Home > Interviste > A tu per tu con Vincenzo Onorato

A tu per tu con Vincenzo Onorato

Del 21 Febbraio 2014

Il cuore del Presidente di Moby SpA è nella scuola vela di Mascalzone Latino

Eravamo partiti con l’idea di mettere a fuoco le qualità di un’azienda leader nel trasporto passeggeri e ci siamo ritrovati a tuffarci nel cuore di una sfida, quella della Scuola vela di Mascalzone Latino.

Vincenzo Onorato è oggi uno degli armatori più importanti in Italia, lo è per la sua storia, per la sua competenza e per il successo delle sue iniziative imprenditoriali. Certamente le linee Moby, ma anche Toremar o la più recente l’acquisizione della Tirrenia, attraverso la Compagnia Italiana di Navigazione in cui è entrato con la maggioranza della quote al 40%. Attraverso le sinergie tra le due compagnie, la Moby S.p.A. è diventata la prima compagnia di navigazione Italiana per le rotte nel mediterraneo.

I numeri bastano per capire la forza della sua azienda ammiraglia, che gestisce il trasporto passeggeri per la Sardegna, la Corsica e l’Isola d’Elba con partenze da Civitavecchia, Genova, Livorno e Piombino.La Moby conta 40 navi e 1.800 persone impiegate, attestandosi sotto i 300 milioni di euro di fatturato.

“Ho sempre puntato sul mercato” queste le parole d’ordine pronunciate da Vincenzo Onorato. Come quando nel 1982, quarta generazione di una famiglia di armatori specializzati nel traffico merci, decide di dedicarsi ai passeggeri partendo con una prima grande nave per la Corsica, Moby Blu, acquistata dalla Townsend Thoresen. “Allora su quella tratta operava solo la Corsica Ferry, importante azienda privata come la nostra. Il mercato era libero e potevamo provarci. La laurea in Economia marittima lo aiuta certamente, ma è una dote in più a fare la differenza. “Appena laureato appresi da un’indagine recente somministrata ai passeggeri delle navi traghetto che questi non ricordavano nemmeno il nome della compagnia con cui avevano viaggiato. Era il momento per lanciare un nuovo e forte brand. La balena azzurra nasce su ispirazione del cartone disegnato dalla Disney e molto popolare in quegli stessi mesi”.

Un’attenzione alla comunicazione e al marketing che portò la compagnia qualche anno più tardi a stringere un accordo con la Warner Bros per utilizzare i famosi personaggi dei Looney Tunes. “Moby blu mi costò solamente 840.000 dollari, cifra con la quale oggi non ti compri nemmeno uno yacht”. Da lì è partito il viaggio della compagnia che ha prima incrementato le rotte per la Corsica ed è poi sbarcata in Sardegna con la linea Livorno-Olbia e subito dopo Civitavecchia-Olbia. Su quelle tratte la concorrenza era con l’attuale grandissima “alleata” Tirrenia. “Scegliemmo e scegliamo i porti in base ai flussi di traffico e finora non abbiamo sbagliato”. E ora? E ora “è importante superare la tempesta. L’esplosione del costo del carburante è stata esorbitante. Basti pensare che oggi alla Moby il personale costa 40 milioni di Euro l’anno e il carburante 125 milioni. Le navi che collegano la Sardegna ne consumano 4.500 euro l’ora, praticamente il valore mensile di un ufficiale di coperta. Noi abbiamo risolto dando attenzione alla programmazione. E’ essenziale non sbagliare la rotazione delle partenze delle navi, tutto il gioco sta lì”.

Onorato si è reso protagonista in questi anni anche per un via vai con la Confitarma, l’Associazione degli armatori nella quale è subito rientrato perché “come diceva Antonio d’Amico, la Confitarma ha senso solo se ai tavoli siedono gli imprenditori e io mi ci sono riseduto”. Ma cosa serve alla politica per capire che l’Economia del Mare è uno dei settori più importanti per il nostro Paese? “Una volta avevamo il Ministero della Marina mercantile, ma in generale non c’è stata mai una particolare attenzione al lavoro degli armatori. A noi servono sostanzialmente due cose: la liberalizzazione delle strutture portali e politiche che avviano di nuovo i giovani al mare”.

Esattamente come l’armatore napoletano ha deciso di fare con la Scuola Vela di Mascalzone Latino, la sua sfida più grande e, forse, anche la sua gioia più grande. Nata nel luglio del 2009, prende il nome dal team velico fondato da Onorato nel 1993. “Con la scuola cerchiamo di avvicinare i ragazzi provenienti dai quartieri più difficili di Napoli al mare”. Gli si bagnano gli occhi di un’emozione incontenibile quando parla di quanti di loro ce l’hanno fatta, iniziando a vivere di mare. Ed è un’emozione da cui è impossibile non farsi contagiare. 250 ragazzi di una delle città più belle e marinare d’Italia ogni anno riescono ad abbandonare al mare le proprie inquietudini. “Da noi i ragazzi imparano un mestiere, studiano e socializzano”. Ed è per questo che Onorato non ha mai smesso di crederci e da oltre quattro anni finanzia di tasca propria una delle più sorprendenti ed entusiasmanti storie del nostro tempo. “La scuola è nata grazie alla collaborazione della Marina Militare, che ha messo a disposizione i locali di Molosiglio. Offriamo a titolo completamente gratuito, a tutti i ragazzi e ragazze di età compresa tra gli 8 ed i 16 anni e con disagiate condizioni sociali ed economiche, corsi di avviamento e perfezionamento alla vela, prefiggendoci lo scopo di offrire a questi ragazzi un’alternativa diversa, valori quali la lealtà, la forza ed il coraggio attraverso il mare. Da settembre abbiamo avviato corsi di avvicinamento ai mestieri del mare legati alla nautica da diporto e alla vela con particolare riferimento al ruolo dello skipper. Mi piacerebbe anche, perché no, supplire ad una grave mancanza del sistema formativo nazionale, quella di corsi dedicati ai comandanti dei superyacht. Noi dobbiamo dare ai ragazzi più sfortunati un’opportunità”.

Onorato ha scelto la sua Napoli, “città del mio cuore”, che come tanti ha dovuto lasciare per poter crescere economicamente. Sei volte campione del mondo, quello della vela è il suo vero mondo. “Per tanto tempo mi sono chiesto come mai a Napoli non esistesse una nuova generazione di campioni della vela. La risposta è semplice: perché a Napoli la vela è considerata un fenomeno da circolo, aperto solo ai figli di papà. A Trieste al contrario è roba di popolo”.

Roberta Busatto