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Sottosegretario di Stato all’istruzione – Gabriele Toccafondi

Del 21 Febbraio 2014

UN CANALE FORMATIVO PRIVILEGIATO

Che posizione occupano gli ITS nelle attuali strategie del MIUR?

“Gli Istituti tecnici superiori sono scuole speciali di tecnologia e costituiscono un canale formativo privilegiato – di livello post-secondario – per assicurare a giovani e adulti una specializzazione tecnica superiore in una delle sei aree tecnologiche strategiche per sostenere la competitività dei nostri sistemi produttivi territoriali nel mercato globale. Il buon esito di questo canale formativo è testimoniato dai numeri. Gli ITS, benché siano operativi da soli tre anni, hanno già conquistato un ruolo centrale nel sistema di istruzione e formazione. I dati disponibili alla data del 31 ottobre 2013 ci dicono che gli ITS operativi attualmente sono 64, i percorsi attivati sono 247, i corsisti più di 5.000, di cui 825 già diplomati, con tassi di successo di tutto rispetto: il 60% dei giovani diplomati già ha trovato lavoro. L’Amministrazione intende continuare a investire sugli ITS. Nel primo triennio, per lo start up dei primi 62 ITS, il Ministero ha investito 49 milioni di euro; nella fase di consolidamento sono disponibili 13 milioni per ogni anno. Certo, sarebbe bello poter contare su più risorse per gli ITS, ma il dicastero dell’istruzione fa comunque la sua parte, salvaguardando qualità e merito. Per questo ci aspettiamo dal monitoraggio informazioni utili a indirizzare gli investimenti dove si ottengono risultati efficaci”.

Quali sono, secondo lei, i punti di forza di questo tipo di istruzione?

“Il successo degli ITS si gioca nello stretto raccordo tra scuola, formazione e sistema produttivo. Il modello di collaborazione tra scuole e imprese sviluppato dalle Fondazioni è un importante punto di riferimento sia per garantire ai giovani un ingresso immediato e qualificato nel mondo del lavoro e delle professioni, sia per promuovere lo sviluppo del territorio. Quando la scuola dialoga sistematicamente con l’impresa i risultati si vedono. Nella visita all’Accademia italiana della Marina Mercantile di Genova, per esempio, ho incontrato allievi, docenti, imprenditori, autorità locali e mi sono reso conto di quanto siano tutti fortemente impegnati per una formazione altamente specializzata degli Allievi Ufficiali di Coperta e di Macchina, secondo gli standard internazionali delle Compagnie di navigazione. Grazie alla presenza dell’Accademia, la Liguria è un punto di riferimento internazionale per la formazione del cluster marittimo, capace di attrarre allievi da tutto il Paese e anche dall’estero”.

Esistono esperienze simili in altre parti d’Europa?

“Nella maggior parte dei Paesi europei il sistema di istruzione e formazione professionale di livello terziario è consolidato e radicato. In Germania, per esempio, la formazione post secondaria si sviluppa in continuità con il sistema duale: anche nelle Fachschulen vale il principio dell’alternanza tra l’esercizio della professione in azienda e formazione teorica in Accademia o a scuola. Dalla fine degli anni Sessanta si è affermato anche un altro canale: l’istituto professionale universitario di qualificazione professionale (FH). Molte Fachschulen offrono corsi con il modello duale, cioè corsi realizzati in collaborazione con le aziende, molto apprezzati dai giovani, anche perché assicurano un inserimento professionale rapido e qualificato. Quasi un terzo di tutti gli studenti tedeschi frequenta questi percorsi. Il modello duale tedesco funziona perché in Germania un giovane su due mentre va a scuola impara contestualmente un mestiere direttamente nelle imprese, che cogestiscono la formazione. È una formazione di qualità da cui è uscita una buona parte della classe dirigente tedesca. Certamente facilita l’occupazione dei giovani: non è un caso che in quel Paese la disoccupazione giovanile sia al 7%, tra le più basse in Europa. Quel modello non è direttamente esportabile nel nostro Paese, anche per le differenze del nostro tessuto produttivo rispetto a quello tedesco: dobbiamo trovare una via italiana all’istruzione tecnica superiore. Esorto a guardare il DL scuola convertito nella Legge 8 novembre 2013, n.128 come un decisivo passo avanti in questa direzione”.

Esistono già le prime analisi sull’efficacia di questo strumento?

“L’Accademia della Marina Mercantile è il fiore all’occhiello del sistema ITS: la percentuale degli occupati tocca il 100% ed è fonte di orgoglio per tutti. Ovviamente cresce parallelamente il numero dei candidati che chiedono di accedere a questi percorsi: quest’anno superavano le 646 unità su 87 posti. Il gradimento dei diplomati è visibile sul sito dell’Accademia (www.accademiamarinamercantile.it) dove sono raccolte le testimonianze dei giovani che dichiarano il valore dell’esperienza formativa. Anche se non tutti gli ITS raggiungono questa eccellenza, i risultati sugli esiti occupazionali sono ampiamente positivi, con una media nazionale di occupati del 60% a pochi mesi dal diploma. Durante i miei incontri ho verificato che molti giovani hanno già un contratto di lavoro in tasca prima di completare il percorso formativo. In ogni caso puntiamo tutti sulla qualità e sull’efficacia: il monitoraggio e la valutazione dei percorsi degli I.T.S. sono realizzati dal MIUR e dalle Regioni con l’obiettivo di condividere e promuovere misure in grado di valorizzare gli elementi di eccellenza, superare le criticità e assicurare la trasferibilità dei risultati”.

In quale direzione dovrà muoversi il Sistema ITS per migliorare le proprie performance formative?

“Mantenere un contatto permanente con il mondo del lavoro e delle professioni, puntare alle innovazioni e guardare con occhio attento l’evoluzione delle specializzazioni tecniche superiori non solo a livello nazionale ma globale. A partire dagli esiti del monitoraggio e della valutazione, ogni ITS, attivando tutte le sinergie possibili con il territorio e le filiere produttive di riferimento, dovrebbe mettere a punto piani di miglioramento per innalzare la qualità degli interventi, senza accontentarsi dei risultati raggiunti”.

Gli ITS nascono per rispondere alle esigenze delle vocazioni produttive più importanti del nostro Paese. Sono in previsione dei cambiamenti sulle aree di intervento?

“I percorsi degli ITS hanno bisogno di una costante manutenzione al fine della loro innovazione permanente in relazione agli sviluppi della ricerca scientifica e alle innovazioni tecnologiche e alle esigenze espresse dal mondo economico e produttivo. Alcune novità sono state introdotte dal D.L. n. 104, convertito nella legge 8 novembre 2013, n. 128: è stato eliminato il divieto di costituire non più di un istituto tecnico superiore in ogni Regione per la medesima area tecnologica e relativi ambiti. Anche alla luce dei risultati conseguiti nella prima fase di avvio e sperimentazione degli ITS, alcune Regioni hanno evidenziato di voler investire, con proprie risorse, su diverse filiere produttive della medesima area tecnologica per rispondere a specifiche esigenze espresse dal mondo del lavoro e delle professioni in relazione alla domanda di tecnici superiori, in coerenza con i piani di sviluppo territoriale. Questo articolo rende possibile tale deroga con la clausola di invarianza finanziaria. Ciò significa che la costituzione di nuovi ITS potrà avvenire solo avvalendosi di finanziamenti privati o di riduzioni di spesa o incrementi di entrate presso le Regioni, di importo tale da garantire le risorse occorrenti sia per la costituzione che per il mantenimento degli stessi Istituti”.

Lei ha recentemente visitato due ITS del mare, la Fondazione Accademia Italiana Marina Mercantile di Genova e la Fondazione “G. Caboto” di Gaeta. Quali sono le sue impressioni?

“Si tratta di due realtà diverse. Quella di Genova ha una sua struttura, con una sede propria secondo gli standard previsti dall’EMSA; opera in una rete che comprende 30 imprese marittime ed ha attivato collaborazioni con tutto il cluster marittimo (trasporti, pesca, diporto, portualità). L’altra ha al centro un istituto nautico che punta a perfezionare la sua attività formativa in un percorso post secondario in stretta connessione con le esigenze del territorio”.

Ritiene che i mestieri del mare siano adeguatamente coperti da un punto di vista formativo? E che prospettive occupazionali pensa possano garantire?

“No, non tutti i mestieri del mare soddisfano le necessità espresse dalle imprese; occorre continuare a lavorare in questo campo, anche per aggiornare i percorsi formativi esistenti. Per esempio, alcuni titoli professionali della pesca e lo stesso Regolamento marittimo delle qualifiche professionali presentano o titoli di studio ormai datati, oppure non prevedono neanche una formazione iniziale di base. In questo settore intervengono competenze di soggetti istituzionali diversi, primo tra tutti il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. È necessario un maggior impegno per coordinare le attività e condividere gli obiettivi di miglioramento della formazione dei mestieri del mare”.

Gli ITS funzionano in termini di occupabilità?

“Le prospettive di occupazione sono buone, soprattutto se è garantita un’alta qualità dei percorsi formativi e un rapporto reale con le imprese che dovrebbero partecipare attivamente all’ individuazione dei fabbisogni occupazionali e alla co – progettazione delle attività formative”.

Roberta Busatto