttare in termini tipicamente turistici, o come diceva adesso l’On. Milana, che si pensa al mare ma si guarda all’entroterra. Il mare per la sua dimensione naturalistica, ha già questa visione di insieme ed è il frutto di tante attività che possono farne l’elemento principe a cui collegare, in un sistema quasi di rete, un’idea di possibilità di sviluppo, non solo dello sviluppo che tende alla monetizzazione ma di uno sviluppo che è fatto dalla qualità del vivere, dalla qualità ambientale, della mobilità delle persone e della circolazione delle persone, perché il mare per sua natura è uno degli elementi che ha caratterizzato la storia dell’identità italiana.
Quindi questo era l’interesse molto preciso, anche ad appuntare tutti gli interventi. Debbo essere abbastanza onesta, per come sono abituata, e dire che mi pare che siamo giunti a un punto nella nostra storia dove sono arrivati al pettine alcuni nodi.
Il primo giorno, il giorno dell’inaugurazione dello Yacht Med Festival, un operatore televisivo mi ha detto di essere un provocatore. Lei è una donna di esperienza, è una parlamentare di lungo corso e le faccio una domanda molto provocatoria, mi ha detto.
Ma che cosa ci fa lei che ha un incarico di Rapporti con il Parlamento, che si occupa di questioni istituzionali e costituzionali, a un convegno sull’Economia del Mare? Gli ho detto, “vede questa è la domanda più sciocca che avrebbe potuto farmi, perché il tema è proprio il ruolo delle Istituzioni. Se noi pensiamo a un’idea nuova di sviluppo che tiene insieme economia e turismo, forse, sono la persona più adeguata perché la vicenda della riforma del Titolo V, che è stata accennata negli ultimi interventi, è un elemento necessario per capire cosa non ha funzionato in questo Paese nel corso degli anni, troppe persone, troppi sistemi istituzionali, dove nessuno sa esattamente cosa fa l’altro”.
Io prendo ad esempio, l’ho detto anche durante un convegno a cui c’era anche il Presidente Zottola, la vicenda del turismo, nella quale credo che siamo riusciti a fare quello che nessun Paese ha fatto nel giro degli ultimi 30 anni: abolizione del Ministero, un Ente nazionale del Turismo, le Aziende Turistiche, poi l’APT, tutta una serie di strutture e sovrastrutture che moltiplicavano i centri, ma diminuivano la responsabilità e quindi all’operatore che voleva fare del turismo un elemento per cimentare concretamente la sua capacità di innovazione e sperimentazione, noi davamo risposte diverse a seconda del soggetto a cui domandava. Il risultato è stato che il Bel Paese, il grande Paese, l’Italia del turismo, negli ultimi anni ha avuto una curva discendente drammatica di visitatori, perché un cittadino americano non andrà mai allo sportello dell’Ente Nazionale per il Turismo per arrivare in Italia ma sarà sufficiente che si colleghi a internet.
Quindi è evidente che il ritardo e l’accumulo di centri ha in qualche modo duplicato i centri decisionali ma ha reso meno responsabili le persone che dovevano decidere, questo elemento è una delle cose che noi assolutamente dobbiamo evitare se vogliamo fare del Blue Paper esattamente quello che si dice al terzo punto: “…la nostra storia e la nostra cultura. Nel mare, con il mare, grazie al mare vivono e hanno vissuto da sempre tutti i popoli delle nostre terre. Le antiche tradizioni e la capacità di accogliere ogni cultura ci hanno insegnato a reinventarci sempre. Il mare è parte integrante della nostra essenza”.
Ecco io voglio partire da questo, perché mi pare che abbiamo ragionato intorno ad una serie di questioni che ci possono permettere esattamente di rendere più concreto e meno astratto l’invito che l’On. Milana ha lanciato con termini molto crudi ma molto essenziali. Il collega Milana ha detto “attenzione nella strategia dei Fondi Europei”, questo Paese non solo risulta essere nella graduatoria quello che ha speso meno, ma quello che spendendo meno lo ha fatto negli ultimi anni prima della scadenza del bando. La Dott.ssa Iadarola della Regione Lazio sa che la Regione Lazio è stata una delle ultime a dover recuperare i Fondi, del quinquennio fino al 2013, perché era una delle Regioni che non li stava spendendo ed è stato questo uno degli elementi che ha portato il Governo italiano, prima con il Governo Monti, attraverso il Ministro Barca, ad una ricentralizzazione dei Fondi. Perché non c’è mai stata una strategia che facesse di quei Fondi Europei elemento di forza per l’economia italiana e non per le singole economie delle singole Regioni. Questo ritardo nell’utilizzo dei Fondi ha determinato anche uno sperpero di progetti che nascono ma nel momento in cui nascono hanno anche una vita molto breve nella loro esposizione e soprattutto non sono legati alla ricaduta essenziale di quanto cambiano nel sistema innovativo, nel sistema occupazionale. Per ricentralizzare i Fondi, come diceva Milana, sul mare e sull’Economia del Mare, noi dobbiamo capire come si pianifica, qual è l’insieme di progetti che scegliamo, quali i 2-3 assi strategici che ci permettono di presentarci in Europa non con il solito soggetto che chiede qualcosa, un qualcosa che venga dato in concessione, ma per essere uno dei soggetti trainanti nell’Economia del Mare e in particolare del Mediterraneo. Credo che noi possiamo giocare un’operazione da leader, perché abbiamo messo insieme una serie di elementi che possono, se costruiamo questo sistema di rete e di responsabilità, utilizzare molto lo scenario competitivo dell’internazionalizzazione delle nostre imprese, un sistema istituzionale semplificato e una Cabina di Regia in cui la titolarità di quel progetto sia l’elemento finale di una filiera che abbiamo costruito prima e non il contrario. Questo credo che sia il terreno sul quale ad esempio anche l’America Latina o i Paesi emergenti come l’India, la Cina, che utilizzano gli spazi aeronautici o il mare, stanno misurando che la capacità di imparare alcuni elementi di sistema può diventare l’occasione dentro la quale si può essere in grado di anticipare alcune dinamiche. A me ha fatto molto impressione quello che ha detto il Dott. Massolo, della nostra difficoltà di trovare pizzaioli italiani per il mare. Forse lì il tema non è tanto della qualità dell’essere pizzaiolo, probabilmente è che noi dobbiamo ammettere che i contratti con cui si entra nelle navi non siano di altra natura perché il filippino costerà sicuramente molto meno di un pizzaiolo italiano.
Quindi dobbiamo sapere che nella nostra formazione ci dobbiamo mettere tanta qualità, ma anche tanto nella costruzione di un’idea diversa di un’economia che non sia solo di sfruttamento ma anche di solidarietà e di sviluppo concreto. Ho imparato molto in queste due-tre ore da un settore fatto di tante criticità, penso soprattutto a chi vuole fare un porto, turismo nautico e poi si trova nella difficoltà, nella semplificazione, negli incentivi e nel distretto che non funzionano. Sulla vicenda dei porti, a me pare che l’indirizzo con cui si sta avviando la riforma stessa dei sistemi della portualità e quindi anche il fatto di ridurre notevolmente le Autorità Portuali, vada nel segno non di penalizzare quello che abbiamo costruito negli anni, ma esattamente di dare una funzione più chiara e più certa per ridisegnare un’idea di sviluppo di un Paese che oggi è profondamente in crisi e in cui la capacità di allargare i centri ha deresponsabilizzato gli stessi amministratori.
Attenzione perché la ricchezza di questo dibattito richiede non meno politica ma più politica, politica seria per cui anche le classi di amministratori locali non possono essere più costruite dentro una base di mero consenso individuale, ma devono essere capaci di costruire, insieme a una rete più complessa, operazioni di grandi visioni.
Lo ripeto perché se io sto a Gaeta, so che Gaeta può svolgere una funzione solo se riesce a costruire la sua idea di portualità, la sua idea di turismo, la sua enogastronomia se si mette in contatto reale e non competitivo in un sistema sinergico con gli altri Comuni del Golfo, perché altrimenti l’operazione è un’operazione che può portarti nell’immediato un po’ di consenso ma a lungo andare deperisce le risorse che invece potrebbero essere maggiormente analizzate. Quindi mi pare che abbiamo compiuto da questo punto di vista un’operazione almeno nel dibattito molto seria e impegnativa.
Io credo che non basti affidare solo alla Regione Lazio la Cabina di Regia per l’Economia del Mare. La Regione Lazio può fare la Cabina del Mare a una condizione, che faccia diventare titolari di questa Cabina di Regia i sindaci, le imprese, tutti insieme, costruendo un soggetto che ci permetta di essere l’interlocutore nei confronti, non solo del Governo, ma per ricostruire quel Patto vero che ci può essere tra Governo, Regioni e l’Europa. Fare questo significa avere la conoscenza esatta di che cos’è, di quali sono i volani, quali sono gli indici economici sui quali noi possiamo investire. Perché non si può decidere di fare dell’Economia del Mare una risorsa e poi non avere i dati precisi, e noi non possiamo aspettare i tempi biblici. Ci sono probabilmente analisi già in essere che nessuno mette insieme, quindi abbiamo bisogno che le Cabine di regia, a questo servono, abbiano la certezza chiara della situazione, dentro la quale proporre alternative importanti.
Appena ritornerò a Roma sarà mio compito, non solo fare questa relazione, ma confrontarmi con il Sottosegretario che si occupa delle questioni europee, l’On. Sandro Gozi, perché questo convegno mi piace perché nasce da un’idea di integrazione molto forte.
Certamente il mare, ma anche l’altra grande risorsa della nostra regione in particolare, ma che è anche parte della Regione del Mediterraneo, e cioè un’idea innovativa dall’agricoltura. Noi dobbiamo fare in modo di tenere insieme mare e agricoltura, che sono i punti di forza per la nostra regione, e per gran parte dei Paesi che si affacciano nel Mediterraneo, senza far rivivere elementi di difficoltà in altri Paesi che non siano solo la Grecia.
L’ultimissima immagine e sentimento che ho avuto va ai nostri giovani, ai giovani dell’Istituto Caboto di Gaeta, uno dei pochi che continua a fare formazione. Sono rimasta molto colpita dall’intervento del Prof. Massolo.
Credo che questo sia un terreno in cui l’economia si salda al valore della cultura. Non esiste nessuna economia sana senza persone che hanno nel proprio DNA un’idea di formazione e anche di funzione della loro missione. Questo significa che forse noi dobbiamo riaprire un tavolo molto serio che riguarda l’innovazione, la ricerca con il MIUR. Lo dico soprattutto ai membri della sicurezza, agli ufficiali, noi siamo sempre stati ammirati nel mondo per la nostra serietà, per il nostro lavoro e per la nostra formazione come gran parte ancora per grandi e straordinari mestieri. Mandare al macero questo dato peculiare io credo che sia un suicidio di un Paese che non ha molte ricchezze indotte ma ne ha alcune che riguardano il proprio capitale umano e dentro questo capitale umano i giovani. Avere due punti al massimo di eccellenza, che sono i soggetti della formazione, può essere uno strumento straordinario e anche di indirizzo e forse di fiducia verso i nostri giovani. Quindi fare di Gaeta come della Liguria, i punti sui quali investire di più attraverso risorse, ma anche contribuire a essere soggetti di nuovo protagonisti verso l’ampio confine del mare. Soprattutto se è questo l’obiettivo che ci vogliamo dare, di provare a far diventare questo terreno un terreno su cui si costruisce una nuova classe dirigente di questo Paese.