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Lilia Castellani: “Nella pesca gli uomini sono il braccio, le donne la mente”

Intervista a Lilia Castellani componente coordinamento nazionale pesca della FAI- CISL

Del 25 Gennaio 2024

di Angela Iantosca

Lilia Castellani proviene dal mondo dell’agricoltura, ma da anni è al servizio della pesca. Componente coordinamento nazionale pesca della FAI CISL, tra gli iscritti all’Osservatorio Nazionale Pesca, da tempo si batte per i diritti delle donne nella pesca, ma anche per informare i pescatori, per organizzare corsi di formazione, per parlare di sicurezza sul lavoro e perché ci siano leggi eque.

“Faccio parte del Coordinamento nazionale della pesca e sono responsabile del Programma Nazionale Triennale della pesca e dell’acquacoltura della Fai Cisl, strumento necessario per sostenere la crescita e la competitività nel settore che noi utilizziamo per la formazione, ricerca, promozione e tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Anni fa, con il Programma Triennale, avevamo realizzato uno studio proprio sulle donne dal titolo “La donna nella comunità marinara” davvero molto interessante che analizza l’importanza della donna nel mondo della pesca. Io mi occupo di tutto il territorio nazionale, ma sono di La Spezia. Quindi seguo in modo particolare la marineria della mia città. Tra le persone di cui mi occupo, anche le mogli dei pescatori”.

Settore della pesca: un ibrido in mano alle donne.

“Il settore della pesca è un po’ ibrido, poiché molti pescatori hanno il contratto alla parte. Mi spiego meglio: i pescatori hanno, oltre a un minimo monetario garantito, una parte del pescato e questo sistema obbliga a una maggiore partecipazione da parte dei lavoratori all’impresa. Noi come sindacato ci troviamo quindi a lavorare tanto con gli armatori, che comunque sono tutelati dalle associazioni datoriali, quanto con i pescatori. Ma mentre gli uomini pescano, a terra c’è la donna. E la verità è che – te lo dico per esperienza personale – sono le donne che portano avanti il sistema. Il pescatore va a pescare, qui a Spezia comincia verso le 5 del mattino e torna la sera alle 20,30 e tutti gli adempimenti burocratici, e in alcuni casi la vendita, è nelle mani delle donne”.

E’ proprio per la loro lunga assenza che la figura delle donne diventa un tassello fondamentale. Sole, sulla terraferma, si fanno carico di tutte le responsabilità connesse.

“Ma sono anche libere. Tra le comunità di pescatori il patriarcato è limitato, l’assenza degli uomini permette alle donne un’autonomia conquistata molto prima che dalle altre. In alcuni casi, sono loro stesse a uscire in barca e a vendere il pescato. Quello che è certo è che, senza il ruolo attivo delle donne, la filiera della pesca non sarebbe potuta esistere. “Alle donne la terra, a gli uomini il mare”, questo vecchio detto siciliano esprime chiaramente il concetto”.

Il ruolo della donna nella pesca.

“Per quanto mi riguarda il ruolo delle donne è fondamentale. Se c’è un braccio e una mente, loro sono la mente e il marito è il braccio. Mentre in agricoltura la prestazione lavorativa di parenti e affini è disciplinata, nella pesca no. È su questo che stiamo cercando di lavorare e anche per un sistema strutturato di welfare che i pescatori ancora non hanno. Noi dobbiamo batterci su questo. Fare sì che le donne siano in regola”.

L’Europa?

“L’Europa dice che i pescatori devono pescare meno e invita alla diversificazione della loro attività per sostenersi economicamente. In quest’ottica ancora di più prende importanza la figura della donna, ma senza gli adeguati aiuti tutto questo è impossibile. I contributi concessi per diversificare l’attività non sono sempre accessibili, le spese per l’acquisto delle eventuali attrezzature vanno anticipate e le banche fanno fatica a fare prestiti”.

Nord e Sud: dove c’è più consapevolezza del ruolo delle donne?

“Al Nord c’è più coscienza. Quando si parla della piccola pesca, tuttavia, forse c’è meno coscienza e la situazione è simile al Nord e al Sud, perché il ruolo delle donne viene considerato naturale. Al Nord quando si comincia a parlare di barche più grandi, di grande pesca, quando i volumi sono maggiori c’è più consapevolezza. Ma comunque in generale sta cambiando qualcosa negli ultimi anni. Forse anche per l’età. Per esempio la marineria di Spezia è una delle più giovani. Il più anziano avrà 50 anni. Alcune donne lavorano con i grossisti di pesce, due sono armatrici e si occupano di tutto”.

Come è la percezione da parte del mondo maschile della pesca?

“È come se fossero due camere stagne, il mondo maschile e femminile, ma in realtà se tu chiedi al pescatore qualcosa di diverso dal pesce lui ti risponde “chiama mia moglie”!”.

Donne pescatrici?

“È difficile immaginare la donna che va in mare. Durante una riunione che si è svolta a Malta ha parlato per tanto tempo una donna armatrice e pescatrice che va a pescare con il marito. A Carrara, per esempio, c’è una cooperativa di donne che vanno a pesca e anche nel settore della mitilicoltura ci sono donne fantastiche. Le donne svolgono un ruolo attivo in tutte le sfere produttive, contribuendo significativamente alla generazione di ricchezza e occupazione e sostenendo così la vitalità delle comunità costiere. La loro influenza si estende anche in settori cruciali come la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti ittici. Nonostante ciò, il loro impegno è stato storicamente poco riconosciuto, e ancora oggi si trovano ad affrontare sfide persistenti, come quelle legate alla formazione professionale, ai rischi sul luogo di lavoro e alle difficoltà nell’accesso alle risorse e alle opportunità che sembrano essere prevalentemente riservate agli uomini. Sebbene le donne rappresentino una risorsa fondamentale nell’industria ittica, la loro partecipazione spesso si accompagna all’ombra dell’invisibilità. Nonostante il loro ruolo determinante, rimangono in secondo piano rispetto agli uomini attivi nel settore, con la loro antica resistenza e spirito di sacrificio quasi dimenticati dalle istituzioni. Questa figura essenziale rischia gradualmente di svanire, almeno nelle fonti ufficiali, evidenziando un’inconsistente presenza nelle statistiche. Sorge la necessità di indagare sul motivo di questo apparente distacco delle donne da un settore profondamente radicato, soprattutto nelle comunità costiere. I numeri attuali non riflettono adeguatamente la reale partecipazione femminile alle imprese, sottolineando l’importanza di un’analisi approfondita per far luce su questa situazione”.

Obiettivi?

“Intraprendere un cambio di prospettiva implica uno sforzo che va oltre la mera dimensione economica, focalizzandosi principalmente sugli aspetti organizzativi. Questo sforzo mira a fornire una serie di servizi utili ai lavoratori e, di conseguenza, alla comunità nel suo complesso. Un sistema di Welfare contrattualizzato, frutto della collaborazione tra imprese e sindacati, è volto a semplificare la vita degli operatori, migliorare il loro benessere e, di riflesso, aumentare la loro produttività. Nel contesto di questo percorso etico e necessario, la questione delle donne potrebbe trasformarsi da una “problematica da risolvere” ad un’opportunità. Le donne potrebbero diventare un ponte ideale attraverso il quale sindacati e aziende, indipendentemente dalle loro dimensioni, possano mantenere un costante dialogo, collaborare e trovare congiuntamente le soluzioni più efficaci. Solo attraverso questa collaborazione sarà possibile ripristinare la partecipazione e, di conseguenza, avviare una ripresa e una doverosa riqualificazione nel settore della pesca”.

Parliamo di donne, ma non solo.

“In Italia, il settore della pesca affronta diversi problemi che influenzano la sostenibilità, l’economia e il benessere delle comunità costiere. Molte imprese ittiche, in particolare quelle gestite da piccoli pescatori, affrontano sfide economiche legate alla fluttuazione dei prezzi del pesce, ai costi operativi elevati e alla concorrenza globali. I pescatori spesso affrontano condizioni di lavoro pericolose e faticose. Le questioni legate alla sicurezza sul luogo di lavoro e ai diritti dei lavoratori sono ancora tutte da affrontare. La mancanza di investimenti nella formazione e nell’innovazione può ostacolare l’adozione di pratiche di pesca sostenibili e la diversificazione delle attività nel settore. Dalla pesca alla distribuzione, la filiera produttiva può essere compromessa da problemi logistici, normativi o di mercato, influenzando negativamente i redditi dei pescatori e la disponibilità di pesce fresco per i consumatori. Affrontare questi problemi richiede un approccio integrato che coinvolga governi, comunità locali, imprese, organizzazioni datoriali e sindacali per promuovere la pesca sostenibile, migliorare le condizioni lavorative e preservare gli ecosistemi marini”.

Chi sono i pescatori di oggi?

“Il 99% è pescatore per tradizione familiare. È vero che ci sono finanziamenti per aiutare ad acquistare un peschereccio, ma non ho mai ricevuto una richiesta di un giovane che ha voglia di entrare in questo mondo. Un dato interessante è che a La Spezia abbiamo un Istituto tecnico che ha aperto un corso professionale di cinque anni dedicato ai pescatori “Pesca commerciale e produzioni ittiche”. Direi una cosa fantastica e un segno di un cambiamento in atto!”.