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Salvatore d’Amico al Convegno dei Giovani Imprenditori di Confindustria: “Senza lo Shipping metà del mondo morirebbe di freddo e l’altra metà morirebbe di fame”

L'intervento integrale del Presidente dei Giovani Armatori di Confitarma

Del 14 Ottobre 2023

Il presidente dei Giovani Armatori di Confitarma Salvatore d’Amico è intervenuto oggi a Capri al 38° Convegno dei Giovani Imprenditori di Confindustria.

“Non è pensabile che si parli d’Italia, ma bisogna parlare di mondo, perché è difficile che le navi vengano costruite in Italia. l’Italia ha un’eccellenza che è quella delle navi da crociera sulla quale sta molto avanti, ma ci sono altre  tipologie di navi che vengono costruite in altri paesi. Quindi non possiamo parlare d’Italia, ma dobbiamo parlare di mondo anche perché quando le competenze vengono messe a sistema si va avanti, quando invece ognuno è egoista del proprio interesse, non si va da nessuna parte.

Mi fa piacere che ci sia questa mattina Paolo Moretti perché insieme al Rina abbiamo scritto un documento molto chiaro che traccia la rotta. Abbiamo lavorato tutto il mese di agosto a questo documento che è uno stato dell’arte sulla transizione energetica nell’ambito dello shipping.

E io vorrei ispirarmi in questo intervento proprio a questo documento, perché innanzitutto dobbiamo smetterla di parlare di navi che sono pronte a bruciare ammonia o navi pronte a bruciare metanolo. Le navi pronte a bruciare ammonia non esistono nel migliore dei casi i primi motori ad armonia usciranno nel 2026. Se parliamo di metanolo la situazione è un pochino diversa, ma sia per il metanolo che per l’ammonia esiste un tema di disponibilità del carburante, tant’è che Maersk, che ha fatto le prime navi a metanolo verde, non solo ha costruito le navi, ma anche fatto una centrale per fare il metanolo verde. Non perdiamo il focus, l’obiettivo finale però la ci dobbiamo arrivare. Oggi non ci possiamo arrivare, quindi non parliamo per favore di navi già pronte a farlo perché non esistono.

Esistono e sono sicuramente delle alternative già oggi migliori, le navi eco, ovvero le navi costruite dopo il 2012, hanno dimostrato di essere molto più efficienti. Sappiamo che alla fine le emissioni sono direttamente correlate con i consumi. Una nave che consuma il 20% in meno rispetto a una nave costruita nel 2008, a mio parere emette tanta CO2 in meno, quindi rinnovare le navi esistenti o upgradare le navi esistenti, quando è possibile (ma non è sempre possibile) è già un grande passo avanti. Esiste il biofuel, il biofuel è una grandissima soluzione perché quando è ottenuto in certe maniere ha un impatto a livello ambientale migliore. Tuttavia dobbiamo mantenere un focus anche sul lungo termine, quindi qua tornano in gioco ammonia verde e metanolo verde. Sicuramente uno dei migliori modi per arrivare a questo tipo di risultati è quello della soluzione tecnologica del nucleare. Prima di parlare nucleare e non voglio anticipare nulla, però una cosa la devo dire, abbiamo anche studiato il nucleare per le nostre navi. L’abbiamo anche studiato all’interno di questa relazione, di questo lavoro fatto con Rina, e a quali conclusioni siamo arrivati? È un’ottima soluzione futuribile. Va bene per una certa tipologia di navi, navi molto grandi, con potenze installate e molto importanti, ma non va bene per tutti. Una cosa è certa che andando in avanti non ci troveremo come oggi, in cui le navi bruciano un solo carburante, ma anzi andremo verso una soluzione in cui, a seconda della tipologia di nave, ci saranno soluzioni energetiche diverse. E’ chiaro che l’IMO e l’Europa stanno premendo molto verso la transizione, ma non possiamo non criticare gli approcci regionali al tema della transizione ecologica, l’approccio deve essere globale. Mi dispiace dirlo, ma è ridicolo che in Europa che è una nave che arrivi in Europa, debba pagare una tassa sulla CO2 , mentre la nave che invece va in Marocco non la paga. Questo non significa, come qualcuno ha detto in televisione, che una nave con bandiera non europea non paga la tassa sulla CO2, la paga, qualunque nave viene in Europa. Però dobbiamo essere chiari questo genera uno svantaggio economico. Per la nostra Europa e quindi anche per certi versi, per il Mediterraneo, i porti che sono nel Mediterraneo. Questo è un punto sul quale, a mio parere, dobbiamo stare attenti ed essere precisi, perché ci vogliono leggi e questo l’abbiamo scritto molto chiaramente nello studio fatto con Rina. Leggi che si applicano a livello mondiale. Benissimo, vogliamo far pagare gli armatori per la CO2. Aumentiamo il costo del bunker di una piccola tassa, ma che sia a livello mondo e utilizziamo quei fondi per la ricerca.

Possiamo essere felici di avere un Ministro del Mare e innanzitutto gli chiederei se ha letto lo studio del Rina, perché quello studio secondo me vuol dire tanto. Diciamo che c’è un punto chiave da mettere a fuoco. Noi siamo stati fino a fine luglio impegnati a preparare un documento per il Ministro, che secondo me, è un documento molto importante ed è stata la prima volta in cui è stato chiesto a noi che cosa pensiamo della transizione ecologica e probabilmente quando il Ministro oggi ha detto non esiste una soluzione, perché l’ha letto in quel documento. 

Intanto, visto che è rientrato il Ministro, io una richiesta per lui la avrei. Come dicevamo, come diceva poc’anzi Paolo Moretti, il cocktail tecnologico che andremo a installare a bordo delle nostre navi è molto complicato, ma oggi già esiste a terra una tecnologia che è la Carbon Capture, ma il tema vero a bordo delle navi è il fatto che non esiste un’infrastruttura per poterla recepire. Sarebbe bello se l’Europa, una volta tanto diventasse campione del mondo e realizzasse degli hub per la raccolta della CO2 a terra. Questo permetterebbe agli armatori da subito di mettere delle torri a bordo delle navi che possono prelevare la CO2 fino all’ 80% e quindi noi potremmo fare i passaggi, tra virgolette, dell’Atlantico o del Pacifico e poi scaricare la CO2. Sarebbe una cosa fantastica, purtroppo mi viene detto, anche sebbene la tecnologia esiste, e a terra esiste, non esistono purtroppo dei sistemi di raccolta. Quindi Ministro per quello che lei può fare, sarebbe bellissimo.

Levato questo, i traffici stanno cambiando tanto, ma diciamo anche che sta cambiando tantissimo la sicurezza dei traffici. Infatti io faccio un piccolo esempio, due giorni fa una delle nostre navi doveva andare in Libano è attualmente è ancora schedulata ad andare in Libano. Il Libano non ha dichiarato il rischio guerra. Quindi, in questo momento non possiamo esimerci dall’andarci, ma siamo ovviamente molto preoccupati. Le assicurazioni non hanno chiamato rischio guerra, ma ovviamente stiamo monitorando quotidianamente quello che succede, perché queste sono cose che hanno un impatto, ci sono state navi che quando è scoppiato la guerra in Ucraina sono state abbandonate in Ucraina e sono rimaste là e adesso stanno cominciando ad uscire, poi è uscito fuori il corridoio del grano e così via. Lo shipping si adatta e chiaramente la sicurezza dei nostri marittimi per noi è una priorità. Chiaramente noi dobbiamo anche trasportare in giro il cibo, perché non dobbiamo dimenticarci, che senza lo shipping metà del mondo morirebbe di freddo e l’altra metà morirebbe di fame. Quindi non possiamo fermarci. Possiamo riadattarci, però dall’altra parte abbiamo bisogno del supporto, abbiamo bisogno di rotte sicure e abbiamo bisogno di garantire la sicurezza delle persone che lavorano con noi.

Io quando si parla di vite umane ho difficoltà a parlare di costi, sebbene i costi sono molto importanti”.