di Angela Iantosca
Si chiama “I pionieri dell’archeologia subacquea” ed è un cortometraggio di cinque minuti sognato e pensato da Emanuela Gargallo, figlia di Pier Nicola colui che ha dato forma e vita per primo all’archeologia subacquea quando di fondali marini non si occupavano in molti e sicuramente non applicando quello stesso tipo di scientificità messa a sistema già da decenni sulla terraferma durante uno scavo.
Presentato in anteprima questa estate all’Ortigia Film Festival, di cosa parla il cortometraggio?
“Dell’avventurosa nascita dell’Istituto Mediterraneo di Archeologia Subacquea a Siracusa, tra la Sicilia, l’isola di Malta e l’Inghilterra, grazie a a mio padre Pier Nicola fondatore dell’Istituto. Un racconto che è stato possibile grazie agli antichi archivi e interviste da lui rilasciate. Sulle tracce di mio padre, infatti, facciamo riaffiorare un mondo sommerso non solo archeologico, ma di relazioni tra uomini e donne che intrapresero per passione un’avventura pionieristica dopo la Seconda guerra mondiale negli anni Cinquanta, dando vita ad una nuova branca dell’Archeologia, quella subacquea”.
Perché ora questo documentario?
“Perché ho trovato molto importante, in un momento di crisi generale come questo, mostrare quanto all’epoca si faceva moltissimo con poco, rispetto ad un presente in cui abbiamo più mezzi, ma per un motivo e per un altro questi progetti e sogni non vengono portati avanti. È stato estremamente interessante vedere quale era la collaborazione a livello di relazioni umane tra le persone, come operavano, con quali tempi, con quale disponibilità e i risultati che riuscivano ad ottenere. E vedere anche la proficua collaborazione tra pubblico e privato. Già all’epoca il privato, cioè mio padre che negli anni Cinquanta è stato insieme ad altri un pioniere in Sicilia dell’archeologia subacquea privata, ha goduto del supporto del pubblico per ricevere autorizzazioni a queste spedizioni e immersioni per il recupero dei reperti”.
Il suo è stato sicuramente un lavoro certosino di recupero di materiale.
“Alcune cose le avevamo nell’archivio privato di mio padre, poi avevamo delle immagini di filmati dell’epoca in bianco e nero e a colori. E qualcosa anche ci è stato dato della Royal Navy grazie a Nic Fleming, amico di mio padre e che oggi è un noto oceanografo”.
C’è l’idea di dare vita ad un lungometraggio?
“Il filmato è il teaser in vista di un futuro documentario basato su documenti inediti dell’archivio privato di mio padre e vuole mettere l’accento sull’importanza e l’urgenza della protezione del nostro patrimonio subacqueo sottolineata al tempo anche dall’Unesco. Stiamo cercando dei finanziamenti, perché l’idea è di recuperare le origini, le tracce della nascita dell’archeologia subacquea, ma anche di far vedere come queste esplorazioni del mare, del fondo marino possono portare a galla reperti che indicano in qualche modo l’unione di tutto il Mediterraneo. Sopra il mare vi sono conflitti, sotto il mare no: siamo dei popoli uniti. Il Mediterraneo, infatti, è il nostro comune terreno sottomarino e ci aiuta a capire che veniamo tutti da uno stesso sostrato, che è importante proteggerlo e ritrovare questa unione”.
Che ricordi ha di suo padre esploratore?
“Sono nata sul finire delle sue esplorazioni, quindi non ne ho memoria. Ma, raccogliendo il materiale, ho ricostruito la figura di mio padre e mi ha colpito proprio la rete di relazioni con storici, antropologi, americani, inglesi, tedeschi. Tutti venivano interpellati. Il mondo degli studiosi era in forte relazione: c’era competizione, sicuramente, ma anche tanta collaborazione per arrivare a scoperte importanti, come lo è stato il ritrovamento di una grossa quantità di ancore romane che si trovano a Malta e del cui ritrovamento vorremmo parlare nel documentario. O come il ritrovamento degli oggetti a bordo di navi affondate nell’antichità nei mari tra Sicilia e Grecia. O il ritrovamento nei pressi di Marzamemi di un’architrave di una chiesa bizantina. Si tratta di pezzi che venivano trasportati per poi ricostruire nelle varie colonie. Questi ritrovamenti ci permettono di comprendere anche i movimenti dei Greci, le attività, i periodi…”.
Quale influenza su di lei ha esercitato il mare e l’archeologia?
“La cultura Greca e antica è sempre stata respirata a casa. Mio nonno era un classicista: diede vita lui alle rappresentazioni teatrali a Siracusa nel 1914. Io personalmente mi sono occupata di antropologia in Italia e in Francia e per anni ho avuto una casa editrice. E ovviamente il mare è una grande passione: penso rappresenti il nostro inconscio. Scavare, andare nei fondali e trovare reperti è come scavare nell’inconscio!”.
Cosa ha scoperto di suo padre che non sapeva?
“Di mio padre ho scoperto l’importanza delle relazioni, del relazionarsi con una grande varietà di persone, ma ho scoperto anche la sua amicizia con i pescatori, con le persone del luogo. Lui organizzava le barche, le spedizioni: non era solo quello che aveva fondato l’Istituto, ma era anche un uomo concreto. Qualcosa che manca forse alla contemporaneità: coniugare il sapere all’azione materiale. In fondo un archeologo è un operaio del mondo antico. Quando mio padre cominciò c’era sicuramente l’Archeologia sulla terra, ma per la subacquea non c’erano archeologi formati come subacquei e viceversa. Allora si è capito quanto fosse importante il connubio. E così si è iniziato a comprendere anche quanto i fondali fossero luoghi non da depredare, ma da conoscere, amare, riscoprire e dove lavorare, nel suo rispetto. Come accade con i parchi subacquei la cui creazione può dar vita sicuramene a nuove attività lavorative… Perché il mare può essere una grande risorsa per l’economia!”.
“I pionieri dell’archeologia subacquea”: info
Regia: Emanuela Gargallo
Produzione: Emanuela Gargallo
Sceneggiatura: Carla Giulia Casalini
Montaggio: Silvia Di Domenico
Musiche: Mauro Tiberi.