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L’intervento di Luciano Violante,al XIII Trans-Regional Seapower Symposium di Venezia : “Per una nuova Civiltà del Mare “

Presidente di Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine

Del 10 Ottobre 2022
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Tutti i grandi momenti della civiltà umana sono passati e passano dal mare: economia, alimentazione, energia, sicurezza, comunicazioni, tecnologia, cultura. 
Le grandi civiltà del Mediterraneo, Cretese, Fenicia, Etrusca, Greca e Romana, si sono sviluppate attraverso il mare sin dal 2000 AC. 
Gli storici dell’antichità le definiscono come Civiltà del Mare perché il mare fu essenziale per il loro sviluppo. 
In questo intervento intendo proporre alla vostra attenzione la possibilità che le Marine Militari, per le loro specifiche attitudini professionali, etiche, scientifiche e culturali, possano essere protagoniste e promotrici di una nuova Civiltà del mare.
Oggi oltre il 90% del traffico merci mondiale viaggia attraverso il mare. 
Una parte rilevante della nostra alimentazione viene dal mare; Il consumo mondiale di pesce è di circa 155 milioni di tonnellate.  
Il mare è importante anche per la nostra medicina. La ricerca biotecnologica è interessata a molte specie marine che vivono in condizioni estreme di temperatura, pressione, chimica e oscurità, condizioni che non si trovano sulla terra. Queste specie hanno acquistato nel tempo resistenze biologiche che si sono già rivelate utili alla medicina. 
Il 99% delle informazioni che ci arrivano tramite internet, passano attraverso cavi sottomarini. I cavi adagiati sul fondo si distendono per circa 1 milione mezzo di chilometri.
I fondali marini attirano un crescente interesse industriale. Sui fondali si trovano noduli polimetallici ricchi di nichel, cobalto, rame e manganese. Consentono inoltre l’accesso a fondamentali risorse energetiche 
Secondo alcune previsioni il valore delle estrazioni in alto mare alla fine di questo decennio potrebbe valere circa 15 mld di dollari.
Questo è il motivo per cui le compagnie estrattive stanno intensificando le loro operazioni in acque profonde.
Attualmente circa trenta grandi imprese hanno concessioni per esplorare il fondo dell’Oceano Pacifico. 
Tuttavia estrarre dal fondo marino questi metalli potrebbe danneggiare gravemente gli ecosistemi di acque profonde dei quali sappiamo ancora poco.

Questi dubbi alimentano la sensibilità al problema ambientale. 
Il mining subacqueo può essere incentivato tanto dall’alta redditività degli investimenti quanto dalla riduzione della disponibilità sulla Terra dei minerali necessari per i nostri stili di vita ea per uno sviluppo sostenibile. 
Dall’altra parte ci sono le fondate preoccupazioni per le conseguenze di questi interventi su un ambiente ancora poco conosciuto, con prevedibili campagne di stampa di senso opposto
Non a caso nelle discussioni sul tema, per criticare i progetti di sfruttamento delle risorse marine, si usa l’espressione ocean grabbing, che richiama il land grabbing. Queste preoccupazioni non devono essere trascurate. 
Tuttavia l’utilizzazione razionale delle risorse marine non può essere confusa con un accaparramento abusivo e indiscriminato di quelle risorse. 

Per stabilire se si tratta di una pratica accettabile o di grabbing occorre guardare a quattro fattori: a) tipo di governance delle procedure di utilizzazione, b) tecnologie usate, c) rischi per la sicurezza delle persone, d) conseguenze per l’ambiente. 

Occorre quindi procedere caso per caso, analizzando per ogni specifica vicenda, le procedure seguite, le tecnologie adoperate, i danni che potrebbero essere arrecati, i vantaggi che si trarrebbero. 
In ogni caso sarebbe un errore qualificare come grabbing qualunque attività di utilizzazione delle risorse marine. Queste valutazioni non sono persuasive e, per il loro carattere estremistico, alimentano conflitti spesso privi di soluzione.
Mi fermo su una prima conclusione: l’ambiente subacqueo si configura come un’ulteriore e cruciale dimensione del Dominio Marittimo, nella quale solo le Marine Militari hanno le capacità e le competenze per operare direttamente.
Tra l’altro, ho il piacere di informarvi che la Fondazione Leonardo, che ho l’onore di presiedere, sta lavorando proprio a temi attinenti alla regolamentazione del subacqueo, avvalendosi del prezioso contributo di alti ufficiali della Marina  Militare italiana e di esperti del CNR.
Oggi, e passo così all’ultima parte di questo intervento, si occupano dei problemi della utilizzazione delle risorse marine agenzie dell’ONU, ONG, grandi compagnie che hanno specifici interessi nel mining. Manca però un interlocutore internazionale che abbia l’autorevolezza adeguata ad esprimere valutazioni credibili e autorevoli.
Più in generale, diviene sempre più urgente portare l’attenzione del dibattito internazionale  sulle opportunità derivanti dalla utilizzazione responsabile e sostenibile di un mare, che deve essere sempre più sicuro, pulito e fruibile in tutte le sue dimensioni.
Come dimostra questo Simposio, e come ci insegna la stessa storia di Venezia, è necessario porre la marittimità, nella sua accezione più vasta, al centro dei dibattiti sulla la prosperità e il benessere della comunità internazionale. Questo processo, a mio avviso, può essere guidato dalle Marine Militari e dai loro Stati Maggiori. Esse hanno un ruolo e una riconoscibilità internazionale e inoltre le capacità, le competenze, i valori, le tradizioni e la reputazione necessari per abilitare e facilitare lo sviluppo pacifico e sostenibile di ogni impresa sul mare e nel mare.
Le Marine infatti hanno credibilità, spiccate competenze scientifiche ed umanistiche, attitudine all’ascolto, intense relazioni con tutti coloro che operano sul mare e nel mare. 
Inoltre, per la loro specifica attitudine culturale, possono esprimere un sistema di pensiero che potremmo definire dottrina del mare, capace di garantire insieme sviluppo, cooperazione, sicurezza e ambiente. 
Si tratterebbe di un complesso di principi, conoscenze, prassi e comportamenti che integrano, come dicevo all’inizio, una nuova Civiltà del Mare. 
Non si tratta di un’attività puramente regolatoria, alla quale si può certamente fornire un contributo. Si tratta invece di esprimere con attività scientifiche, iniziative, studi, ricerche e cooperazione una cultura del mare consapevole dei propri valori, della propria storia e del proprio rapporto con la vita dell’umanità.

La prima Civiltà del Mare, quella che risale al 2000 AC, riguardava popoli che attraverso il mare avevano costruito la propria identità. Questa nuova Civiltà del Mare sarebbe invece la forma organica nella quale l’umanità può esprimere oggi il proprio rapporto materiale, sociale, storico, spirituale nei confronti delle risorse del mare. 

Le Marine Militari, se posso permettermi, possiedono al più alto livello tutte le qualità necessarie per questa sfida tecnica scientifica e culturale, a cui si affiancano le capacità di “diplomazia navale”, veicolo di cooperazione, dialogo e unione tra i popoli. 

Desidero altresì sottolineare il contributo in termini di innovazione che le Marine Militari apportano alla complessa sfida della gestione della dimensione marittima. Il loro investimento nell’avanzamento tanto delle tecnologie – sistemi autonomi, digitalizzazione, capacità multi-dominio – quanto delle competenze per operarle con efficacia le pone al centro della strategia di uno sviluppo sostenibile e sicuro dei nostri mari. 

Sono inoltre gli unici soggetti che dispongono delle competenze necessarie per poter valutare anche i profili della sicurezza del mare e nel mare, sopra e sotto la sua superficie, che non vanno mai trascurati, soprattutto in questo particolare momento storico. Essere marinai è infatti una caratteristica che accomuna tutta la gente di mare, a prescindere dalle bandiere. Questa comunanza, o comunità, che condivide valori, tradizioni e competenze, rappresenta la base comune della civiltà del mare e può ispirare un progresso che tragga dal mare stabilità, sussistenza, prospettive di innovazione e di sviluppo, oltre che risorse sicure e sostenibili.

Fonte : Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine