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Economia del Mare: intervista esclusiva al global coordinator Nomisma Mare Bruno Dardani

Riflettori accesi sull’Economia del Mare

Del 23 Luglio 2022

Qualche giorno fa Nomisma Mare, la nuova divisione Nomisma, ha reso noto un primo instant report, secondo il quale aggregando e integrando le differenti attività economiche, commerciali, produttive, turistiche ed energetiche correlate al mare si supera in Italia il 25% del PIL nazionale.

Un dato sicuramente interessante e incoraggiante.

Per approfondire maggiormente i criteri di analisi utilizzati e gli obiettivi di Nomisma Mare abbiamo intervistato il suo global coordinator Bruno Dardani.

Quali sono gli obiettivi di Nomisma Mare?

Nomisma mare nasce da uno studio condotto, in particolare sotto la mia guida per circa un anno e mezzo, su tutti gli aspetti dell’economia del mare di cui non si parla mai.

Sostanzialmente nel nostro Paese di economia del mare si parla solo in relazione alla flotta mercantile, ai porti, alla logistica e ai container e forse alle crociere e ai traghetti; tutto il resto dell’economia del mare, nonostante il nostro sia un paese di oltre 7500 km di costa, non se l’è mai filato nessuno, passami il termine…

Sostanzialmente vogliamo evidenziare l’economia del mare nelle sue varie declinazioni. Cosa vuol dire? Ad esempio il turismo marittimo: il 60% dei turisti stranieri viene in Italia con motivazione mare e non città d’arte come molti dicono. Tutto quello che è connesso col turismo marittimo e quindi alberghi e gestione spiagge, gestione anche della logistica di questo settore e per riflesso ad esempio cosa significa l’erosione delle spiagge e cosa ha significato in questi anni. Negli ultimi cinquant’anni, banalmente perdendo fine di ombrellone, ha significato 35 miliardi buttati via dal Sistema Paese.

Oggi ci sono due discorsi, due grandi tematiche che hanno acceso i riflettori sull’economia del mare. Da un lato il problema energia: tutte le speranze di affrancamento dalla dipendenza dalla Russia sono legate esclusivamente alla capacità di gestione di un nuovo sistema di approvvigionamento via mare e anche di sfruttamento di risorse marine, che il nostro Paese non ha mai sfruttato, anche per ridotti contrasti che ci sono stati nel mondo ambientalista e via di questo passo.

Il secondo tema è che quello che sta accadendo non solo in Ucraina ma anche in Medio Oriente: i nuovi assetti che si stanno creando hanno rispostato sul Mediterraneo l’asse dell’attenzione, anche di importanti soggetti internazionali, basti pensare alla NATO e sappiamo quanto siano delicati questi rapporti. L’Italia, direi usando la frase di Molière “malgré lui”, si è riscoperta centrale nello scenario geopolitico internazionale, perché Mel mediterraneo, non vorrei usare l’espressione abusata e cioè che l’Italia è una portaerei allungata sul Mediterraneo, ma effettivamente a livello internazionale è considerata di un valore strategico insostituibile.

A questo si somma anche un valore commerciale potenziale straordinario, basti pensare che i recenti accordi di Abramo, e questo è stato il secondo filone di studio, quelli che hanno portato non a una pacificazione ma comunque a un avvicinamento pacifico proprio fra grandi paesi dell’area araba e Israele, stanno schiudendo una prospettiva anche in termini di grandi operazioni di ricostruzione di importanza basilare anche per le imprese italiane. Ti do un dato: la sola ricostruzione di Beirut è valutata intorno agli 850 miliardi di dollari. Qualcuno la dovrà ricostruire e l’Italia è uno dei paesi industriali più vicini a quel mercato.

Quali sono i settori che avete considerato nello studio?

Partiamo dal settore più coperto anche dal punto di vista informativo che è quello commerciale-mercantile, quindi l’interscambio marittimo via mare, che riguarda i porti, la flotta, i cantieri navali e tutte le attività connesse di agenti marittimi, spedizionieri e via di questo passo.

Questo settore ha una ricaduta essenziale su tutta la gestione della logistica verticale, sulla quale grandi gruppi si stanno interessando all’Italia, è il caso MSC ad esempio.

Il secondo grande mega settore è quello del turismo che accennavo prima.

il terzo grande settore è quello dell’energia.

Il quarto grande settore è quello della ricerca e sviluppo di nuove tecnologie.

Non a caso fra gli obiettivi di Nomisma mare, ci sarà in autunno il varo di un’iniziativa editoriale sul web che porti all’attenzione del mercato italiano e delle imprese italiane tutto quanto di innovativo verrà fatto o è in corso di progettazione o studio, nel mondo per quanto riguarda le nuove tecnologie applicate al mare. Che vuol dire sfruttamento delle correnti per fare energia, ma vuol dire anche protezione dall’inquinamento, nuovi carburanti, insomma tutto quello che è relativo al mare. Come anche i processi di messa in sicurezza di alcune grandi attività che si svolgono sul mare.

Ultimo ma solo perché è l’ultimo che ti cito, un argomento sul quale vorremmo molto focalizzare l’attenzione è l’economia delle isole. Sulle isole italiane vivono 8 milioni di persone, quindi circa il 15% della popolazione italiana e l’economia delle isole ha delle caratteristiche particolari. Sarebbe essenziale riuscire, anche per dare una mano effettivamente a un utilizzo più razionale e meno confusionario di queste economie, analizzare anche cosa si fa all’estero.

Una delle basi di Nomisma Mare sarà quello di avere un rapporto con grandi centri di ricerca internazionali e quindi cercare di alzare un po’ l’asticella facendo un benchmarking di quanto accade nel mondo.

Individuando non solo diciamo la consistenza dei dati che è andata ad analizzare ma anche le prospettive di sviluppo?

Esatto, le possibili soluzioni.

Relativamente alla ricerca e sviluppo delle nuove tecnologie, ci sono anche dei player italiani in ballo o parliamo di grandi investimenti internazionali anche sul territorio italiano?

Ci saranno anche dei player italiani. Infatti contiamo nelle prossime settimane di annunciare alcuni soggetti che affiancheranno Nomisma mare nel suo lavoro di ricerca.

Invece per quanto riguarda gli altri settori legati al mare che non mi hai citato, tipo la pesca e l’acquacoltura faccio un esempio, ci sono nel vostro istant report?

Non li ho citati perché sono considerati nello sfruttamento delle risorse marine.

L’Italia, lo sannoin pochi e io l’ho scoperto facendo ricerche insieme a miei collaboratori, è il secondo paese al mondo per l’acquacoltura, ha un fatturato spaventoso e la pesca ha delle problematiche che si intersecano in modo pressoché quotidiano con le problematiche di equilibri geopolitici nel Mediterraneo.

L’obiettivo finale di Nomisma mare è quello di mettere in contatto, in dialogo, realtà che non si sono mai parlate. Ora se in un paese, un quarto del PIL non si parla nemmeno fra di loro, un quarto delle aziende che rappresentano il PIL nazionale non si parlano fra di loro, è una grande occasione sprecata.

Figuriamoci se la politica può rendersi conto di quanto sia effettivamente il valore dell’economia del mare…

Nomisma ha compiuto per tempo una scelta di sganciarsi dalla politica, anche perché gli era stata attribuita per un certo periodo una vocazione politica e quindi è una società di studio, consulenza e di analisi. È chiaro che il portare alla luce questa realtà avrà un inevitabile riflesso politico, magari di far aprire gli occhi anche a qualcuno sull’importanza di coordinare questa attività.

Quello che avete presentato è un instant report, avete in programma di fare anche un rapporto più strutturato?

Si, l’intenzione è di fare due cose: sia un rapporto più strutturato una volta all’anno su tutto il settore, sia di mettere in connessione tutte le associazioni imprenditoriali che gravitano su questo settore e diventare una sorta di salotto buono all’interno del quale queste associazioni dialogano.

Roberta Busatto,
Direttrice Economia del Mare