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Presidente Confitarma e Amministratore Delegato del Gruppo Grimaldi – Emanuele Grimaldi

Del 7 Maggio 2014

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SUBITO SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA E RIFORMA DEI PORTI

Come ha risposto l’armamento italiano alla crisi internazionale?

“Il momento di crisi dell’economia mondiale è un dato di fatto almeno dal 2008 ed è la più grande dell’ultimo secolo. L’Italia e il Sud Europa hanno subito ancora di più questa situazione. Non ci possiamo quindi lamentare né come consistenza della flotta né come situazione oggettiva degli armatori italiani. In questo senso il sistema creditizio italiano non è immune dal problema e la cosa ha conseguenze soprattutto per un mondo, come lo shipping, che è a capitale intensivo. Abbiamo saputo rispondere al meglio grazie ancora al lavoro di Confitarma, che è una grande organizzazione e ha lavorato molto bene negli ultimi 20 anni in cui si sono compiuti grandi passi avanti in Europa e in Italia. Abbiamo ottenuto risultati evidenti, se consideriamo che oggi l’Europa ha la prima flotta al mondo e l’Italia ha la più grande di sempre con 18 milioni di tonnellate”.

Tra le nuove sfide dello shipping si impone quella ambientale.

“Sono entrate in vigore nuove normative in tema ambientale nei trasporti marittimi in varie parti del mondo, compresa l’Europa. La sfida ambientale, se giocata in maniera corretta, cioè dando i tempi necessari per trovare le soluzioni, dà grandi opportunità di sviluppo e non rappresenta un costo. Anzi, ritengo possa diventare il vero motore del progresso tecnologico del XXI secolo, esattamente come avveniva in quello scorso con la guerra. Una legge che viene promulgata senza disporre delle tecnologie necessarie per applicarle è folle. E non dà sufficiente tempo al mercato per adeguarsi.Durante la mia presidenza dell’Associazione degli armatori europei (ECSA), abbiamo lavorato insieme alla Direzione Generale Trasporti della Commissione Europea, all’entrata in vigore del doppio scafo. Si è trattata di una grande conquista, per raggiungere la quale abbiamo dato alle imprese 10 anni. Era quello il tempo concesso alle imprese per adeguarsi. E mentre il resto del mondo non se ne accorgeva, dopo 10 anni tutte le navi cisterna avrebbero introdotto il doppio scafo, riducendo notevolmente il rischio di incidenti da sversamento. Oggi si richiede, ad esempio, che dal 1 gennaio 2015 nel Mare del Nord e del Baltico ci sia un abbassamento di contenuto di zolfo nei combustibili fino allo 0,1%. Considerando che negli ultimi 4/5 anni siamo riusciti a ridurlo dal 3% all’1,5%, si va davvero troppo veloci. Non c’è ancora una sufficiente sperimentazione sugli abbattitori (i cosiddetti “scrubber”) e una conoscenza se raffinatori possano produrre e a che costo prodotti nuovi. L’aria pura è un obiettivo generale, però si dovrebbe legiferare conoscendo prima di tutto le implicazioni per il sistema. Le normative in termini ambientali devono essere prima di tutto globali e devono poi tenere conto della sostenibilità; quella economica e quella ambientale che non sono in contraddizione. Concludo sottolineando come per le aziende dei trasporti, soprattutto quelle marittime, il maggior costo sia proprio quello del carburante. Basti pensare che il costo dei 10.000 dipendenti del Gruppo Grimaldi è pari a un terzo di quello del carburante, che il costo degli ammortamenti fiscali è 10 volte inferiore e che quello di ammortamento della flotta, pari a 250.000.000 di euro, è un altro terzo. Quindi tutte e tre insieme queste voci di costo sono di poco inferiori alla spesa per il carburante. Si comprende facilmente perché io abbia assunto uno staff di ingegneri dedicati solo all’”energy engineering”.

Ritiene che in Italia esista un’adeguata consapevolezza e attenzione alle tematiche inerenti l’Economia del Mare?

“Devo dire che in genere chi opera sul mare è portato a pensare regni l’”inconsapevolezza” dell’importante ruolo che l’economia del mare riveste per il nostro Paese e sembra che l’interesse per il mare si risvegli solo in estate quando si va in vacanza verso le isole o le località costiere. Peraltro, obiettivamente devo dire che quando le nostre istituzioni hanno capito che erano necessarie misure come quelle per il rilancio della competitività dello shipping italiano, oppure quelle per la difesa delle nostre navi che operano in acque a rischio di pirateria, tutti gli schieramenti politici sono stati unanimi nell’adottare i necessari provvedimenti, dimostrando grande attenzione alle esigenze del settore”.

Condivide l’opinione di quanti, compresa la nostra rivista, sostengono che vada ampliata la conoscenza del reale valore dell’Economia del Mare, allargandone i settori di influenza oltre al cluster marittimo tradizionalmente inteso?

“Certamente è importante che il cluster marittimo non rimanga isolato e chiuso in sé stesso perché viviamo in un’epoca ove la globalizzazione impone di tener conto di sinergie e connessioni con gli altri settori economici. Per quanto riguarda l’industria armatoriale, per esempio, ritengo importante che oltre a salvaguardare la competitività della flotta italiana, incentivare investimenti in nuove navi sempre più efficienti, competitive ed ecocompatibili, occorra creare, da un lato maggiori connessioni con tutti quei settori con i quali si confronta quotidianamente, quali l’industria, l’automotive, l’energia, per coordinare insieme strategie comuni di sviluppo, e dall’altro lato affermare il prestigio di questo settore non solo sui mari ma anche in tutte le sedi, internazionali ed europee, ove prendono vita le numerose norme che regolano il settore marittimo, norme che l’Italia fino ad oggi si è limitata a recepire senza contribuire in modo sostanziale alla loro elaborazione”.

Quanto e cosa c’è ancora da fare per migliorare l’infrastrutturazione logistica dei nostri snodi portuali e incrementare i traffici marittimi?

“L’inefficienza del nostro sistema logistico e infrastrutture portuali non adeguate all’evoluzione dei traffici sono le principali cause della costante perdita di competitività dei porti italiani. La crisi economica internazionale e la conseguente scarsità delle risorse pubbliche disponibili hanno imposto di razionalizzare al massimo i finanziamenti nei porti, dando priorità a quei progetti di infrastrutturazione che più rispondono alle esigenze di sviluppo del sistema portuale nazionale. Se si analizzano le cause che determinano la nostra grave inadeguatezza infrastrutturale non si può non considerare la carenza di coordinamento e di indirizzo strategico unitario, il solo che consentirebbe di legare tra loro i vari progetti di sviluppo, evitando dispersione di risorse e di investimenti. E’ necessario quindi prendere atto dei vincoli burocratici e geografico-morfologici del nostro Paese, che di fatto impediscono uno sviluppo in tempi ragionevoli delle aree operative portuali nei nostri scali e considerare che grazie alla moderna tecnologia detti vincoli potrebbero essere superati in tempi rapidi. E’ importante perciò puntare su programmi infrastrutturali di ampio respiro che consentano di realizzare gli indispensabili spazi operativi considerando anche l’opzione di svilupparli nell’entroterra, fuori cioé dalla cinta portuale, in modo da avvicinare, con collegamenti ad hoc e con modalità e potenzialità adeguate, la merce alle aree fortemente produttive del Paese, come ad esempio quella del Nord Italia che, per una parte rilevante, è tuttora servita dai porti del North Range”.

Quali sono oggi le caratteristiche che rendono competitivo l’armamento italiano rispetto ai colleghi europei?

“Di certo la riforma della navigazione internazionale avviata nel 1998 con l’istituzione del Registro internazionale ha restituito competitività alle aziende armatoriali italiane che oggi possono competere alla pari con i concorrenti non solo europei ma mondiali. Inoltre, l’armamento italiano ha saputo affrontare questi lunghi anni di crisi meglio degli armamenti di altri Paesi, anche più importanti dell’Italia, grazie anche al fatto che le nostre aziende, per la maggior parte a conduzione familiare, hanno saputo agire con cautela e senza lasciarsi troppo coinvolgere da iniziative finanziarie rischiose”.

Come sa, la nostra rivista ha lanciato l’iniziativa del Blue Paper. Quali priorità concrete per lo shipping da sottoporre al Governo italiano inserirebbe nel manifesto dell’Economia del Mare?

“Sintetizzando al massimo: semplificazione normativa, riforma dei porti”.

Lei ha sempre creduto e investito nelle Autostrade del Mare. Ritiene siano ancora uno strumento valido? Le istituzioni potrebbero fare qualcosa in più per sostenerne la crescita?

“Se non fossi convinto dell’importanza delle autostrade del mare e del loro potenziale di sviluppo, dovrei cambiare mestiere! I fatti invece mi danno ragione: basti pensare che gli armatori italiani hanno la più grande flotta ro-ro e ro-ro/ pax al mondo e siamo i leader assoluti mondiali nelle attività di short sea shipping. In particolare il mio gruppo probabilmente è il primo al mondo in queste operazioni, anche perché oltre ad essere un gruppo italiano, è un gruppo che ha aziende che operano in questo settore anche con bandiera finlandese, svedese, maltese e greca e mi riferisco a Finnlines, Malta Motorways of the Sea, e Minoan Lines: sono società europee che fanno parte del Gruppo Grimaldi. Quindi la leadership è assoluta”.

Quali sono le direttrici di sviluppo su cui si sta muovendo il Gruppo Grimaldi in questi ultimi anni e quali le prospettive principali di crescita che intravede?

“Abbiamo in programma di consolidare e rafforzare le numerose linee esistenti tra l’Italia e la Spagna, ma anche di potenziare la nostra presenza verso i paesi del Nord Africa”.

Quale pensa sia oggi l’elemento di competitività nel settore del trasporto passeggeri?

“Credo che sicurezza e qualità dei servizi offerti siano i due principali fattori di competitività del trasporto di passeggeri. Oggi le navi italiane sono tutte di grande qualità ed offrono servizi eccezionali ai loro passeggeri. In particolare, le navi della mia flotta che operano sulle rotte verso la Spagna e la Grecia sono dei cruise-ferry e si chiamano Cruise Roma, Cruise Barcelona, Cruise Olympia e Cruise Europa, trasportano fino a 3.000 persone con uno standard equiparabile a quello delle navi da crociera. Sono navi costruite da Fincantieri per un investimento totale di 600 milioni di euro: non si fanno investimenti così importanti se non si è sicuri di essere competitivi”.

Il Gruppo Grimaldi è tra i più attivi nella comunicazione, lasciando intendere una chiara strategia aziendale volta non solo ad attrarre il cliente, ma anche a promuovere l’importanza di politiche di investimento più ampie. E’ questo l’obiettivo ad esempio del premio giornalistico internazionale “Mare Nostrum Awards”, dedicato alle Autostrade del Mare. Pensa che in Italia esista un’adeguata informazione sul mare?

“Chiunque viene attirato da immagini, filmati, notizie che riguardano il mare. Per fare un esempio pensiamo a film o a serie televisive ambientate in mare o nei pressi di località costiere: la maggior parte ha avuto successo e sono state un ottimo strumento di comunicazione per specifiche problematiche legate al mondo marittimo. Credo che dovrebbe essere ancor più sfruttato il fascino giocato dal mare per veicolare una più ampia e più corretta informazione del mondo marittimo quale risorsa del Paese. Per fare questo però, occorre esperienza e competenza. Purtroppo, devo dire che sono veramente pochi i giornalisti che conoscono questo nostro mondo e sono in grado di trasmettere le giuste informazioni. Con il Premio Mare Nostrum, promosso dalla rivista “Grimaldi Magazine Mare Nostrum”, stiamo tentando di stimolare questo interesse, partendo dalle Autostrade del Mare”.

L’approccio del suo gruppo appare innovativo in termini organizzativi, avendo deciso di creare un vero e proprio network internazionale che unisce anche terminal portuali e compagnie di trasporto stradale e ferroviario. E’ questo il vero elemento di successo per le imprese dello shipping?

“Il nostro Gruppo, sin dalla sua fondazione, ha sempre puntato all’internazionalizzazione del proprio business lanciando collegamenti marittimi tra vari continenti per il trasporto di merci rotabili, container e passeggeri ed investendo in terminal portuali e società di trasporto, necessari per offrire servizi competitivi e di alta qualità lungo tutta la catena logistica. Oggi operiamo 18 terminal portuali in Europa ed in Africa per una superficie totale di oltre 4,5 milioni di m2. L’acquisizione di società estere ha permesso al nostro Gruppo di espandere le proprieattività verso nuovi mercati. I servizi marittimi offerti dalle società controllate sono stati pienamente integrati nella rete di collegamenti offerti dal nostro Gruppo a livello mondiale offrendo così alla nostra clientela una gamma di servizi ancora più vasta.Nel futuro continueremo a creare nuove sinergie tra le attività delle nostre società con sede a Napoli e quelle controllate estere onde offrire soluzioni logistiche ancora più sofisticate ai nostri clienti”.