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L’AD Benetti Vincenzo Poerio al 3° Forum Nazionale sull’Economia del Mare

Del 12 Settembre 2014

Yacht Med Festival 2014

Vincenzo Poerio

AD Benetti, Presidente YARE e cdm Cluster Trasporti Italia 2020

 

E’ giusto fare due precisazioni, per capire cos’è la nautica.

Innanzitutto, vorrei iniziare con un’affermazione: sono qui soprattutto perché penso che per competere oggi e per tirare il nostro Paese fuori dai problemi che aveva e che comincia a non avere, siamo un po’ positivi, è aggregarsi.

Quindi significa cercare di lanciare le basi per poter lavorare insieme per qualche cosa.

La seconda parte della brevissima presentazione sarà poi legata al cluster dei trasporti, perché è vero che non c’è il Ministero della Marina Mercantile, ma c’è il Ministero dei Trasporti, e siccome si parla anche dei trasporti via mare, esiste un Ministero e in quel Ministero si dovranno occupare di navale e di nautico, come si occuperanno di altro.

Che cos’è la nautica oggi? La nautica oggi la possiamo dividere in due. Da una parte c’è la produzione di imbarcazioni sotto i 24 metri, fatte da centinaia e centinaia di pezzi, forse migliaia in giro per il mondo. Poi ci sono quelle che vengono chiamate navi e cioè superyacht, che hanno tutte le problematiche delle navi. Vengono costruite come navi, forse con qualche caratteristica diversa perché abbracciano il mondo del lusso. A tutto questo si aggiunge l’accessoristica e i servizi a terra e a mare, così come esiste nell’ambito del mercantile. Quindi la nautica oggi in questo cluster ha assunto, in parallelo al mercantile, il suo ruolo di settore e di distretto.

L’Italia è con circa il 40%, il primo produttore al mondo di superyacht. Cioè noi in Italia costruiamo quasi il 40% delle barche che vengono costruite al mondo.

Per quanto riguarda gli ordini, l’order book nel settore dei superyacht oggi ha circa 411 imbarcazioni in costruzione, quindi significa che in Italia bene o male ci sono 160 imbarcazioni in costruzione da qualche parte.

Sono state consegnate quest’anno 146 imbarcazioni sopra i 30 metri. Ovviamente, rispetto agli anni passati, dove se ne consegnava quasi il doppio, sono di meno, ma comunque il settore, anche se ha subito un crollo, sta riprendendo e ricomincia a produrre.

Il 39% è rappresentato dall’Italia, l’Olanda dal 13%, USA 8%, Germania 6%, UK 4%. In Europa il settore nautico è un settore fortissimo, il resto del mondo è fermo al 16%, non competiamo con Paesi dell’Asia o quant’altro, almeno non ancora, ma i nostri più grandi concorrenti sono i nostri colleghi europei o americani.

Come si distribuisce il settore degli yacht: la flotta tra i 30 e 40 metri rappresenta circa il 66% delle imbarcazioni, tra i 40 e 50 metri il 21%, tra 50 e 70 metri il 10% e sopra i 70 metri il 3%.

Poi ci sono gli order book che sono 38%, 34%, 19% e 9%.

Questo è l’effetto crisi, cioè il settore ha diminuito le quantità di produzione tra i 30 e 40 metri passando invece al +9% di persone che si possono comprare una barca sopra i 70 metri. Questo significa che veramente siamo in crisi, perché la forbice della ricchezza si è allargata e questo nel nostro settore si legge. Pensate che la nostra azienda aveva in passato moltissime negoziazioni sotto i 50 metri, oggi ne abbiamo tantissime sopra i 50 metri.

Stiamo costruendo imbarcazioni di 90 metri e oltre con contratti pronti a essere firmati e questo significa che il settore sta fortemente cambiando.

Poi nell’area dei servizi c’è la parte del refit, nel quale l’Italia ha dichiarate circa 22 aziende, ovviamente anche qui competiamo con tante altre che sono distribuite nel Mediterraneo, che per noi è veramente una grossa opportunità. Sento sempre nelle discussioni il confronto con il Nord Europa, forse è il momento di trovare un po’ di coscienza mediterranea: Egitto, Turchia, Grecia e Italia sono la cultura della civiltà, forse se ce lo ricordiamo possiamo capire che questo può essere un buon inizio.

Pensate all’Italia, qualcuno l’ha definita una banchina messa nel bel mezzo del Mediterraneo, perché non diventiamo il centro della gestione di tutto quello che succede nei traffici almeno per quanto riguarda quelli nautici? Una volta un olandese mi ha detto che la loro fortuna è la nostra incapacità ad aggregarci, soprattutto il nostro complesso esterofilo; noi viviamo di questo complesso e loro ci fanno gli affari sopra, hanno addirittura paura che se noi ci organizziamo le cose possono cambiare.

Bella sfida!

La flotta dei superyacht: in giro per il mondo ci sono circa 5.000 imbarcazioni sopra i 30 metri.

Questa flotta sale e si prevede che nei prossimi venti anni, non dico che si raddoppi, ma arrivi a 7.000-7.500 imbarcazioni.

Quindi significa che c’è la possibilità anche di pensare a uno sviluppo.

L’età di questa flotta: c’è un 29% di imbarcazioni prima del 1990; un 18% fino al 2000; solo l’8% è dopo il 2010. E’ quindi una flotta di età media che deve essere servita e qui nasce l’esigenza di concentrarsi sui servizi, perché è una flotta che permette di fare attività lavorative di refit e quant’altro. Quindi guardando i numeri, ci sono i presupposti perché questo mercato di nicchia possa esistere, possa migliorare e svilupparsi.

Circa il 55% di queste imbarcazioni gira nel Mediterraneo, l’altro 45% è nel resto del mondo, quindi a maggior ragione è valido il discorso di prima che il Mediterraneo vede questi natanti, moltissimi di voi li avranno visti, che girano per il mondo e purtroppo non spesso in Italia, anche perché sfortunatamente negli anni passati non abbiamo fatto una politica per ospitarli.

A proposito di questo volevo accennare che moltissime di queste imbarcazioni non sono a uso privato ma a uso charter, ovvero, vengono affittate da persone che se lo possono permettere. Pensate si fanno circa 1.250 charter all’anno su queste barche, significa persone che arrivano, si muovono nel Mediterraneo, arrivano nei diversi porti e vanno naturalmente dove sono trattati meglio.

Quasi il 74% del traffico di charter è nel Mediterraneo, l’altro viene fatto nei Caraibi o intorno a New York o nella Florida in genere, pochissimo nel resto del mondo. Questa è un’altra opportunità che può esser colta.

Circa il 42% è costituito da privati mentre il 58% da charter.

Poi un altro fatto importante, fondamentale, la bandiera di queste imbarcazioni: il 38% sono europee, il 57% non europee, solo il 5% batte bandiera italiana. Questo è tutto un discorso legato al fisco, ovviamente, che andrebbe affrontato e messo in evidenza, perché i problemi non si ignorano ma si affrontano, si risolvono e così si lavora meglio. Comunque, ogni imbarcazione del genere, da 30 metri, ha 4-5 persone a bordo come equipaggi, una barca da 90 metri ne ha 40-50. Questo significa che c’è tantissima possibilità di avere impiego a bordo. Solo il 5% del personale purtroppo è italiano, il 48% è di nazionalità europea, extraeuropeo il 47%. Il 95% è costituito da equipaggi non italiani, fondamentalmente australiani, neozelandesi, americani, inglesi. Questo non ci aiuta molto.

La nazionalità dei nostri clienti: quella vera, non quella delle bandiere. L’Italia è circa 2-4%, tutto il resto è distribuito fra europei, russi, Middle East, gli americani sono tantissimi sia del Nord che Sud America. Poi ci sono altre nazionalità.

Questo per mettere in evidenza che queste barche grosse non sono di italiani, sono tutte straniere. Benetti oggi al 100% ha clienti stranieri, non un italiano.

Per quanto riguarda le chiamate che vengono fatte ogni anno, ne arrivano in un ordine superiore alle 6.000, quindi significa che continuamente i porti turistici vengono sollecitati per trovare posto. Spesso e volentieri queste imbarcazioni girano e vanno verso il sud della Francia o verso l’agguerrita Spagna che sta veramente investendo molto in questa area.

Arrivo ai miei 5 obiettivi per il Blue Paper.

Innanzitutto, penso che noi abbiamo bisogno di due cose. Una di confrontarci con continuità, questo è il secondo anno ma spero ci sia anche un terzo, un quarto e questo dà forza. Gaeta può diventare il posto dove istituzionalmente ci possiamo confrontare, dal punto di vista internazionale, misurando quello che facciamo. Avere quindi la possibilità di valutare se stiamo migliorando o no. L’altro aspetto è sulla nostra clientela, almeno parlo del settore nautico, penso che la Toscana, nell’ambito dell’area della Versilia, potrebbe essere il posto, invece, dove fare un evento internazionale per accogliere i clienti o chi li rappresenta. Tutte persone che non devono sapere i nostri problemi. E’ quello che proviamo a fare con YARE.

Contrariamente a Confitarma, dove gli armatori sono associati, nel caso delle imbarcazioni da diporto i nostri clienti cambiano, quindi l’industria la possiamo gestire noi se gestiamo il rapporto con i comandanti o con questi clienti che continuamente girano.

Primo aspetto quindi, il modo di lavorare in maniera più organizzata.

Poi valorizzare le Regioni e portarle tutte a livello internazionale. Ogni Regione ha le sue eccellenze, ma come si fa a valorizzare la Regione? Lo stesso problema è nato nel cluster. Basta vedere le eccellenze, chi sa fare bene le cose.

Prima l’On. Milana diceva tutti e 100; io dico no, solo chi è bravo a fare le cose, misuriamole, cioè che fatturato generano, a quante persone danno lavoro?

Terzo punto, quindi, la possibilità di avere sistemi statistici condivisi, seri e non manipolati, che ci permettono di valutare dove sono le eccellenze e sapere che quelle eccellenze possono portare sviluppo, senza fare discorsi individualistici.

Oggi la nautica è fatta dal 40% di barche italiane perché contiamo 160 barche su 400: non è che si possono inventare le cose, se siamo convinti e onesti nel fare questo lavoro. Questo è un altro aspetto del Blue Paper, per me va bene se parliamo di dati effettivi, del settore nautico ma anche degli altri.

Poi ho sentito parlare, è inutile che mi ripeto, di semplificazione amministrativa, facciamo un bel book di tutte le semplificazioni. Nel Codice della Navigazione c’è ancora la sputacchiera che risale al Codice Regio, quindi quella potremmo anche toglierla dalle regole, però facciamo un bell’elenco e lo portiamo dove va portato perché cambino o modifichino queste leggi.

Poi la formazione delle competenze, abbastanza importante. Non ho messo la parte della ricerca e sviluppo perché purtroppo si parla sempre di sviluppo, ma per fare sviluppo bisogna essere bravi, bisogna avere idee, realizzarle, metterle sul mercato. Tutte le idee che ci vengono sulle navi, sulle barche sono tutte cose che vanno capite, studiate, mettendo insieme tutto quello che va messo insieme, ma poi occorre soprattutto commercializzarle. Non basta dire ho un’idea, bisogna renderla pratica, sperimentarla e poi farla diventare operativa. Niente contro le Università, anzi ben venga la scienza a dare supporto, ma il percorso deve essere questo, arrivare cioè fino alla commercializzazione, ovviamente, dietro ci sono gli studiosi che hanno bisogno di ricerca di base, fondamentale, per arrivare alla ricerca applicata.

Quali sono i distretti in Italia? Li ho presi dai dati che circolano nel settore, forse anche un po’ sbagliati o camuffati, perdonatemi ma non abbiamo un sistema unico di rilevazione. Ci sono Toscana, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Lazio, Campania, Sicilia e Puglia. Questi distretti che esistono sono oggetti di questo cluster al quale accennerò molto brevemente.

Non è difficile mettere insieme le Regioni basta cominciare, sono 116 gli enti che già stanno insieme, c’è anche Confitarma dentro, bisogna soltanto cominciare a dialogare in una certa maniera.

Abbiamo fatto un comitato strategico il 10 aprile, c’è un rappresentante per ogni settore: automotive che naturalmente ha avuto la Presidenza, c’è dentro la FIAT, è sempre un Ente grosso, esiste, comunque oggi la FIAT dialoga e colloquia; navale con il suo rappresentante; nautico che ho il piacere di rappresentare; ferroviario; autosnodale, ci sono poi rappresentanti per ognuno dei settori della parte armatoriale. Questo significa che gli attori ci sono, lo strumento c’è, il Ministero è quello dei Trasporti non del Mare, pazienza ci accontentiamo, però ognuno mette i suoi problemi e cerchiamo di fare un piano con quei famosi 5 punti di cui parlava l’On. Milana.

Voglio dire poi un’altra cosa importante: Amsterdam vede crescere i suoi visitatori e gli espositori agli eventi che fa, Carrara scende, il Salone Nautico internazionale di Genova sta cominciando a diventare un disastro e spero che il nuovo Presidente ci metta mano velocemente, però significa che bisogna dare un nuovo impulso a queste situazioni. Il fatto di non avere Ucina qui, anche per il mio settore, mi sembra un po’ brutto, però forse è un momento di trapasso che spero finisca presto, proprio nel concetto di aggregarsi per diventare competitivi.

YARE è l’evento per i clienti, i comandanti e i clienti. Abbiamo invitato 110 comandanti di imbarcazioni sopra i 24 metri, hanno fatto 500 incontri, hanno visitato le imprese. L’idea di questo evento è diventare internazionale e avere tutte le Regioni rappresentate, dove ognuno metta in evidenza le proprie eccellenze per poter portare avanti le proprie cose.

Perché parlare con questi Comandanti per chi è di Gaeta significa che durante il percorso della barca, mentre va giù verso la Grecia si fa una fermata a Gaeta.

Questo significa lavorare insieme in maniera integrata e quindi non solo a livello regionale, ma prendere le eccellenze delle singole Regioni e portarle insieme. Perché la Toscana? Perché oggi ha le dimensioni più grosse, avrei preferito farlo a Napoli, poiché sono napoletano, ma non è così perché Napoli non è forte nella nautica come la Toscana.

Abbiamo chiamato le imprese, ci sono state già 4 Regioni che hanno partecipato. L’evento coinvolge i servizi, e non solo la costruzione.

Qui si parte dal refit.

Vorrei poi affrontare un discorso molto importante: tutte le bandiere di questi nostri superyacht sono offshore, lo sappiamo benissimo. Lancio un appello: perché il leasing ha avuto una riduzione di IVA e non queste imbarcazioni, che vengono usate per la maggior parte del tempo verso aree del mare non nazionali ma internazionali?

Il tentativo è di portare qua anche le registrazioni di questi megayacht.

Questo significa che un brasiliano, un americano o di qualsiasi altra nazionalità, registrerebbe la barca in Italia per poi poterla usare in Italia con la possibilità di vedere porti turistici.

Questo è un appello forte perché significa prendersi una fetta di economia. Gli altri Paesi ci stanno pensando, pensate che a New York stanno mettendo una tariffa flat fissa di 20 mila dollari. In Florida si può registrare la barca con 20 mila dollari di tasse, indipendentemente dalla dimensione.

Infine, un passaggio sul cluster del trasporti, che non è solo navale o nautico, ma come vi dicevo prima ha il ferroviario, la parte dell’automotive e l’autosnodale, ovvero, chi si occupa del coordinamento dei trasporti. Penso che sia una cosa ben fatta, perché il trasporto in sé per sé non può prescindere dal trasporto portuale, da quello su gomma o dal trasporto ferroviario.

Questo significa che gli investimenti e tutto quello che può essere fatto, può essere coordinato, la cosa fondamentale è avere azioni trasversali tra i diversi settori. Mi dispiace che non ci sia l’aeronautica perché è un altro dei trasporti fondamentali, con il quale possiamo però dialogare. Pensate quante cose si possono fare dal punto di vista trasversale, ad esempio nella ricerca.

L’obiettivo è fondamentalmente parlare alle Regioni, vedere le loro smart specialisation e valorizzare, condividere trasversalità per semplificazioni amministrative, per formazione del personale, per ricerca e sviluppo.

Parlare, dialogare, trasferire tecnologia fra i diversi settori, credo sia la cosa migliore per fare efficienza.

La base c’è, non solo, ma dà anche la possibilità a imprese, al CNR, agli altri enti di ricerca, agli armatori, di essere insieme e dialogare con le istituzioni.

Questo si può monitorare, può costituire un programma strutturale: ci si chiude in una stanza, come quando si elegge il Papa, poi quando verrà fuori il Papa facciamo fumata bianca e portiamo il documento ai politici perché ce lo possano approvare o portare avanti.

Quello di cui abbiamo bisogno è questo.

Io chiuderei così, vorrei fare però un appello: ricordatevi che non basta soltanto essere organizzati, ma bisogna guardare al mondo come sviluppo, le opportunità si traducono in una sola parola “commerciali”.

Lì poi si apre tutta un’altra situazione, che ci spinge a convincere i nostri politici a non andare a visitare il Middle East solo per fare una passeggiata; pensate che Letta chiuse 500 milioni di euro di affari, mentre io ero lì a chiudere un contratto di 50 milioni come sola azienda. Allora dico: siamo matti!

Quella gente lì ci può dare 5 mila miliardi di euro di possibilità, abbiamo dato agli Stati Uniti la possibilità di fregarci.