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Monitor: la Nautica in cifre

Cosa ci racconta Monitor, rapporto statistico realizzato da Confindustria Nautica in collaborazione con Fondazione Edison

Del 12 Aprile 2023

Confindustria Nautica, dopo la presentazione alla Borsa di Milano dello studio Deloitte “The state of the art of the global yachting market”, focalizzato sul comparto della produzione delle unità da diporto, ha comunicato le tendenze dell’intera industria nautica con la quinta edizione – pubblicata nel mese di aprile – di “La Nautica in Cifre Monitor – Trend di mercato 2022/2023”, rapporto statistico realizzato dall’Ufficio Studi di Confindustria Nautica in collaborazione con Fondazione Edison che fornisce i trend di mercato aggiornati e ufficiali a metà anno nautico, con indicazioni sullo stato globale dell’industria nautica italiana.

Nel corso del 2022, spiega il rapporto, l’economia mondiale ha registrato un netto rallentamento tanto da crescere di un 3,4% rispetto al +6,3% registrato nel 2021. Un rallentamento causato dagli elevati livelli di inflazione, in parte eredità di due anni di pandemia, in parte conseguenza del conflitto russo-ucraino, in parte derivante dagli squilibri nel mercato del lavoro e dal mismatch tra domanda e offerta che negli Stati Uniti hanno dato origine a una inflazione da domanda.

In tale contesto, contrariamente a quanto si temeva, la dinamica economica dell’Uem (Unione economica e monetaria) è stata migliore di Stati Uniti e Cina: in particolare, secondo le stime rilasciate dal FMI in data 30 gennaio 2023, la crescita del Pil dell’Uem è stata del +3,5%; quella degli Stati Uniti del +2,0%; quella della Cina del +3,0%. Dati questi che, secondo l’analisi fatta da Monitor, potrebbero peggiorare a causa di una decelerazione degli Stati Uniti, di una crescita debole in Cina, nonostante un approccio meno aggressivo delle autorità di governo nel contrastare la pandemia, e di un peggioramento in Europa del clima di fiducia di famiglie e imprese che suggerisce una situazione di debolezza prospettica.

Economia italiana in crescita: +11% in due anni

Eppure, nel difficile contesto internazionale, nel 2022 l’economia italiana si è distinta per il suo buon andamento, chiudendo l’anno con una crescita del +3,9%, dopo un brillante 2021 in cui il progresso del Pil era stato del +6,7%. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale in entrambi gli anni l’economia italiana è cresciuta di più di quella mondiale nel suo complesso (+6,2% nel 2021 e +3,4% nel 2022), nonché della media dei paesi avanzati (+5,3% e +2,7%), mentre è progredita esattamente allo stesso tasso medio dei paesi emergenti (+6,7% e +3,9%).

Nel 2022 quasi tutte le maggiori economie del mondo sono cresciute meno dell’Italia: gli Stati Uniti (+2%), la Cina (+3%), il Giappone (+1,4%), il Canada (+3%), la Germania (+1,9%), la Francia (+2,6%), il Brasile (+3,1%), il Messico (+3,1%), il Sud Africa (+2,6%), la Nigeria (+3%) e la Russia (-2,2%). A livello mondiale soltanto due grandi economie a rapida crescita come Arabia Saudita (+8,7%) e India (+6,8%) hanno superato l’Italia. Mentre tra le maggiori nazioni europee hanno fatto meglio di noi solo la attardata Spagna (+5,2%), che ha replicato nel 2022 il nostro balzo del 2021, e il Regno Unito (+4,1%), che tuttavia era in forte ritardo dopo la pandemia ed è ora per di più avviato verso un 2023 in recessione, scontando gli effetti negativi della Brexit (-0,6%, contro il nostro +0,6% previsto dal FMI).

In due anni l’Italia è dunque cresciuta di quasi l’11%. E rispetto alle altre tre maggiori economie dell’Unione Europea e del Regno Unito, è stato il Paese che è tornato più rapidamente di tutti sopra i livelli di Pil antecedenti la pandemia, registrando per ben 7 trimestri consecutivi un progresso del Pil.

L’Italia, in sostanza, è uscita velocemente e con una progressione costante dalla crisi economica generata dalla pandemia, mentre tutti gli altri Paesi del G7 hanno avuto dinamiche più stentate o quantomeno altalenanti. In particolare, l’Italia è stata l’unico Paese del G7 in cui da inizio 2021 il Pil è sempre cresciuto congiunturalmente (cioè trimestre su trimestre) fino alla lieve flessione registratasi nell’ultimo quarto del 2022.

Quali le ragioni?

Le ragioni di questo cambio di passo dell’economia italiana risiedono nei cambiamenti strutturali avvenuti negli ultimi 6-7 anni, e in quelli ancora in corso, che hanno molto rafforzato il nostro sistema produttivo, che può oggi contare su una manifattura sempre più competitiva e un export fortemente differenziato, trainato dai numerosi settori di specializzazione del nostro Paese. Pur continuando ad essere frenata da alcuni dei suoi profondi divari strutturali (su tutti, quello di efficienza tra settore privato e settore pubblico e quello competitivo territoriale tra Nord e Sud, che Pnrr e riforme potrebbero finalmente ridurre, al- meno in parte) l’Italia, infatti, è molto cambiata dal punto di vista macroeconomico e microeconomico.

Grazie al boom degli investimenti tecnici stimolati dal Piano Industria 4.0 la manifattura italiana è cresciuta molto sia prima sia dopo la pandemia: le fabbriche italiane sono diventate fucine di innovazione e di successo; le imprese si sono ammodernate tecnologicamente, sono entrate nel mondo del digitale e del cloud, hanno riorganizzato processi produttivi, logistica, rapporti con fornitori e clienti; si sono rei- ventate e hanno inventato nuovi prodotti e servizi.

Grazie al boom degli investimenti tecnici stimolati dal Piano Industria 4.0 la manifattura italiana è cresciuta molto sia prima sia dopo la pandemia: le fabbriche italiane sono diventate fucine di innovazione e di successo; le imprese si sono ammodernate tecnologicamente, sono entrate nel mondo del digitale e del cloud, hanno riorganizzato processi produttivi, logistica, rapporti con fornitori e clienti; si sono re-iventate e hanno inventato nuovi prodotti e servizi. Negli ultimi sette anni, tra le grandi economie europee, l’Italia è stata quella con il più forte aumento della produttività del lavoro nel settore manifatturiero. Ma anche quella con la più forte crescita del valore aggiunto manifatturiero tra i grandi Paesi dell’Euroarea.

Il vantaggio della filiera corta

Rafforzata dagli investimenti di Industria 4.0 e meno esposta delle altre economie alle interruzioni delle forniture globali, l’Italia ha poi fatto leva sulle caratteristiche strutturali tipiche del suo sistema produttivo per resistere meglio degli altri Paesi alle avversità di uno scenario mondiale dominato dapprima dalla pandemia e poi dalla guerra russa-ucraina e dalla pressione inflattiva. L’export italiano ha infatti continuato a tirare e il nostro modello produttivo, meno delocalizzato di quello di altri Paesi e rimasto strutturato prevalentemente per filiere corte dentro i distretti, si è rivelato meno vulnerabile di quello di altri Paesi, come Germania e Francia, più legati alle filiere globali. Queste ultime negli ultimi due anni sono andate letteralmente in tilt per le interruzioni delle forniture asiatiche di componentistica e anche per lo stop di molte produzioni delocalizzate. In altre parole, nel nuovo caos globale post pandemico, le filiere corte del made in Italy si sono rivelate vincenti su quelle lunghe di una globalizzazione travolta dai lockdown, dal rincaro dei costi dei noli e dei trasporti.

Quindi, in un momento così difficile e incerto della globalizzazione, la manifattura italiana può puntare sul suo asso nella manica: la sua diversificazione produttiva, unica al mondo. Una diversificazione che ha sempre consentito di essere competitivi ma che nell’attuale frangente ha permesso di primeggiare ancora di più.

Con la sua struttura produttiva costituita di tante nicchie di eccellenza, senza settori dominanti, basata su imprese medie e medio-grandi molto dinamiche, l’Italia non ha patito le battute d’arresto della grande industria dell’auto tedesca o dell’elettronica asiatica, rimaste a corto di componentistica.

Meccanica e mezzi di trasporto

Nel caso della meccanica e dei mezzi di trasporto, le nostre imprese, producendo lotti selezionati e limitati di beni, hanno risentito in misura minore delle interruzioni delle forniture globali rispetto ai grandi colossi stranieri dell’auto o degli apparecchi per telecomunicazioni. Infatti, è chiaro che, in presenza di un blackout su vasta scala delle filiere globali, un conto è produrre alcune decine di yacht o di macchinari industriali specializzati all’anno, un altro conto invece è produrre alcune decine di migliaia di autovetture o di televisori. Nel primo caso, si può ovviare alla scarsità delle forniture internazionali trovando i componenti di cui si necessita presso qualche fornitore del proprio distretto o magari si può arrivare addirittura a fabbricarlo direttamente in azienda. E in tal modo si rispettano le consegne ai clienti.

Nautica italiana: un 2022 da record

Le interruzioni delle forniture globali non hanno infatti impedito alla nautica italiana di archiviare il 2022 come un anno record, superando i 3 miliardi di euro di export; in particolare, nell’ultimo anno nautico (chiusosi ad agosto 2022) l’export di imbarcazioni da diporto e sportive ha raggiunto la cifra record di 3,3 miliardi di euro di export, un valore superiore di circa 400 milioni al già precedente record di 2,9 miliardi di euro dell’agosto 2021. Nel caso invece delle grandi produzioni di massa, come quelle dei colossi stranieri dell’auto o degli apparecchi per telecomunicazioni, i colli di bottiglia nelle forniture internazionali hanno interrotto le produzioni stesse, bloccando le consegne.

Ma essere molto diversificati non è sufficiente per primeggiare. Occorre anche essere dei leader nelle proprie specializzazioni e l’Italia lo è a livello mondiale in una infinita serie di prodotti, e nella nautica da diporto in primis. Basti pensare che nel 2021 (al momento l’ultimo anno completo disponibile) il nostro Paese è risultato ai primi 5 posti al mondo come esportatore per ben 1.527 beni, il cui controvalore di export è di 345 miliardi di dollari.

Tra questi, anche gli yacht da diporto con motore entrobordo, comparto in cui l’Italia è seconda al mondo per valore dell’export, con 3,3 miliardi di dollari; posizionamento che mantiene anche considerando l’intera nautica da diporto (che, in aggiunta alle barche e yacht da diporto con motore entrobordo, include anche le imbarcazioni pneumatiche da diporto, gli yacht a vela da diporto e le imbarcazioni a remi e sportive), il cui export nel 2021 è stato pari a 3,5 miliardi di dollari; e che addirittura migliora se, invece dell’export, si considera il saldo commerciale: in tal caso l’Italia si posiziona sul podio più alto, sia nel solo segmento degli yacht (3 miliardi di dollari), sia considerando l’intero comparto della nautica da diporto (3,1 miliardi).

4M + 3A: i magnifici 7 del made in Italy

I Mezzi di trasporto, che includono la nautica da diporto, rappresentano una delle “4M” (insieme ai Metalli e prodotti in metallo, alle Macchine e apparecchi meccanici e ai Medicinali e cosmetici) che, insieme alle tradizionali “3A” (Alimentari-vini, Abbigliamento-moda, Arredo-casa), rappresentano a loro volta i “magnifici 7” del made in Italy, vale a dire i settori a cui appartiene la maggior parte degli oltre 1.500 prodotti in cui l’Italia eccelle.

Grazie alla maggiore diversificazione di produzioni ed export, la minore delocalizzazione e la stretta integrazione delle filiere, l’accresciuta produttività e competitività, l’Italia è stata nel 2021 il sesto Paese al mondo per surplus di bilancia commerciale esclusa l’energia, con un attivo di 97,7 miliardi di dollari, dietro a Cina, Germania, Giappone, Corea del Sud e Taiwan, davanti a Paesi Bassi, Vietnam, Singapore e Irlanda.

La forza nella differenziazione

Ma molti di questi Paesi concentrano la loro competitività su pochi grandi settori e in fasi turbolente come quella attuale risentono pesantemente della loro elevata concentrazione delle esportazioni, a differenza dell’Italia che può contare su una forte differenziazione di prodotto che la pone al riparo da eventuali crisi di uno o di pochi grandi settori, e che le ha consentito di archiviare un biennio da dieci e lode, con una crescita complessiva, come abbiamo dett, che ha sfiorato l’11%.

La produzione dei cantieri nautici italiani ha dimostrato di saper resistere alla pandemia, raggiungendo i 3,6 miliardi di euro nel 2021, con un contributo crescente da parte delle esportazioni.

Produzione e vendita di imbarcazioni di grandi dimensioni

Come evidenziano i dati di preconsuntivo 2022 sull’andamento dell’industria nautica in Italia derivanti dall’elaborazione da parte di Deloitte dello studio “The state of the art of the global yachting market”, realizzato per conto di Confindustria Nautica e presentato a Milano presso la sede di Borsa Italiana il 3 aprile 2023, rispetto al mercato globale, i cantieri italiani si concentrano principalmente sulla produzione e sulla vendita di imbarcazioni di grandi dimensioni. Il segmento delle unità entrobordo è di gran lunga in crescita, con un CAGR del +14,3% fra 2017 e 2021 e +32,9% di crescita nel 2021 sull’anno precedente.

Nel 2021 l’Italia era il secondo Paese per importanza nel settore della nautica da diporto a livello mondiale, con una quota di mercato di circa il 12%, principalmente incentrata sul segmento entrobordo. Secondo i principali operatori di mercato e le stime degli analisti, la produzione italiana di nuove unità da diporto potrebbe raggiungere nel 2022 un fatturato fra 4,16 e 4,34 miliardi di euro, con una corrispondente crescita compresa fra il 15 e il 20% rispetto all’anno precedente, quando aveva toccato 3,62 miliardi di euro

In considerazione delle stime di Deloitte sul comparto della cantieristica, è presumibile che l’intero settore industriale della nautica da diporto, comprensivo dei comparti degli accessori e dei motori marini, possa raggiungere e oltrepassare nel 2022 la soglia dei 7 miliardi di fatturato. I dati di consuntivo ufficiali saranno come di consueto disponibili nella nuova edizione di La Nautica in Cifre LOG, che sarà presentata il 21 settembre, nella giornata inaugurale del Salone Nautico In-ternazionale di Genova.

Il settore dei Superyacht: l’Italia rafforza la sua leadership globale

In un contesto di mercato particolarmente favorevole, il Global Order Book elaborato da Boat International vede per il 2023 una crescita del 17,5% degli ordinativi mondiali di superyacht rispetto all’anno precedente, raggiungendo la quota di 1203 unità in costruzione.

L’Italia rafforza ulteriormente la propria leadership globale, confermando la propria industria cantieristica al vertice della classifica con 593 yacht, toccando il massimo storico di ordini nel Global Order Book, per una lunghezza complessiva corrispondente di 22.056 metri.

La quota italiana si attesta come negli ultimi anni intorno alla metà degli ordini mondiali (49,3%), con un incremento di 70 unità rispetto al 2022. A notevole distanza, nella classifica per numero di ordini, seguono Regno Unito, Taiwan e Turchia, rispettivamente con 126, 108 e 102 ordini. Nel ranking per lunghezza complessiva degli ordini, seguono l’Italia i Paesi Bassi (4.983 metri), la Turchia (4.167 metri) e Taiwan (3.391 metri).

A livello di gross tonnage, il podio vede sempre l’Italia sul gradino più alto, con un totale di 211.416 GT, seguita dai Paesi Bassi (93.598 GT per 76 progetti) e dalla Germania (85.909 GT per 20 progetti).

Il gross tonnage medio per gli ordini di queste tre nazioni è molto eterogeneo e rispecchia le rispettive specializzazioni: gigayacht per la Germania (media di 4.295 GT), megayacht per i Paesi Bassi (media di 1.232 GT) e superyacht per l’Italia (media di 357 GT).