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SHIPPING E LOGISTICA – Tutte le sfide (vinte) del Porto di Civitavecchia

Del 4 Agosto 2016

Tutte le sfide (vinte) del Porto di Civitavecchia

L’Autorità Portuale guidata da Pasqualino Monti ha chiuso il 2015 in crescita

Pasqualino Monti

Il Porto di Civitavecchia è uno dei pochi porti italiani che ha chiuso il 2015 in crescita (+6% rispetto all’anno precedente). Per di più, in prospettiva, ha le caratteristiche per compiere un ulteriore concreto balzo in avanti nella logistica: fondali rocciosi profondi anche 20 metri e 5 milioni di metri quadrati di retroporto disponibili per insediamenti produttivi ed industriali.

Un percorso positivo confermato dai “clienti” dello scalo, armatori e investitori, che affermano di apprezzare la capacità del management che in questi anni di trambusto per il settore della portualità italiana, ha saputo tenere il Porto di Roma fuori dalle difficoltà. In primis trovando nuovi traffici, come l’export dell’automotive, che hanno consentito di affrontare la crisi mantenendo numeri positivi e di rilanciare fortemente il ruolo del Network del Lazio (che presto potrebbe estendersi all’Abruzzo) nella partita di un settore, quello dell’economia del mare, che vale 2 punti e mezzo di PIL e circa 40 miliardi di euro l’anno.

“Tutti gli scali nazionali – afferma il Presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta e di Assoporti Pasqualino Monti sono commissariati, è chiaro che occorre avere presto l’operatività della nuova legge, in modo che le nuove Autorità di Sistema Portuale possano diventare operative, con una governance in condizione di programmare opere ed investimenti, e non solo di gestire l’ordinario. L’Italia ha bisogno anche dei porti per ripartire, per questo bisogna fare presto, semplificare e rispondere alle esigenze del mercato, che non aspetta. Il problema non è di favorire questo o quel porto italiano: la sfida è con gli altri Paesi del Mediterraneo e, per certi aspetti, anche del Nord Europa ed extraeuropei. E’ impensabile che soprattutto a causa di procedure farraginose, di sovrapposizioni di competenze di troppi soggetti, oltre un terzo delle merci importate in Italia, che arrivano via mare, siano sdoganate nei porti del Nord Europa, per i nostri tempi di attesa talmente lunghi da far perdere al Paese anche il vantaggio di essere nel Mediterraneo la “seconda fermata” dopo Suez. Basta dunque con la micro-concorrenza tra i nostri scali. I porti italiani svolgono la decisiva funzione di regional gateway rispetto ai retrostanti sistemi economici territoriali e devono concentrarsi su questo ruolo strategico. Civitavecchia ad esempio, deve essere al servizio della seconda area di consumo italiana, la quinta in Europa, che è il mercato di Roma”.

Da questo punto di vista, Civitavecchia ha dato ampia prova di funzionalità di tutta la filiera delle operazioni portuali, grazie alla quale, con la regia di Monti, che per mesi ha marcato strettissimo tutti i protagonisti di un accordo storico per lo scalo laziale, ha persuaso FCA ad utilizzare il porto di Roma per esportare verso gli scali americani di Halifax e Baltimora (e ora in tutto il mondo) le Jeep e 500X prodotte a Melfi. Civitavecchia non è il porto geograficamente più vicino, ma è quello che ha saputo da subito offrire e mettere a disposizione gli spazi per scaricare e collocare in banchina e nei piazzali retroportuali le centinaia di auto che ogni giorno arrivano in treno dalla Basilicata, in attesa di essere caricate sulle navi dell’armatore Grimaldi. Autovetture che inizialmente arrivavano ogni 2-3 settimane e che ora hanno una banchina dedicata dello scalo ogni 2-3 giorni. E dopo Melfi, già si pensa a conquistare anche l’export degli impianti di Cassino.

Anche la programmazione e la capacità realizzativa e di spesa dei finanziamenti testimoniano la positività del lavoro svolto dall’Autorità Portuale guidata da Pasqualino Monti. La darsena Sant’Egidio, realizzata con fondi Cipe, è in via di ultimazione dopo che le prime due banchine erano state consegnate addirittura con 6 mesi di anticipo sul cronoprogramma.

I risultati economici dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta continuano a indicare una prestazione positiva: l’utile netto dell’ente è cresciuto sensibilmente, fino ad arrivare, con la gestione Monti, a 15 milioni nel 2012. Le accise versate nelle casse dello Stato, derivanti dal traffico merci, sono passate da 750 milioni di euro ad oltre 1 miliardo l’anno.

Contemporaneamente il Porto di Roma ha conservato il primato nazionale (ma secondo l’Authority anche quello del Mediterraneo, nella battaglia sui numeri ingaggiata con Barcellona) delle crociere, con circa 2,3 milioni di turisti transitati nel 2015 (+6,3% rispetto al 2014).

Il prossimo grande investimento è quello che lancerà Civitavecchia in una sfida delle merci, anche come volano economico per il quadrante nord del Lazio. Infatti il Gruppo Gavio, socio di maggioranza (le altre quote sono di Enel e Ludoil) della Compagnia Porto, nata per realizzare la Darsena Energetico Grandi Masse, ha confermato l’ investimento di 308,6 milioni di euro per costruire un terminal container da 1 milione di teus nell’area più a nord del porto, di fronte alle banchine del carbone che riforniscono la centrale elettrica di Torre Valdaliga Nord. L’investimento complessivo, circa mezzo miliardo, sarebbe completato dalla parte pubblica, con 200 milioni che l’Autorità Portuale sta cercando di finanziare attraverso la Banca Europea per gli Investimenti (BEI). L’obiettivo è ambizioso e Monti è riuscito a far inserire il progetto tra gli interventi italiani ricompresi nel piano Juncker e finanziati da Bruxelles con 1,7 miliardi complessivi.

La fase più delicata è proprio quella in corso, in vista della chiusura degli accordi e dei processi essenziali a far partire le opere, che riguardano oltre 50 ettari di banchine, con i cantieri che potrebbero aprirsi nel 2017, per riconsegnare in 3-4 anni, un porto capace di movimentare almeno 300.000 container e di creare nuovi posti di lavoro. Sulla “Piattaforma Lazio” punta molto Unindustria che, poco tempo fa, ha illustrato lo studio sulle potenzialità strategiche di sviluppo di porto e retroporto commissionato a Kpmg: “Certamente c’è da completare la fase relativa alla costruzione delle infrastrutture occorrenti – ha evidenziato il Presidente degli industriali del Lazio Maurizio Stirpe e, naturalmente, bisogna creare quelle condizioni e quel clima favorevoli affinché ci siano degli insediamenti produttivi, relativi al settore manifatturiero. Ritengo tuttavia che ci siano le condizioni per uno sviluppo concreto, c’è la vicinanza a Roma, c’è la vicinanza all’aeroporto hub di Fiumicino e Civitavecchia già gode del primato dal punto di vista del traffico crocieristico. E ancora c’è la presenza di un costruttore di automobili importantissimo come Fca e c’è, infine, un investimento programmato per la nuova piattaforma relativa alla costruzione del nuovo terminal container. E proprio lì è il futuro: dove si potrà polarizzare una buona dose di sviluppo per il nostro territorio regionale”.

Di certo, sull’importanza strategica del porto di Civitavecchia ormai non ci sono più dubbi, come dimostra anche l’intesa firmata a maggio dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal Governatore del Lazio Nicola Zingaretti, che in un pacchetto da oltre 1 miliardo di euro per la regione, prevede 485,5 milioni di euro per l’ultimazione della superstrada Ravenna-Orte-Viterbo-Civitavecchia, un’arteria fondamentale per collegare il porto di Civitavecchia all’A1 e, quindi, all’Europa.