“La Blue Economy produce un valore aggiunto pari a 51,2 mld di euro, mentre il valore aggiunto attivato è di 84,8mld di euro. Nel complesso incide sul totale dell’economia nazionale per il 9,1%. Particolarmente rilevante è il contributo dei trasporti marittimi con un valore della produzione di oltre 12mld di euro. Se si considera che circa il 90% delle merci mondiali compie almeno una tratta via mare, la posizione geografica del nostro Paese risulta particolarmente vantaggiosa per lo sviluppo della Blue Economy. Il “mare nostrum” è crocevia di numerose importanti direttrici di traffico. L’industria armatoriale è dunque al centro delle maggiori sfide geopolitiche del nostro Paese, in termini di fabbisogno energetico e decarbonizzazione. In questo contesto, la sfida della transizione sostenibile è certamente tra le più grandi del nostro tempo. Tutta l’industria italiana è ambiziosa e non teme le sfide. Siamo convinti che la politica debba premiare i migliori prodotti e servizi, senza imporre a priori scelte non adeguatamente valutate sotto il profilo della sostenibilità economica e sociale, e in alcuni casi anche ambientale. La nostra industria, infatti, ha adottato da tempo un approccio responsabile alla produzione e alla fornitura di servizi e prosegue in questa direzione. Ma si tratta di percorsi che richiedono tempo. Per questo, nel Progetto Mare, abbiamo delineato specifiche linee di politica industriale con lo scopo di supportare l’esigenza di base dei principali comparti industriali marittimo portuali per consentire di affrontare realisticamente le sfide della transizione energetica”.

Pasquale Lorusso, Vice Presidente di Confindustria per l’Economia del Mare nel suo intervento alla seconda edizione di “Economia del mare. Blue companies to green transition”, l’evento del Sole 24 Ore, live&digital da Genova, Palermo e Venezia che si sta tenendo oggi.

Foto Ufficio Stampa Confindustria