di Angela Iantosca
Elegante e cattivo, sadico, rude, respingente, traditore, labile, narcisista, crudele, ma anche determinato, accudente, dolce, appassionato, paterno e innamorato. È un caleidoscopio di sfumature il Roberto Ferri di “Un Posto al Sole” a cui dà forma e corpo da più di venti anni un attore straordinario, ma soprattutto una persona gentile e affabile, come Riccardo Polizzy Carbonelli con il quale abbiamo parlato a lungo della soap ambientata a Napoli, delle pieghe più inquietanti di alcune vicende raccontate, dei messaggi sempre positivi presenti nella serie, ma anche di mare, calcio, teatro, doppiaggio, fiction, buoni sentimenti e crioterapia!
Una intervista aperta e sincera dopo la quale ‘Roberto Ferri’ avrà un volto tutto nuovo.
Cominciamo dal tuo rapporto con il mare, visto il tuo ruolo di proprietario di cantieri navali Palladini nella soap ambientata a Napoli, insieme a Nina Soldano, alias Marina Giordano.
“Partiamo da un presupposto: non amo il pesce. Qualcosa la so mangiare. Soprattutto i pesci in scatola! Il mio approccio mentale è sempre di terra, mai di mare. Quindi, ovviamente, la mia prima scena di “Un Posto al Sole” è stata con il pesce. Io amo il mare e per me e per mia moglie il sole e il mare sono le condizioni ideali per il nostro relax e il nostro benessere, per la nostra salute mentale e fisica. Il sole dà la vita e la luce stessa contribuisce all’umore. Però, se io sto su un gommone, mi viene il mal di mare!”.
E proprio in mare hai girato le prime scene della soap!
“Esattamente: era giugno 2001 e c’era anche il maestrale! Ti dico solo che ho mantenuto le intonazioni, la tecnica, sono riuscito a non vomitare, ma c’era talmente tanto vento che tutti intorno a me vomitavano e alla fine sono stato due giorni con il mal di terra, che non avevo mai provato. Una cosa terribile! Quindi queste sono le premesse al mio ruolo di proprietario di cantieri navali! Quando vado su questi ponti che galleggiano, io sto sempre un po’ in ambascia. Quando sono nei cantieri e su cemento armato non ho problemi. In questo caso posso dire qualsiasi cosa, ma mettimi su un natante che non sia una nave da crociera e sto malissimo. Infatti a mia moglie che ama la barca a vela dico “vai amore, puoi andare da sola. Io sto a terra!”. In compenso mi piace molto nuotare: d’estate vado avanti per una quarantina di minuti a fare le mie bracciate sempre con lo stesso ritmo, mi diverto molto. Tanto quanto non mi diverto in palestra. Mi fa impazzire, invece, la crioterapia che ti rilassa tutti i muscoli: arrivi a meno 180 gradi, ma la percezione sulla pelle è 5 gradi. Hai un costume da bagno, dei calzari, tipo quelli degli antenati, e i guanti. Poi mi piace fare il tapis roulant e il poi il vacufit, il linfrodenaggio, la pressoterapia, brucio 1200 calorie e sono a posto. Ma gioco anche a calcio: ero un centrocampista, ora un difensore. Devo dire che corricchio, faccio dei bei cross. Da giovane facevo atletica leggera”.
Torniamo ai cantieri navali.
“Quando Roberto Ferri e Marina Giordano parlano delle navi, dicono poche parole, per non annoiare troppo. Parliamo dei motori, dello scafo, delle cromature. Tu pensa che addirittura una volta per onorare la memoria di Eleonora Palladini avevo detto ai miei figli che volevo fare una cosa importante, intitolando il nuovo yacht Eleonora. Abbiamo mostrato i progetti, ma la nave, ovviamente, non l’abbiamo mai mostrata. Finché è stata ultimata e la mostrai ai miei figli: nella scena io venivo inquadrato mentre guardavo fiero il risultato di tanta fatica. Ovviamente di fronte a me non c’era niente…”.
Marito e moglie nella soap, amici nella vita: Nina Soldano e Riccardo Polizzy Carbonelli (Foto Ufficio Stampa Rai)
Che rapporto hai con Nina Soldano?
“Con Nina il rapporto è nato nel 1997 quando abbiamo girato la prima fiction insieme “In nome della famiglia”, che tra l’altro era una sorta di soap opera che aveva una particolarità: oltre ad avere un regista unico, Vincenzo Verdecchi, se perdevi una puntata non ti raccordavi più! Con questa soap dovevamo andare in onda su RaiTre alle 18,30. Ma poi Minoli passò a RaiTre e ci soppiantò con “Un Posto al Sole”. Quindi noi all’inizio non avevamo un grande rapporto con la soap napoletana, che ci stava un po’ antipatica. Lievemente (Ride – ndr). Comunque ci mandarono in onda ad agosto per 100 puntate e poi basta. Poi ci fu uno spin off, che davano la mattina, ma poi finì anche questo, dopo tre-quattro anni”.
I vostri personaggi, quello di Roberto Ferri e di sua moglie Marina Giordano, che hanno vissuto una evoluzione in questi due decenni, sono quantomeno opinabili nelle loro scelte.
“In questo ultimo periodo Roberto dice a Marina una cosa molto importante: “Noi ci siamo fatti una promessa e io credo in questa promessa. Siamo state delle persone pessime, ma ci eravamo promessi di cambiare”. Ma poi continuano a commettere azioni illecite, perché capiscono che non si può cambiare e lo fanno con una tale leggerezza, tanto che dopo aver ordinato un omicidio, parlano delle vacanze a Cortina. Io e Nina ci siamo interrogati, domandandoci come sia possibile che si comportino così, ma poi sia io che Nina, quando dobbiamo entrare nel personaggio, ci entriamo con tutte le scarpe, senza perdere l’ironia tra di noi! Perché c’è una cosa importante da dire: non bisogna mai portare la propria critica nel personaggio, perché facendo così o lo alleggerisci e lo appesantisci. Il personaggio è il personaggio”.
Partecipate alla stesura della sceneggiatura, incidete in qualche modo?
“Da una parte si partecipa o ci si interfaccia con la scrittura quando c’è un dubbio, quando una cosa ci sembra troppo forzata, se pensiamo che qualcosa possa essere frainteso. Ma, in generale, la scrittura va avanti da sé. A volte portiamo qualcosa anche noi. La cosa più bella che mi è accaduta è che ad un certo punto i tic che ho dato a Roberto sono entrati in sceneggiatura tra le didascalie del personaggio. Quindi oggi noi non siamo padroni della scrittura: è chiaro che se mi dici che devo fare la strage degli innocenti, prima di farlo ho il dovere di interfacciarmi con la produzione creativa e fare domande per capire cosa accade. Per esempio mi sono posto il problema quando ho avuto la relazione con la mamma di Greta. E anche quando Lara dava le goccine al bambino. Ma c’è una cosa importante da sottolineare: in “Un Posto al Sole” da sempre c’è, per ogni personaggio negativo o azione negativa, qualcuno nella soap che dice che non si fa. Perché il messaggio che deve passare è che che questa cosa non va fatta. Allora una volta è Filippo, una volta è Serena, una volta è Nico. In tutte le storie c’è sempre il pro e il contro. È importante che ci sia un insegnamento”.
Chiara Conti, Riccardo Polizzy Carbonelli, Nina Soldano che interpretano rispettivamente Lara, Roberto e Marina (Foto Ufficio Stampa Un Posto al Sole)
Critiche?
“Alcune critiche le riceviamo, ma bisogna avere la pazienza di aspettare e capire! È chiaro che alcune cose che accadono sono sbagliate. Chi propone una storia, come quella di Lara, e la scrive sa che è sbagliata. Ma la storia è costruita in modo che ad un certo punto si risolverà. Noi non mandiamo mai messaggi negativi! Una cosa a cui sta molto attenta la soap è la liceità delle cose. Ciò che è sbagliato, anche se protratto, alla fine viene condannato: tutti i nodi ad un certo punto vengono al pettine e inevitabilmente ci sarà una catarsi. Una nemesi. Ecco, per esempio, a proposito della questione del bambino comprato da Lara, si tratta di un tema molto delicato e il messaggio che si manda è che chi non riesce ad avere i figli si deve rassegnare o provare ad adottare o ad avere un affido. Io, per esempio, non sono riuscito ad avere figli e ho provato con mia moglie anche l’adozione e l’affido, ma non ci siamo riusciti. Abbiamo passato 12 anni della nostra vita ad inseguire questo sogno, ci siamo molto intristiti, addolorati, l’ultimo è stato molto pesante, eppure sono cose che ci hanno sempre unito. E vista l’impossibilità di averne uno, siamo andati avanti”.
Che rapporto hai con Roberto Ferri?
“Si tratta di un’ottima convivenza: è talmente lontano da me, anche se ammetto di conoscere persone peggiori di Roberto Ferri. Mio papà lavorava in politica, quindi puoi immaginare. Le persone cattive sono tutte quante molto docili, melliflue. Mi sono divertito molto all’inizio, quando ero accondiscendente e poi pugnalavo gli avversari. Sicuramente il cattivo ha il suo fascino, nonostante poi si parteggi per il buono. Anche a me hanno sempre affascinato i cattivi al cinema o in tv o a teatro. Se pensi che il bellissimo Andrea Giordana in “Sandokan” era l’avversario del protagonista e si contendeva Carole André che amava Sandokan… Giordana in quel momento era al massimo della sua bellezza. Eppure faceva il cattivello. Era bello e dannato. Io sono arrivato a “Un Posto al Sole” che ero piacente, ma non bello in modo eclatante. Però ci ho giocato con questa capacità seduttiva, che ho imparato a teatro giocando con il pubblico. Devo ringraziare in questo Ileana Ghione, non solo per il fatto di lavorare in quel teatro, ma nell’avermi affidato protagonisti importanti e quindi delle responsabilità”.
Foto Ufficio Stampa Un Posto al Sole
Cosa ti manca del teatro in tv?
“Ciò che mi manca di più in tv è la responsabilità che hai in teatro. Soprattutto se sei protagonista. In teatro tu sei responsabile dei ritmi, degli effetti, di come va. In tv no. Se dico qualcosa, devo cercare una diplomazia. Perché qualcuno, in alcune occasioni, anche quando facevo interessi dell’altro, tipo spostati più a destra che c’è più luce, lui diceva “pensa a recitare che alla luce ci penso io”. E questa cosa mi fa arrabbiare, perché io non penso mai a me stesso, io penso sempre all’organico, alle scene tutte insieme. Quindi mi fa piacere avere una persona brava accanto. Avere una persona che pensa a darti bene le battute perché tu possa darle al meglio. Questa cosa succede con Nina Soldano, con la quale ci divertiamo a fare un po’ Sandra e Raimondo, perché a volte succede che ci troviamo a girare scene simili ad alcune già girate e, nello scherzo, rendiamo il tutto più interessante, troviamo soluzioni. Comunque io tengo a dire che sono quasi venti anni che lavoro con Nina, ma ancora le domando se per lei va bene se faccio una cosa, se le dà fastidio. Credo sia importante il rispetto che va sempre mantenuto. Io e Nina ci vogliamo molto bene e la cosa fondamentale per lavorare insieme non è l’opportunismo di far finta che le cose vadano bene, ma arrivare ad un sentimento vero che ti porta a lavorare in maniera serena. A lei non posso che augurare sempre il meglio insieme a me o con un altro… Io faccio il tifo per lei! Credo che siamo sempre tutti debitori del lavoro dell’altro, degli attori, ma anche di chi è dietro le quinte e le punte di ascolto sono sempre il frutto della semina del giorno prima!”.
In questi giorni sei stato anche in scena al Ghione a Roma, insieme a tua moglie Marina Lorenzi, con “Un letto per due”, spettacolo diretto da Livio Galassi.
“Una bella esperienza che, quando termina, lascia sempre una enorme tristezza, anche se sai che lo riprenderai. Quando finisce uno spettacolo (l’ultima replica è del 26 novembre – ndr), penso che dovrò abbandonare il mio personaggio, le ballerine, mia moglie (In scena – ndr), abbandonare il Ghione che è la mia casa, è dove sono cresciuto, dove ho conosciuto la donna che è diventata mia moglie e dove lavoro ancora con lei. Quando finisce qualcosa, quel periodo è chiuso. Sicuramente se ne apre un altro, ma che sarà un’altra cosa e che non è detto sia bello nello stesso modo. Bisogna sempre sforzarsi perché le cose siano migliori e noi dobbiamo sforzarci: penso che il lavoro sia la conseguenza del rapporto che costruisci con gli esseri umani. Se non c’è una intesa, un rispetto, una solidarietà, è più difficile lavorare. Comunque quella romana è stata una prima nazionale propedeutica al tour che stiamo preparando: sicuramente faremo il Nord, di nuovo Roma e Napoli!”.
Non solo “Un Posto al Sole” per Riccardo Polizzy Carbonelli, ma anche teatro e doppiaggio!
“Sì, proprio oggi sono reduce da un turno. E poi giro anche in altre fiction, anche se non amo molto le serie violente. Non credo che abbiamo bisogno di questo, ma di storie importanti che raccontino riconciliazioni, vittorie, vittorie su malattie, difficoltà. Bisogna raccontare i buoni sentimenti che sono superiori ai cattivi. Ma sembra che quando si parla di buoni sentimenti tutti si annoiano”.
Foto Ufficio Stampa Un Posto al Sole