Home > Interviste, Turismo > Il mare protagonista del paesaggio italiano

Il mare protagonista del paesaggio italiano

Intervista al Ministro dei Beni e Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini

Del 23 Maggio 2017

Il 14 marzo si è svolta la prima Giornata nazionale del paesaggio. Secondo lei, quanto c’è di mare nel paesaggio italiano?

Con quasi 7.500 chilometri di coste il mare è senz’altro un protagonista del paesaggio italiano. Non è un caso che una delle menzioni tematiche della Prima Giornata Nazionale del Paesaggio sia andata al recupero dell’area di Monte Orvile nel Comune di Posada in provincia di Nuoro, dove è stata realizzata un’area ad alta sostenibilità turistica con il recupero della pineta che garantisce la protezione delle dune dal vento, un parcheggio di scambio per minibus elettrici e una stazione di cicloposteggio e bike sharing comunale.

 

In che modo le politiche di sostegno alla cultura e al turismo possono integrarsi con quelle in atto per l’Economia del Mare portate avanti dai suoi colleghi, in primis il Ministro Delrio con la sua Riforma portuale?

La riforma delle autorità portuali, con il rilancio del settore crocieristico, si integra pienamente con le politiche intraprese per la cultura nell’ultimo triennio. La rivoluzione museale, che ha reso finalmente autonomi i musei statali, dotandoli di un bilancio, di un consiglio di amministrazione, di un consiglio scientifico e affidandoli alla guida di direttori scelti con bando internazionale, interessa molte realtà in stretta connessione con l’economia del mare: il Museo di Capodimonte e il Museo Archeologico Nazionale a Napoli, i parchi archeologici di Ercolano, Pompei e Paestum, il Palazzo Ducale a Genova, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, i Musei Archeologici Nazionali di Taranto e Reggio Calabria sono ora in grado di diventare potenti attrattori di quel turismo culturale che già si riversa sui nostri porti.

 

Come si può rendere Nautica e Turismo un binomio vincente?

La nautica italiana crea occupazione e lavoro, è un settore per il quale siamo leader globali. È un’industria di eccellenza, perché porta l’immagine del Paese nel mondo e traina anche il turismo, così come fanno in modo differente il nostro patrimonio culturale, la moda, la cucina, il paesaggio e lo stile di vita. Per questo unire tutti questi elementi in una visione comune che preveda un’offerta diffusa su tutto il territorio nazionale, seguendo il nuovo Piano Strategico del Turismo, è vitale per la crescita sostenibile del turismo nel nostro Paese.

 

A novembre del 2016 è stato sottoscritto il primo contratto di sviluppo per i beni culturali e il turismo nelle isole italiane e del Mediterraneo: quali sono i suoi obiettivi e i principali risultati attesi?

Le isole italiane rappresentano un patrimonio straordinario di biodiversità, cultura e storia e devono diventare un laboratorio di sostenibilità. Il volume del turismo sta conoscendo una crescita esponenziale a livello globale. Crescono le destinazioni concorrenti e al contempo aumenta fortemente il numero di potenziali viaggiatori. Fino agli anni Settanta, quando i viaggiatori a livello mondiale erano 25 milioni, l’Italia era la prima meta del turismo internazionale, oggi con un miliardo e mezzo di turisti siamo quinti. In questo scenario ci sono enormi potenzialità per le nostre realtà insulari, custodi di un’anima integra e autentica fatta di cultura, paesaggio, qualità della vita, prodotti e sapori.

 

Mare e viaggio, mare e migrazione, mare e integrazione. Intorno a questi concetti l’Italia può assumere un ruolo di leadership nel Mediterraneo?

Il Mediterraneo è da sempre un mare lungo il quale viaggiano uomini, merci e idee, un potente crogiuolo di civiltà al cui centro si trova l’Italia. Se saremo capaci di fare della cultura un elemento di unione e non di contrapposizione potremo giocare un ruolo di primo piano nel suo contesto. Per questo motivo due anni fa il Ministero dei beni e delle attività culturali ha lanciato Migrarti, un premio destinato all’espressione artistica e culturale delle comunità presenti nel nostro Paese: solo attraverso la conoscenza di queste realtà può avvenire quel confronto che può portare a un’autentica integrazione.

 

Qual è il futuro delle aree archeologiche costiere e marine e dei Musei del Mare italiani?

In primo luogo se ne sta assicurando la tutela, e in tal senso sono arrivate le risorse per salvaguardare siti come quello di Kauolonia. Poi dovranno essere promossi e integrati nella promozione rivolta a chi sceglie il nostro mare.

 

Che importanza attribuisce alla riqualificazione architettonica dei waterfront e delle aree portuali?

Notevole, come dimostra il fatto che nel contesto del miliardo di euro destinati dal CIPE alla cultura ben 50 milioni andranno al recupero di Porto Vecchio di Trieste. Questa è una delle sfide più importanti che il Paese dovrà affrontare nei prossimi anni. Il porto voluto dagli Asburgo è un posto incredibile e può diventare una delle operazioni più importanti in Europa di riqualificazione di un’intera città.

 

Lei si è reso protagonista della risoluzione ONU sulla tutela del patrimonio culturale e dell’organizzazione del primo G7 Cultura della storia. In quella occasione è stato sottoscritta la cosiddetta dichiarazione di Firenze. Qual è il valore di questo documento e quali i suoi obiettivi principali?

Con la dichiarazione di Firenze i ministri della cultura dei sette Paesi più avanzati del mondo hanno condannato la distruzione del patrimonio culturale e chiamato la comunità internazionale a un maggiore impegno nel contrasto al traffico illegale di beni culturali e nelle azioni di tutela per la salvaguardia di siti archeologici, monumenti, opere d’arte, beni librari e archivistici nelle zone belliche. È l’affermazione di un importante principio arrivata a pochi giorni dall’approvazione in Consiglio di Sicurezza dell’Onu di una risoluzione che getta le basi per i caschi blu della cultura, il risultato di un intenso lavoro diplomatico promosso dall’Italia a partire dal summit dei Ministri della Cultura all’Expo di Milano.

 

Il 2017 è stato nominato Anno dei Borghi. Perché ritiene importante partire dai piccoli centri e qual è il ruolo dei borghi marini e costieri nella costruzione di una identità culturale e turistica italiana?

Il nostro Paese custodisce un ricchissimo patrimonio diffuso fatto di arte, cultura, tradizioni, enogastronomia, paesaggio che è doveroso valorizzare. Offrire un’esperienza turistica lenta, più sostenibile e autentica, è determinante per una crescita armoniosa e sostenibile dei nostri territori. Creare nei tanti borghi del nostro Paese occasioni di occupazione, come dimostra l’esperienza degli hotel diffusi, permette di rigenerare comunità ferite dallo spopolamento e di offrire opportunità ai giovani.

 

Il mare è da sempre fonte di ispirazione creativa per intellettuali, poeti e naviganti. Oggi può essere fonte di ispirazione per nuove idee e nuove imprese culturali?

Certamente. Le risorse europee di Cultura Crea destinate alle industrie creative e alle imprese no profit che puntano a valorizzare le risorse culturali del territorio del Meridione permetteranno di liberare notevoli energie in tal senso, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie.