Un nuovo rapporto, “The first phase of implementation of the Marine Strategy Framework Directive”, fa il punto dello stato dei mari e degli oceani in ottica europea. L’analisi della Commissione Ue è stata presentata alla conferenza Healthy Oceans – Productive Ecosystems (Hope) che si è tenuta a Bruxelles il 3 e 4 marzo.
Il rapporto evidenzia quanto siano necessari degli sforzi urgenti perché l’ambiente marino ritrovi uno stato soddisfacente entro il 2020.
Circa due quinti della popolazione dell’Unione europea, 206 milioni di persone, vive in un’area costiera e 23 su 28 Stati membri hanno una uno sbocco al mare.
Il rapporto è stato redatto 6 anni dopo l’adozione della direttiva quadro “Strategia per l’ambiente marino” che punta a fare in modo che le acque marine dell’Ue raggiungano entro il 2020 lo status di “buon stato ecologico”, così come a proteggere le risorse fondamentali dalle quali dipendono le attività socio-economiche legate al mare ed all’oceano.
In base a questa Direttiva, gli Stati membri sono tenuti ad elaborare delle strategie per le loro acque marine per giungere ad buono stato ecologico. Queste strategie devono essere aggiornate e riviste ogni 6 anni.
Presentando il rapporto il Commissario Ue all’Ambiente, Janez Potočnik, ha affermato che “Il messaggio è chiaro: i mari e gli oceani europei si trovano in uno stato preoccupante. D’altronde sono indispensabili per noi e dobbiamo pervenire ad un equilibrio. Per far questo dovremo trovare dei modi di trarre pienamente beneficio dal loro potenziale economico, senza accrescere la pressione che pesa su quest’ambiente già fragile, creando la crescita di posti di lavoro stabili a lungo termine”.
Ogni Stato membro ha presentato un rapporto sulla situazione delle proprie acque marine, su quello che considerano come un “buon stato ecologico”, così come sugli obiettivi che si sono dati per raggiungere questo stato.
Nel rapporto si legge “Grazie ai rapporti completi degli Stati membri oggi ne sappiamo molto di più sui mari e gli oceani, sui problemi che pongono e sulle possibili soluzioni. La maggior parte degli indicatori sono in rosso, si constata, per esempio, che l’88% degli stocks alieutici sono minacciati nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero. Tuttavia, le attività di cattura diventano più sostenibili, anche se il miglioramento è lento. L’Ue dovrà consentire degli sforzi supplementari se vuole raggiungere l’obiettivo che si è fissata di disporre di mari ed oceani produttivi nel 2020. La mancanza di coordinamento tra gli Stati membri costituisce un freno al miglioramento della situazione: una cooperazione rafforzata permetterebbe in effetti di pervenire ad un buon stato ecologico più facilmente ed a meno costi”.
Il rapporto, accompagnato dai “Marine messages” della European Environment Agency (Eaa), offre la prima visuale d’insieme mai realizzata sullo stato dei mari e degli oceani dell’Ue.
I “Marine messages” dell’Eaa sottolineano che “Molti degli habitat, ecosistemi e specie marine europei sono stati minacciati per decenni”. Dato che per i prossimi anni si prevede un aumento delle attività economiche marittime, la pubblicazione dell’Eaa “Marine messages” evidenzia che molte industrie europee, compresi i trasporti, la pesca, l’energia offshore e il turismo, hanno crescenti impatti cumulativi sul mare, quindi, per la loro natura vulnerabile, gli ecosistemi marini europei possono essere danneggiati in modo irreversibile se continueranno ad essere sfruttati oltre i limiti sostenibili. “I Paesi europei devono essere meglio informati per aiutarli a capire la natura di questi limiti”.
Il direttore esecutivo dell’European Environment Agency, Hans Bruyninckx, ha affermato che “La ricca vita dei mari europei è un incredibile asset. Ma dobbiamo fare in modo che questa risorsa sia utilizzata in modo sostenibile, senza superare i limiti di quel che gli ecosistemi possono fornire. Il modo attuale con cui utilizziamo il mare rischia di degradare irreversibilmente molti di questi ecosistemi”.
Le note informative dell’Eaa avvertono che la cattiva salute dei nostri mari non dipende da un singolo problema, ma dall’effetto cumulativo di diverse pressioni e, molte di queste pressioni, sono collegate: “Ad esempio, le temperature più elevate aumentano anche la carenza di ossigeno, che interessa la vita marina, aumentando al contempo i livelli di CO2 nell’atmosfera che acidificano gli oceani, rendendo difficile la formazione delle conchiglie da parte di alcuni animali. Insieme, questi cambiamenti possono perturbare interi ecosistemi”.
Ma ci sono anche alcuni segnali incoraggianti: “Ad esempio – si legge nella pubblicazione – i dati disponibili mostrano che alcuni stock ittici sono risaliti ai limiti biologici di sicurezza, e il carico di nutrienti è stato ridotto nel Baltico e nel Nord Est Atlantico. L’Europa sta compiendo progressi nell’istituzione di una rete di Aree marine protette, che attualmente coprono il 6% dei mari europei”.
Per fare in modo che sia davvero visibile un reale miglioramento nel nostro ambiente marino, i “Marine messages” raccomandano un duplice approccio: “Primo, gli Stati membri devono attuare la Direttiva Marine Strategy in maniera più omogenea e coerente, che permetta di avanzare verso un buono stato ambientale, da monitorare in tutte le regioni. Secondo, guardando al lungo periodo, ridurre le pressioni ambientali richiederà di indirizzare le nostre economie ed i nostri valori verso modi più sostenibili di vivere, produrre e consumare. Tale transizione è un obiettivo ambizioso, ma è necessaria per adempiere la visione di “vivere bene entro i limiti del nostro pianeta” contenuta nel 7° programma di azione ambientale che definisce le priorità della politica ambientale dell’Europa”.