Home > 5. Donne e Mare, Ambiente, Economia del Mare, Enti, Interviste > Federica Barbera, Legambiente: “Le Aree marine protette tutelano la biodiversità, offrono servizi ecosistemici e favoriscono la blue economy”

Federica Barbera, Legambiente: “Le Aree marine protette tutelano la biodiversità, offrono servizi ecosistemici e favoriscono la blue economy”

Il necessario impegno della politica, il caso di Maratea, il dialogo possibile con i pescatori, le direttive europee, le specie aliene e quelle in pericolo, ma anche le buone notizie e la crescita economica legata al rispetto dell'ambiente

Del 8 Febbraio 2024

di Angela Iantosca

Rifiuti, plastica, innalzamento delle temperature, scomparsa di specie animali e comparsa di specie aliene. I cambiamenti climatici da anni stanno colpendo non solo la terraferma, ma anche gli oceani, a cominciare dal nostro Mar Mediterraneo.

Per capire lo stato di salute di quel liquido che copre il 70% della superficie terrestre e del Mare Nostrum abbiamo raggiunto Federica Barbera che da anni lavora nell’Ufficio aree protette e biodiversità di Legambiente.

Cominciamo dalle Aree marine protette: quante sono in Italia e che benefici hanno avuto per l’ambiente dalla loro istituzione? 

“Le Aree marine protette sono 29 al momento, la prima è stata la Riserva marina di Ustica istituita nel 1986. Poi ci sono due Parchi sommersi e il Santuario dei cetacei che si trova tra a Francia, il Principato di Monaco e l’Italia.

Le Aree marine protette, che hanno avuto un ruolo di conservazione della biodiversità, sono nate con l’obiettivo di proteggere habitat e specie a rischio. Ma offrono anche una serie di quelli che vengono chiamati servizi ecosistemici, avendo un ruolo fondamentale nel contrasto ai cambiamenti climatici. Per esempio le posidonie assorbono più anidride carbonica delle foreste tropicali; le barriere coralline, invece, sono barriere naturali contro le tempeste e l’innalzamento dei mari. Ma, tra i ruoli delle Aree marine protette, tuttavia, ce ne sono altri: penso alla loro funzione rispetto alle risorse di cibo, alla pesca, al turismo sostenibile, alla fruizione sociale e ricreativa, a tutte quelle attività che devono essere compatibili con la conservazione ma che offrono un indotto, che valorizzano sempre di più tutto ciò che è legato alla blue economy”.

Maratea Area marina protetta 2024: a che punto è la questione?

“Non è l’unica in questa situazione di stallo. Ci sono tante altre Aree marine protette che al momento sono nella lista di quelle da istituire perché previste dalle leggi, ma in una fase istruttoria. Comunque per Maratea Legambiente si è spesa molto. È stata una delle Aree marine protette prevista nel 1991, ma di fatto in questi anni non è stata istituita a causa di vicende amministrative e per l’inerzia delle istituzioni che hanno cominciato a occuparsene veramente nel 2016, anche se poi con la Legge di Stabilità del 2018 non sono stati stanziati i fondi. Da quando nel 2023 l’ISPRA ha presentato uno studio sulla zonizzazione è ripartito il dialogo con Maratea. In questi casi bisogna sempre puntare su una collaborazione, alla sinergia tra comunità locale e istituzioni, cosa che noi abbiamo fato e cha abbiamo provato a stimolare come soggetto super partes.

L’Area marina di Maratea sarebbe fondamentale anche per generare nuova economia nel territorio lucano: noi cerchiamo sempre di stimolarne la formazione, mostrando come sia possibile coniugare lo sviluppo economico del territorio e la sua tutela.

Lo vediamo anche nella Guida BLU che pubblichiamo ogni anno con il Touring Club: i territorio premiati con le cinque vele dimostrano un aumento dell’economia locale. Se mantieni integro il territorio, si sviluppa il turismo, nascono nuovi lavori. Non è sempre facile far capire questo e spesso gli attori locali si preoccupano dei vincoli posti dalle Aree marine protette. Ma la verità è che si tratta di opportunità non vincoli. La regolamentazione di un’Area non serve a bloccarne lo sviluppo, ma semplicemente a porre delle regole. In quest’ottica speriamo di sbloccarne altre, come quella sulla costa del Conero per esempio, a Pantelleria, sulle Isole Eolie. Ce ne sono alcune ancora non previste dalla legge che secondo noi dovrebbero diventarlo: come l’Area marina protetta Torre la Punta nel comune di Pollica in Campania!”.

L’Europa ha obiettivi ambiziosi per la protezione delle terre e dei mari. Siamo vicini o lontani per raggiungerlo? 

“Ricordiamo che ci sono degli obiettivi posti dall’Europa. In alcuni casi stiamo migliorando la percentuale di territorio protetto, soprattutto a terra dove siamo al 21%. Per il mare siamo intorno al 16%. Anche in questo caso serve la volontà politica di andare in questa direzione.

Noi come Italia siamo indietro per quanto riguarda le Aree marine protette, sia nella fase di realizzazione che di gestione efficace. A questo proposito ricordiamo che la Commissione europea nel 2021 ha aperto contro l’Italia una Procedura d’Infrazione per il completamento della rete Natura 2000, soprattutto in mare. Natura 2000 è la rete di aree protette più ampia d’Europa. In Italia i SIC (Siti di Interesse Comunitario), le ZSC (Zone di Protezione Speciale e le ZPS (Zone Speciali di Conservazione) coprono complessivamente circa il 19% del territorio terrestre nazionale e più del 6% di quello marino. La strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 presenta un piano completo, ambizioso e a lungo termine per proteggere e ripristinare l’ambiente naturale e gli ecosistemi nell’Unione europea. In particolare, le principali azioni da realizzare entro il 2030 includono la creazione di una rete coerente e ben gestita di zone protette comprendenti almeno il 30% della superficie terrestre e marina dell’UE, di cui almeno un terzo sottoposto a tutela rigorosa”.

Che ruolo ha il mare nell’equilibrio climatico del Pianeta e quanto sta soffrendo?

“Una delle più grande sfide ed emergenze è quella del cambiamento climatico. Gli oceani che ricoprono più dei 2/3 della superficie ci forniscono a livello globale la metà dell’ossigeno e sono in grado di assorbire il 25% dell’anidride carbonica: sono il polmone blu del nostro pianeta. Ma da una parte sono particolarmente impattati soprattutto dall’aumento delle temperature.

Negli ultimi anni ci sono state temperature record: a questo proposito l’aumento delle temperature cresce ad un ritmo mai osservato prima non solo sulla terra ferma, ma anche sul mare, con conseguenze gravi. Tra queste l’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione delle acque, l’eccesso di anidride carbonica. Una serie di conseguenze non solo sull’ecosistema marino, ma anche sulla popolazione mondiale. Questo ovviamente determina una serie di conseguenze socioeconomiche: spinge le migrazioni legate al tema clima, oltre a intaccare le risorse per la pesca. Alcuni stock ittici si stanno spostando andando ad alterare gli equilibri degli ecosistemi marini con potenziali conseguenze anche sul settore della pesca, che già in questi anni ha visto diversi stock ittici sovrasfruttati soprattutto a livello mediterraneo”.

Le specie marine aliene sono una manifestazione di questo cambiamento? 

“Le specie aliene, che sono una delle cause di perdita di biodiversità, sono pericolose e particolarmente legate a quello che è il riscaldamento globale perché, entrando in un mare come il Mediterraneo, chiuso con poco ricambio di acqua, quello che fanno è entrare in competizione con le specie autoctone. Possono, inoltre, portare virus e malattie. Possono avere impatto socio economico importante. Pensiamo al granchio blu, ormai un tema di grande interesse soprattutto per i pescatori che hanno visto danneggiate le vongole. Quello del granchio blu è un esempio di ciò che può succedere con l’ingresso di una specie aliena in un ambiente non suo. E quando proliferano, è impossibile eliminarle.

Al momento, per esempio, sappiamo che ormai è impensabile eradicare la specie: possiamo solo provare a ridurre e allentare la pressione sulla biodiversità marina. E per far questo dobbiamo accrescere le conoscenze scientifiche, adottare soluzioni, lavorare con stakeholders, attuare buone pratiche. Per esempio in Tunisia hanno usato dei sistemi selettivi per catturare la specie che si è pensato di inserire nel mercato alimentare. Ma si mitiga, non si risolvere. Al momento le specie aliene censite sono quasi un migliaio! Quindi il problema va affrontato su tanti livelli”.

Quali sono le specie in pericolo nel Mediterraneo?

“I dati che ci arrivano dal mondo scientifico ci dicono che abbiamo una perdita di biodiversità come non si è mai vista. Il ritmo di estinzione va dalle 100 alle 1000 volte più veloce degli ultimi dieci anni. L’Unione internazionale della conservazione della natura (IUCN), Ente importantissimo, ci dice che a livello globale almeno il 41% delle specie marine è minacciato: alcuni grandi mammiferi marini, ma anche alcuni frutti di mare come l’abalone, tra i più costosi al mondo, a rischio a causa della pesca intensiva, del bracconaggio e dei cambiamenti climatici.

Per quanto riguarda l’Italia, nonostante la ricchezza di biodiversità – il nostro è tra i mari più ricchi d’Europa – nell’ultimo Rapporto di valutazione delle Direttive Habitat (92/43/CEE) e Uccelli (2009/147/CE) che viene stilato ogni sei anni, sono state esaminate varie specie e habitat e si è visto che il 22% delle specie marine è in uno stato di conservazione sfavorevole e tra queste ci sono gli squali e le razze, per le quali è peggiorato lo stato di conservazione anche a causa della mancanza di una normativa nazionale specifica per la loro tutela.

Altri mammiferi in stato preoccupante sono la balenottera (sotto nella foto), il capodoglio, i delfini, anche a causa della minore disponibilità di cibo o a causa del disturbo antropico dovuto al trasporto marittimo. Anche la foca monaca è a rischio: tornata recentemente nel Mediterraneo, è una delle specie particolarmente attenzionate perché è molto legata la sua sopravvivenza ad un habitat integro e privo di disturbi antropici. A livello mediterraneo ancora segnaliamo in pericolo l’anguilla, la cernia, il nasello, gli squali come la verdesca…”.

Ma poi ci sono le buone notizie.

“Alcune specie di tonno sono in ripresa e questo grazie ai Piani di gestione realizzati dall’Unione Europea, grazie ad una limitazione delle catture è stato possibile ricostruire gli stock ittici. Questo ci fa capire che gestire bene una specie ci permette di ricostituirla e raggiungere un buon risultato”.

L’Europa è contro la pesca a strascico. I pescatori si oppongono perché temono per i loro lavoro. E’ di oggi la notizia del successo nella sperimentazione di griglie di esclusione nella pesca a strascico nel Mar Adriatico: che fare? Quale è la direzione giusta? 

“Ciò che abbiamo visto con il progetto Life ELIFE di cui siamo partner – e con altri progetti come il Life DELFI che hanno messo in campo strumenti per evitare catture accidentali – è che sono migliorate le prestazioni dei pescatori grazie alla sperimentazione di soluzioni che hanno coinvolto in prima persona i pescatori e che hanno permesso di ottenere risultati importanti per le specie e per gli aspetti socio-economici del settore. Una specie catturata accidentalmente, infatti, può danneggiare il pescato, rovinre le attrezzature di pesca e vanificare il lavoro fatto durante la giornata.

Per questo noi vogliamo lavorare insieme ai pescatori per trovare la soluzione migliore. La direzione è quella indicata dall’Europa. Lo scorso febbraio 2023, è stato presentato dall’Unione Europea un pacchetto inteso a migliorare la sostenibilità e la resilienza del settore della pesca e dell’acquacoltura dell’UE. Tra le misure previste il Piano d’Azione esorta gli Stati membri a adottare misure di conservazione della pesca per proteggere e gestire le aree marine protette in modo efficace con un calendario preciso. Inoltre gli Stati membri sono invitati ad adottare misure nazionali per eliminare gradualmente la pesca a strascico di fondo in tutte le AMP entro il 2030 e non consentirla in nessuna AMP di nuova costituzione.

Da sottolineare, comunque, il fatto che nel 2006 l’Unione Europea ha già introdotto il divieto di pesca a strascico nei siti Natura 2000 del Mediterraneo designati per la tutela delle fanerogame marine, degli habitat coralligeni e dei letti di maërl.

Altra misura importante è quella di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e puntare a un settore della pesca e dell’acquacoltura climaticamente neutro, in linea con le ambizioni del Green Deal europeo di raggiungere la neutralità climatica nell’UE entro il 2050.

Accelerare la transizione energetica, migliorando l’efficienza dei combustibili e passando a fonti energetiche rinnovabili a basse emissioni di carbonio è quindi fondamentale per migliorare la sostenibilità della pesca”.

Cosa chiedete alle istituzioni?

“Alle istituzioni le nostre richieste sono varie e sono legate innanzitutto all’attuazione delle direttive comunitarie. Chiediamo piena attuazione della Strategia Marina la cui implementazione presenta ancora luci e ombre. Dobbiamo incrementare le Aree marine protette e raggiungere l’obiettivo del 30%, designare nuovi siti marini della rete Natura 2000 e migliorarne la gestione. Dobbiamo lavorare sui fattori di perdita di biodiversità: sovrasfruttamento, inquinamento, specie aliene, cambiamenti climatici. Bisogna migliorare la sorveglianza e combattere le pratiche illegali di pesca. Noi dobbiamo migliorare la conoscenza, monitorare gli ecosistemi e lo stato di conservazione della fauna marina. Ne sappiamo davvero ancora troppo poco del mare”.

E a livello personale cosa possiamo fare?

“Ciò che possiamo fare è limitare gli impatti sull’ecosistema marino, fruire in modo sostenibile delle risorse. Fare sempre la raccolta differenziata, evitare l’eccessivo utilizzo di plastica usa e getta, conferire sempre i rifiuti in modo corretto, evitando che possano disperdersi nell’ambiente. Tutti piccoli gesti che dobbiamo fare non solo quando siamo al mare, ma anche in città. Ricordiamoci, infatti, che anche buttare un mozzicone di sigaretta o una gomma da masticare per terra, nelle acque e negli scarichi può contribuire all’inquinamento del nostro mare. E poi possiamo fare la differenza a tavola, scegliendo specie meno conosciute ma altrettanto saporite. In questo contribuiremo ad alleviare la pressione di pesca sulle specie piu sovrasfruttate e garantiremo il mantenimento della biodiversità di tutte le specie ittiche dei nostri mari!”.