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1° Forum Nazionale sulla Portualità e la Logistica: l’intervento integrale del Ministro Delrio

Del 4 Maggio 2016

Riportiamo l’intervento integrale del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio intervistato dal giornalista Francesco Giorgino durante il 1° Forum Nazionale sulla Portualità e la Logistica che si è svolto a Bari il 27 aprile scorso:

 

Perché ha posto il mare al centro della sua azione?

“Abbiamo organizzato questo Forum perché crediamo fortemente nel fare sistema. Crediamo fortemente che il nostro Paese abbia dei punti di debolezza e che tra questi il principale è che coloro che si occupano dello stesso argomento tendono ad occuparsene senza dialogare. E questo è un elemento che ci pare non inutile da affrontare, perché non è solo una questione filosofica imparare a lavorare insieme, è una questione che attiene agli obiettivi: chi non lavora insieme e si indebolisce. Come direbbero i professori, ci sono opportunità ma anche pericoli. Le opportunità si colgono lavorando insieme e i pericoli si evitano facendo sistema.

Io sono un uomo di montagna, ma ho qui un tributo da pagare alla capitaneria di porto che mi ha insegnato ad amare il mare molto di più, intanto perché i valori degli uomini di mare sono uguali a quelli degli uomini di montagna, stare nel mare è come stare in un rifugio, una vita essenziale, molto semplice, cosa che io amo molto: la sobrietà di vita e l’essenzialità di valori.

E poi mi sono convertito al mare perché ho guardato, arrivato al Ministero e in qualche modo anche prima da Palazzo Chigi, quello che è il nostro Paese. C’è un filosofo che dice “la geografia è già destino”, e se la geografia è destino vuol dire che l’Italia ha il suo destino nel mare.

Ho capito quanta rilevanza ha l’economia del mare per l’economia del Paese.

Abbiamo ad esempio affrontato a Palazzo Chigi la crisi di Taranto. Quanto è importante il porto per quella città e come gli investimenti mancati nel porto abbiano determinato una perdita per l’economia di quella città.

E’ molto chiaro a chi osserva che la nostra economia, il nostro sistema logistico, il nostro sistema industriale hanno bisogno del sistema mare, hanno bisogno del mare come porta di ingresso, di uscita; hanno bisogno del mare le città, perché le città si sentono parte del porto”.

 

Oggi siamo di fronte a un paradosso: mentre ragioniamo sulle modalità in cui rendere più veloce la circolazione delle merci a pochi chilometri da qui si stanno chiedendo come limitare la circolazione delle persone.

“Innalzare dei muri è una risposta velleitaria ai problemi globali. Le informazioni viaggiano, i nostri figli viaggiano collegandosi dal loro cellulare. Il mondo viaggia così, non si può pensare che i valichi che Cavour pensò nel 1850 per togliere l’isolamento dell’Italia dal resto di Europa tornino ad essere delle barriere.

L’Austria avrà un grandissimo danno economico. Noi avremo un grandissimo danno economico da questa cosa se avverrà.

Chiudere il valico del Brennero, cioè ridurre la circolazione di merci e persone, significa determinare non solo un danno economico ai Paesi, ma anche al processo di costruzione dell’Europa.

Ancora una volta, aiutiamoci ad avere uno sguardo largo.

Io so di essere stato anche antipatico in questi 12 mesi chiedendo a tutti, Sindaci, Presidenti di Autorità Portuali, operatori di avere uno sguardo largo e cioè di fare sistema. L’ho fatto perché pensavo di rendere il sistema più competitivo. E lo stesso vale per l’Europa.

L’Europa è competitiva rispetto alla Cina, all’India, ai grandi mercati globali se si pensa e si vive come la culla di certi valori, della democrazia, dell’uguaglianza, dell’accoglienza e insieme come un grande unico sistema economico”.

 

Il settore portuale incide in Italia per il 2,6% del PIL, un dato basso se paragonato ad esempio all’Olanda.

L’analisi dei dati ci dice che abbiamo perso traffici negli ultimi anni.

La cosa singolare è che ovunque vada, in qualunque porto io vada, tutti mi dicono che hanno i traffici in crescita. Però la somma di tanti + non può fare un segno – nazionale. Perché la matematica non è un’opinione.

Quindi vuol dire che ogni tanto qualcuno usa solo un parametro e non li usa tutti.

Noi abbiamo avuto una perdita di traffici almeno fino al 2013 abbastanza significativa, mentre nel frattempo crescevano in cifre i sistemi del Sud del Mediterraneo e del Nord del Mediterraneo. Quindi per essere seri dobbiamo avere aperti gli occhi bene sulla realtà e sapere che la competizione è seria perché se i contenitori scelgono di fare 5 giorni di navigazione in più e andare sul Northen Range invece di venire nei nostri porti ci sarà un motivo. Nessun operatore, se ha le condizioni giuste, sceglie la via più scomoda: è evidente, è banale. Il Porto di Trieste è competitivo per i mercati dell’Est e dell’Austria e così via, perché offre un servizio rapido di messa delle merci sul treno e via.

E’ evidente che è la capacità di essere al passo con le domande che ti rende competitivo. Quindi se vogliamo generare economia, possiamo generare economia, badate bene, non solo dalle merci, perché continuo a dire che non possiamo ragionare solo in termini di container ma anche ad esempio sul fatto che il traffico passeggeri e crocieristico è a doppia cifra e anche nei momenti di crisi ha sostenuto la nostra crescita.

Abbiamo 41 milioni di passeggeri e 10 milioni di crocieristi, siamo la meta più ambita in generale anche, purtroppo, grazie alle sciagure che sono successe agli altri Paesi, ma questa occasione non va sprecata.

Quando si parla di connessioni, di interdipendenza, connessioni globali e Mariani nel suo discoro ha fatto un esempio importante: a Bari il traffico crocieristico è calato per i problemi di Venezia. Bene c’è una interdipendenza. Non possiamo pensare che il sistema di Taranto sia isolato da Bari nell’area logistica pugliese. Ecco perché ho sempre detto, mi raccomando tendiamo a lavorare insieme, a fare unità.

Per ogni milione di passeggeri che sbarca nell’aeroporto di Bari, per un milione di passeggeri che sbarca sulle vostre banchine c’è un’economia indotta a cascata eccezionale. Il turismo è una risorsa di questo Paese da non sottovalutare, nel senso che è la principale industria potenzialmente, da un punto di vista culturale, da un punto di vista del mare, delle vacanze. E’ una delle principali risorse che abbiamo perché genera a cascata non solo economia ma anche comportamenti virtuosi, perché costringe la società che accoglie il turista ad organizzarsi. Quando tu hai molti turisti che vengono sulle tue spiagge non puoi avere spiagge sporche, non puoi avere strade sporche. Ti costringe.

Io vengo da una regione che fa 6-7 milioni di turisti all’anno pur avendo francamente un mare che ha poco a che vedere con quello che avete ad esempio qui, ma che ha organizzato la sua economia sulla base di questa accoglienza.

Quindi attenzione, non solo contenitori. Cerchiamo di capire che la vocazione dell’Italia non può essere solo quella di un grande deposito contenitori.

Anche se i contenitori sono assai significativi in termini quantitativi soprattutto perché il 70% di quello che noi riceviamo e quasi il 50% di quello che esportiamo viaggia via mare. Quindi è chiaro che fa parte della catena logistica di questo Paese. Catena logistica che va cominciata a pensare insieme. Un porto non può essere vissuto come una entità isolata ma come un nodo di una rete”.

 

Come la sua visione delle infrastrutture si cala dentro la riforma del sistema logistico e portuale? Ricordiamo che il suo slogan è stato “Opere utili più che opere grandi”.

“Noi abbiamo fatto un’analisi molto semplice; io essendo un medico sono abituato a partire dalla diagnosi. La diagnosi è questa: il Paese mancava di programmazione, non aveva pianificazione sulla portualità e la logistica e quindi era necessario dotarsi di uno strumento di pianificazione.

Uno strumento che mettesse in evidenza e potenzialità e le opportunità e mettesse in evidenza i nostri punti di debolezza.

Siamo partiti col piano strategico di sviluppo: un piano strategico definisce grandi obiettivi, grandi prospettive e anche le azioni per raggiungere questi obiettivi.

La mia visione è che questo piano strategico fosse accompagnato da altri piani di settori molto importanti e che parlassero con questo piano della portualità. Quindi il piano dei contratti di programma di Rete Ferroviaria Italiana e i contratti di programma di Anas.

Noi abbiamo detto a RFI, e abbiamo trovato una persona straordinariamente sensibile in Gentile e in tutto il suo staff, di riprogrammare anche le piccole opere nell’ultimo miglio ferroviario; di programmare la infrastrutturazione dei corridoi merci. Questo lo fai solo se i piani di settore si parlano insieme e hanno una regia.

Quindi l’azione mia e del Ministero è quella di fare da facilitatori e di programmazione dei piani di settore che devono raggiungere un unico obiettivo, e la politica secondo me deve avere questa ambizione, non di sostituirsi agli imprenditori, ma laddove è possibile di creare le condizioni affinché chi ha voglia di intraprendere, di fare, trovi nelle istituzioni pubbliche non un ostacolo ma un alleato.

E credo che le buone amministrazioni che si sono succedute qui in Puglia, con Vendola, Emiliano, ecc, abbiano dimostrato che in effetti le storie delle economie territoriali possono modificarsi se gli enti locali, le istituzioni, le autorità portuali siano orientati a favorire le imprese, il loro successo, lo scambio delle nostre merci”.

 

Autorità portuali: quanta difficoltà c’è stata a proporre questa visione di insieme?

“Tanta. Noi abbiamo 54 porti di interesse nazionale e io credo che 14/15 sistemi portuali siano un buon numero. Si può fare meglio, credo. Per esempio io vi dico con molta franchezza che parlando con i cinesi, con gli ambasciatori, con i miei colleghi, loro non capiscono perché noi non abbiamo un’unica autorità portuale del Nord adriatico, per esempio, non capiscono la differenza. E’ chiaro che sono abituati a dimensioni diverse.

Ci sono state tante difficoltà ma io sono abituato, con la riforma delle province, delle città metropolitane, a far passare il concetto della cooperazione istituzionale. E’ molto rilevante.

Abbiamo fatto adesso un esperimento molto importante sulla logistica con, Piemonte, Liguria e Lombardia.

E’ molto importante per esempio che la Puglia ragioni come un’unica area logistica integrata. Io ho presentato a Bruxelles il piano operativo nazionale in cui c’è un’unica area logistica integrata quindi le autorità portuali devono ragionare molto strettamente, perché altrimenti quella potenzialità non viene sfruttata fino in fondo.

Quindi molte difficoltà ma siamo partiti con il consenso di tutti finalmente, con qualche discussione di troppo forse, ma comunque in meno di un anno abbiamo portato a casa il piano strategico, i decreti, diversi passi della riforma”.

 

Gli operatori che contributo hanno dato e possono dare?

“Nelle condizioni date, lo dico con molta franchezza, lo sapete non sono abituato a fare i complimenti, gli operatori sono stati davvero la chiave di questo successo, perché fin da subito hanno capito la direzione che volevamo prendere. Noi possiamo avere potenzialità di successo perché gli operatori italiani sono straordinariamente bravi: i servizi tecnico-nautici, la nostra capitaneria di porto, sono invidiati in tutto il mondo. Gli italiani sono davvero bravi e questo è un elemento, importante anche quando vai a discutere all’estero.

Se abbiamo vinto definitivamente il tema del regolamento delle clausole sociali in Europa, con autorevolezza, lo abbiamo fatto anche grazie alla professionalità grandissima dei nostri operatori. Quindi grazie davvero, perché loro sono stati e sono decisivi sempre.

Devo sottolineare anche una sorpresa per me: l’agenzia delle dogane ha fatto un lavoro incredibile. Quindi ringrazio il direttore Peleggi e i suoi uomini. In questo anno e mezzo stiamo portando avanti le nuove procedure del pre-clearing con un grande coraggio, che non è usuale nelle Agenzie dello Stato. Stiamo facendo cose straordinarie. Vedo muoversi il sistema con grande voglia di fare, di concludere, i piloti, gli ormeggiatori, le capitanerie, le agenzie, non cito tutti ma insomma tutti sono partecipi”.

 

Con i territori (Regioni e Comuni) come è andata e come sta andando?

“Con i territori è andata abbastanza bene. Come diceva Emiliano sono miti e combattenti. Io sono mite e basta. I Sindaci sono davvero i nostri alleati principali, sono innamorati del porto come parte della città. Le Regioni hanno svolto un ruolo molto importante nell’accompagnare la riforma e possono svolgerlo ancora di più anche nei prossimi mesi, con ancora più coraggio, continuando ad abbracciare lo spirito della riforma fino in fondo, non sfruttando delle possibilità di rinvio di alcune decisioni.

Sono stati collaborativi. La discussione è andata bene. Tutti quanti mi sembra si rendono conto dell’importanza della filiera logistica.

La dimostrazione che le Regioni e i Sindaci hanno avuto coraggio è quanto è avvenuto in Piemonte, Lombardia e Liguria. Ad esempio il Piemonte ha aperto da alcuni mesi l’idea che il Porto di Genova è il loro porto. Sembra una cosa scontata ma non lo è. Non se ne discuteva più. Nell’ultimo anno se ne è discusso di nuovo. Che la Lombardia pensi che il Porto di Genova è il proprio porto e che Genova e Savona insieme sono il più grande sistema di accesso delle merci per la zona Nord Ovest è molto rilevante.

Io sono andato a Genova all’associazione industriali dove tutti volevano parlare del presidente nuovo dell’Autorità Portuale e invece io ho proiettato un filmato del governo svizzero, in cui la ministra dei trasporti fa vedere in che modo devono arrivare le merci in Svizzera nei prossimi anni, partendo dal Porto di Genova. I genovesi non sanno che gli svizzeri puntano su Genova! La Svizzera ha tracciato tutte le linee infrastrutturali e dice di essere pronta nel 2021. Mi hanno chiesto di organizzare la filiera del porto di Genova. Loro pubblicizzano questa cosa perché sanno che le merci devono viaggiare sempre più su ferro. La comunità europea dice che dal 2030 il 40% delle merci dovrà passare dalla gomma al ferro.

Tutti i paesi europei si stanno concentrando su questo. Presto o tardi arriverà una legge che dirà che è finita, che non si potrà più far viaggiare le merci su camion per centinaia di chilometri. Ci dirà di fare le autostrade del mare, i ro-ro. Su questi campi noi siamo molto competitivi. Abbiamo grandi possibilità, perché sui corridoi merci ci stiamo attrezzando, come ci dirà più avanti il dottor Gentile, gli investimenti fattivi che facciamo, risorse che in un anno e mezzo abbiamo messo a disposizione per ultimo miglio e corridoi per adeguarci e per prepararci al 2021. Perché non è possibile che la Svizzera ci possa dire noi siamo pronti, voi dove siete”.

 

Dal punto di vista della logistica e della portualità c’è una distanza tra Nord e Sud d’Italia?

“Si, c’è una distanza oggettiva, generale. Per esempio Gioia Tauro funziona come hub container ma abbiamo dovuto stimolare noi che partissero dei treni e potremmo fare ancora di più ma ci vuole del tempo per recuperare. Il grande Porto di Napoli non ha un vero collegamento ferroviario. Questo è il punto. Quindi c’è stato un ritardo su molte questioni, di programmazione, di investimenti e di investimenti non realizzati. E’ vero che stiamo facendo un grande sforzo e stiamo recuperando molto terreno, perché adesso gli investimenti viaggiano, abbiamo altri 200 – 250 milioni di investimento previsti entro fine anno. Acceleriamo. Però c’è una distanza, è inutile nasconderselo.

La mancata esecuzione dei dragaggi a Napoli ha provocato un grandissimo danno economico. Il mancato pensiero su come le merci si muovono una volta arrivate nel porto sta provocando un grandissimo danno”.

 

Il tema delle gelosie territoriali è più avvertito nel Sud o nel Nord?

“Abbiamo lo stesso difetto a tutte le latitudini. Tutti vogliono difendere le loro cosine. C’è da dire che credo sia chiaro a tutti che noi siamo pronti ad andare nei territori, a discutere, perché ci fa piacere, perché sappiamo che tutto conta nella vita di una comunità. Ma, e lo dico con molta franchezza, noi non intendiamo rinunciare a fare un forte coordinamento nazionale. Nessuno di noi vuole sostituirsi alle autorità locali, al protagonismo delle autorità portuali, ma non amiamo un’anarchia di programmazione e di comportamento. Deve essere chiaro a tutti. Il regolamento delle concessioni deve valere per tutti. Non è possibile che uno le regala e un altro le dà per cinquant’anni, perché non funziona così. Questo Paese deve anche abituarsi ad avere delle regole comuni. Con delle regole comuni, ognuno esprime la sua autonomia, la sua fantasia, la sua capacità, ma le regole comuni sono quelle; poche, pochissime regole: come voi sapete abbiamo fatto il nuovo Codice degli appalti che prima era di 700 articoli più innumerevoli regolamenti e regolamentini, più c’erano da recepire 3 regolamenti europei e noi in tutto questo abbiamo fatto 218 articoli, quindi figuratevi quanto io ami la semplificazione e quanto pensi che nell’eccesso delle leggi stia l’inizio della tirannia, come dicevano gli antichi. O come direbbe Manzoni nell’eccesso delle leggi non c’è la garanzia della legalità. Io sono per la massima semplificazione, però noi non possiamo stare in questa situazione. Per fortuna siamo alla conclusione ma la legge delle concessioni erano 10 anni che mancava”.

 

Mare, economia e ambiente: in che modo l’economia del mare è compatibile con le esigenze dell’ambiente?

“Chiaramente, anche per le cose che abbiamo detto prima sul turismo, è evidente che il nostro bene più prezioso, insieme alla nostra storia, alla cultura del Mediterraneo è esattamente la qualità del nostro ambiente. Abbiamo bisogno anche delle autorità portuali e qui si che dobbiamo recuperare un po’ di gap. Abbiamo una distanza da recuperare sulla sostenibilità dei nostri porti, sul fatto di usare di più le fonti rinnovabili, sul fatto di promuovere accoglienze di un certo tipo, più orientate al rispetto dell’ambiente, alla cura dei traffici. E’ evidente che non posso chiedere dove c’è un traffico ro-ro di togliere i camion, però è altrettanto evidente che la mentalità di chi organizza i porti deve essere orientata in una maniera nuova, alla sostenibilità, all’utilizzo di fonti alternative. Questo è un elemento di innovazione che ritengo decisivo al pari dell’innovazione tecnologica. Le due cose su cui siamo ancora un po’ indietro sono proprio queste due: ambiente e innovazione, anche se su quest’ultima stiamo facendo molto con la catena logistica digitale negli ultimi mesi.

Sull’ambiente bisogna lavorare molto, anche perché i nostri porti tra l’altro sono belli. Sono belli, perché sono porti di città e hanno delle zone bellissime che vanno valorizzate, che vanno fruite dalla città e dai turisti”.

 

Gli asset del piano nazionale della portualità e della logistica: eco-bonus (ferrobonus e marebonus), ultimo miglio ferroviario, lo sportello unico doganale e lo sdoganamento preventivo, la semplificazione per escavi e dragaggi e nuovo regolamento delle concessioni demaniali.

“Queste cose sono già realtà. Siamo al punto in cui noi abbiamo fatto le cose, anche operativamente e amministrativamente. Come sono già realtà i fast corridor, cioè la possibilità delle merci di avere corridoi veloci, pur con tutte le potenziali critiche o aggiustamenti che potremo fare. Quindi abbiamo fatto gran parte del lavoro amministrativo. Adesso questo aiuterà molto. Aiuterà alcuni porti a fare subito i dragaggi. Aiuterà molto e sta aiutando l’attività degli operatori.

Quella di oggi non è una giornata in cui diciamo vedremo cosa succederà adesso che va a regime anche il decreto di semplificazione della governance, ma in cui possiamo già discutere su come migliorare le cose che già stiamo facendo.

Questo è un elemento molto importante: capire che questa non è una riforma di cui si attenderanno i decreti attuativi, è una riforma che si è già cominciata a implementare giorno dopo giorno, nell’approvazione dei contratti di programma con RFI, nel lavoro dell’agenzia delle dogane, nel regolamento delle concessioni che sta per essere approvato in Consiglio di Stato in maniera definitiva. Siamo pronti. Poi c’è da verificare alcune questioni, queste si, che ancora non sono completamente al livello che io vorrei.

Per esempio la revisione dei nostri progetti nei porti, l’abbiamo già fatta? Non del tutto. Gli investimenti programmati ancora non sono stati revisionati insieme per capire quali sono realmente utili in prospettiva. E’ un lavoro che dobbiamo fare. E’ un lavoro che io vorrei fare al più presto. Anche perché ci siamo concentrati sul codice appalti non per fare una riforma ma perché è evidente che con il nuovo codice appalti possiamo adesso revisionare gli investimenti programmati, che sono lavori pubblici. Abbiamo anche lo strumento normativo semplificato però dobbiamo fare questa revisione progettuale, dobbiamo eleggere una nuova governance. E su questo dico, in primis alle autorità pugliesi, che ci sarà un grosso ruolo delle autorità locali perché la governance è fatta da un rappresentante della Regione, uno del Ministero, uno della città metropolitana/Comune, quindi non c’è il tema del centralismo. Però c’è il tema che io mi riservo la facoltà di controllare, di coordinare, di avere una funzione di indirizzo perché il porto di Bari, ad esempio, non appartiene solo a Bari, ma a un sistema mediterraneo, a una rete TEN T, è un pezzo di un sistema più ampio”.

 

Ora come si procederà?

“Noi ora stiamo lavorando all’aggiornamento dei contratti di programma con RFI. Poi vogliamo presentare il piano in ogni porto degli investimenti sicuri che facciamo per tutelare la connettività, le connessioni che siano stradali o ferroviarie. Bisogna che sia chiaro a tutti gli operatori quali sono le catene logistiche a cui appartengono. Vogliamo far sedere tutti intorno a un tavolo. Ora apriremo quello in Puglia, come quello che abbiamo aperto nel nord ovest, in cui le tre Regioni stabiliscono i viaggi delle merci, quali sono i porti, quali le connessioni ferroviarie, o quelle stradali. In Puglia dobbiamo fare lo stesso. Dobbiamo analizzare in maniera dettagliata gli investimenti, vedere quali sono i coni di bottiglia e poi darci degli obiettivi di priorità. E’ chiaro che tutti gli investimenti sono importanti ma è altrettanto chiaro che alcuni investimenti sono più importanti di altri per acquistare competitività. Noi continueremo a lavorare sui territori, con i presidenti delle autorità portuali, con i presidenti delle regioni, con i sindaci, per pianificare i prossimi 3-4 anni in modo che loro possano dire agli operatori queste sono le cose che io farò, ma dirlo seriamente però. Non per il titolo del giornale. Perché fino adesso ha funzionato così: ho ricevuto 2 miliardi e quindi farò 1-2-3-4-5-10-15 cose. Io vorrei che potessimo dire che abbiamo preso i soldi giusti per fare le 3-4 opere giuste per rendere subito competitivo di più il nostro porto rispetto, non al porto di Ancora, ma rispetto ai porti del Nord Europa e del Sud Europa. Quindi noi continueremo a lavorare insieme. Oggi è un momento di riflessione più complessiva sul piano strategico ma adesso andremo dentro alla parte più concreta dei regolamenti, sulle risorse pubbliche e private, come dare più potenza alla nostra infrastrutturazione portuale, perché oggi l’Italia è al 55esimo posto nel mondo per infrastrutturazione portuale. Non siamo molto indietro rispetto alle infrastrutture stradali, siamo primi rispetto all’alta velocità ferroviaria, poi lasciamo stare le linee regionali, ma siamo molto indietro rispetto alle infrastrutture portuali. Quindi c’è qualcosa da mettere in ordine lì. Molti presidenti delle autorità portali hanno capito benissimo, perché sono bravi, cosa bisognerà fare, cosa bisogna programmare, quindi il compito è facile. Però questo è un lavoro che dobbiamo fare nei prossimi mesi con grande intensità perché il Paese ha bisogno che i lavori nei porti comincino e viaggino a ritmi sostenuti”.