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Sintesi del Rapporto di SRM “Italian Maritime Economy” 2023 presentato ieri a Napoli

I porti del Mezzogiorno si confermano leva strategica per la crescita del territorio

Del 14 Luglio 2023

Di seguito una sintesi del Rapporto di SRM “Italian Maritime Economy” presentato ieri a Napoli e giunto alla sua decima edizione.

1) Pandemia, invasione russa dell’Ucraina, eventi climatici sempre più dirompenti, crescenti tendenze protezionistiche ridefiniscono gli scenari geopolitici e marittimi, e accelerano i processi di cambiamento in corso. Il commercio via mare resta l’ossatura degli scambi internazionali.

·      Secondo le ultime previsioni, l’economia mondiale è ancora in crescita. Si prevede, infatti, un aumento del prodotto interno lordo mondiale del 3,4% nel 2022 e del 2,8% nel 2023 ed un commercio globale che vede le sue stime al +5,1% nel 2022 e al +2,4% nel 2023 (Fondo Monetario Internazionale, aprile 2023). L’economia globale, però, è messa a dura prova; pandemia, invasione russa dell’Ucraina, eventi climatici sempre più dirompenti e crescenti tendenze protezionistiche si sono tradotti in una crescente volatilità e imprevedibilità delle dinamiche dei mercati e delle principali variabili economiche, una inflazione in aumento e il permanere di una generale incertezza geo-politica.

·      Nonostante tutto, le prospettive di crescita del commercio marittimo globale restano positive a mostrare ancora una volta la resilienza del compartoSi prevede che il commercio marittimo globale aumenterà dell’1,8% a 12,2 miliardi di tonnellate nel 2023 per poi crescere del 3,1% al 2024.

·      Il commercio marittimo globale, consolidando il dato, continua a rappresentare l’ossatura del trade internazionale per un valore di oltre 14 trilioni di dollari. I trasporti marittimi e la logistica valgono circa il 12% del PIL globale.

·      L’Asia resta l’indiscusso attore sia nel segmento container che nel settore dello shipping in generale. Dei primi 20 porti container mondiali, che nel 2022 hanno movimentato 383 milioni di TEU (il 44% del throughput globale che è stato di 862 milioni di TEU), 8 sono cinesi e altri 6 asiatici.

·      Negli anni la Cina è diventata il più grande costruttore navale del mondo, rappresentando circa il 41% della produzione globale e il suo traffico portuale esprime il 32% del totale del mondo. Vanta anche la seconda flotta mondiale di navi mercantili, controllando il 18% della capacità delle linee di container, circa il 13% della capacità di trasporto di GNL e il 12% della capacità di petrolio greggio.

·      I noli, che nel periodo 2020-2021 sono stati protagonisti di una vera e propria impennata, sono tornati quasi in linea con i valori pre-pandemia. Lo Shanghai Containerized Freight Index (SCFI) – uno degli indicatori più usati al mondo per valutare l’andamento dei noli – dopo aver sfondato il picco storico dei 5.000 punti a gennaio 2022 ha cominciato a scendere per poi arrivare a quota 964 nel giugno 2023. Le ragioni principali del calo dei noli sembrano essere il riassorbimento importante delle interruzioni logistiche dovute allo shock pandemico, il calo del costo degli energetici e l’intervenuta debolezza della domanda di merci legata all’aumento dei prezzi per i consumatori.

·      Ad aggiungere ulteriore pressione al ribasso dei noli, le imminenti modifiche alle alleanze tra i carrier che potrebbero incoraggiare una crescente concorrenza tra i vettori.

·      Profitti in riduzione per i carrier. Dopo un 2021 e un 2022 in cui i global carrier, per effetto del rincaro dei noli, hanno maturato guadagni record, per il 2023 si prevedono profitti per 15 miliardi di dollari (nel 2022 sono stati 296,2 miliardi) e per il 2024 addirittura una perdita di 20 miliardi di dollari.

·      Condizioni di mercato eccezionalmente solide invece per il segmento del RO-RO e per le Car Carrier. Il commercio mondiale di autoveicoli via mare crescerà dell’8% nel 2023 (+3% sul 2019), per effetto del continuo attenuarsi delle significative interruzioni della catena di approvvigionamento post-Covid, consentendo di soddisfare la domanda “repressa”. La Cina è il secondo esportatore di automobili via mare dopo il Giappone.

·      Il trasporto marittimo, specialmente nel segmento dei container, si conferma un settore che presenta un alto livello di integrazione orizzontale. I primi 10 top carrier del mondo realizzano una quota di mercato dell’84% (nel 2012 tale quota era pari al 64%); i primi 4 controllano più della metà della capacità di trasporto globale di container (58%). Le tre grandi alleanze mondiali (2M, Ocean Alliance e The Alliance) hanno una quota di mercato sulla rotta Asia-Europe del 99% e sulla Asia- East Coast Nord-America del 90%.

·      Proseguono anche i processi di integrazione verticale. Nel 2022 ci sono stati 20 accordi a livello mondiale (grandi vettori marittimi che entrano in attività terminalistiche e logistiche) relativi a infrastrutture portuali, per un valore totale rivelato di 15,3 miliardi di dollari (rispetto agli 11,7 miliardi di dollari registrati nei 24 accordi del 2021).

·      Continua la corsa del gigantismo, per tutte le tipologie di navi, ma particolarmente spinta nel segmento dei container. Una nave con una capacità maggiore può trasportare più container e ridurre il costo unitario, ma ciò comporta investimenti più elevati. La flotta di containership di dimensioni superiori ai 15mila TEU, si stima aumenterà del 26%, del 22% e del 12% rispettivamente nel 2023, 2024 e 2025.

·      Cresce ancora la flotta mondiale. Forti delle brillanti performance finanziarie i grandi carrier negli ultimi 2 anni hanno ordinato tante nuove navi. Nel 2023 l’orderbook containership, in termini di capacità, è pari al 29,11% della flotta esistente.

2) La supply chain disruption è stata la diretta conseguenza di Pandemia e Guerra e le tendenze del reshoring/friendshoring ridefiniscono le geografie produttive

•   Guerra e pandemia hanno effetto sulle supply chain modificandole e accorciandole: la globalizzazione è ora in una fase di regionalizzazione.

•   Le code in entrata/uscita dai grandi porti, i tempi di consegna fuori controllo ed i costi di trasporto in crescita esponenziale causati dall’improvviso incremento della domanda globale che ha seguito i lockdown generalizzati, hanno contribuito a determinare una enorme pressione sulle catene del valore globali. Subentra una nuova necessità, ovvero conservare il controllo sui cicli di produzione per meglio affrontare rischi, costi organizzativi e aumentarne la sicurezza almeno per alcuni beni ritenuti essenziali.

•   Nel corso del 2023 tali pressioni sono rientrate ma la ridefinizione delle supply chain ha generato un cambio di paradigma per la logistica con nuovi trend:

–      Diversificazione dei fornitori e sub-fornitori (il reshoring e la regionalizzazione di filiere strategicheprocede e potrebbe portare vantaggi in termini di costi/tempi). Alcune aziende hanno diversificato i propri fornitori e li hanno cercati in zone più vicine alla sede dell’azienda e ai mercati finali. Molti hanno spostato la produzione dalla Cina e da altri paesi asiatici verso l’area mediterranea quali Turchia, Marocco, Serbia, Egitto e Tunisia. L’accorciamento delle catene logistiche ha protetto le aziende da molte interruzioni, tra cui scali in porti congestionati e tariffe di trasporto esorbitanti.

–      La crescita nel primo semestre del 2023, delle rotte intraregionali del 5,6% in confronto allo stesso periodo del 2022, rispetto alla riduzione delle rotte deep-sea Est-West del 3%, conferma la tendenza della regionalizzazione dello shipping che asseconda la tendenza alla regionalizzazione produttiva.

–      In tale direzione va rilevata l’importanza delle rotte Short Sea, più funzionali all’implementazione delle filiere regionali e al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità consentendo, ove possibile, la sostituzione del trasporto su gomma con quello su nave. L’Italia rafforza la sua leadership europea in questo segmento con oltre 314 milioni di tonnellate movimentate (nel 2013 erano 272 milioni), pari al 18% dell’UE27. Nel Mediterraneo la leadership italiana è ancora più spinta coprendo il 40% del totale con 252 milioni di tonnellate di merci trasportate.

–      Crisi del modello just-in-time e incremento delle scorte, con spinte alla crescita del mercato della logistica immobiliare per il magazzinaggio. C’è stato un passaggio da un approccio just-in-time a quello just-in-case, in cui le scorte sono state aumentate per far fronte alle consegne irregolari e all’inaffidabilità delle catene logistiche.

•   Contrariamente a quanto inizialmente ipotizzato i traffici ferroviari Europa-Asia non si sono interrotti con il conflitto in Ucraina. La compagnia ferroviaria cinese (China State Railway Group) ha comunicato che nel 2022 sono stati 16mila i treni che hanno collegato Cina ed Europa, trasportando 1,6 milioni di TEU, riportando sul 2021 un +9% e un +10% rispettivamente. Oltre al numero dei treni crescono anche i collegamenti, che finora raggiungono 170 città in 23 Paesi usando 73 rotte. Nel 2013 i treni che collegavano l’Europa alla Cina erano appena 80.

3) Il Mediterraneo rafforza ulteriormente la sua centralità nel contesto geoeconomico

•   Gli anni successivi alla pandemia hanno segnato record su record per il Canale di Suez, in termini di navi e di merci transitate nonché di ricavi per l’Egitto. Con oltre 23.400 navi passate nel 2022, le entrate del Canale pari a 8 miliardi di dollari (+ 25% rispetto al 2021).

•   Le tendenze inflazionistiche hanno spinto anche il Canale a rivedere le tariffe da Gennaio 2023: +15% per tutte le tipologie di navi ad esclusione delle rinfusiere e delle navi da crociera per le quali il rincaro è del +10%. Gli aumenti dei diritti di transito sono conseguenza anche della strategicità del canale di Suez rispetto alle rotte marittime alternative di più lunga percorrenza e con maggior consumo di carburante. Proprio nel momento economico più complesso a livello globale, Suez si attesta quale snodo strategico per i traffici nel Mediterraneo continuando a rappresentare il 12% del traffico mondiale e circa il 5% del traffico di greggio, il 10% dei raffinati e l’8% del GNL.

•   Il Canale di Suez è anche un importante chokepoint nel commercio alimentare mondiale: il 14,6% delle importazioni mondiali di cereali e il 14,5% delle importazioni mondiali di fertilizzanti dipendono dalla navigazione attraverso di esso.

•   Tra il 2001 e il 2022 il traffico container tra Europa e Asia (che passa dal Canale di Suez) è cresciuto a un tasso medio annuo del 4,4%, mentre la rotta transatlantica “solo” del 2% e quella transpacifica (la principale in termini di volumi) del 4%.

•   I porti del Mediterraneo stanno migliorando la loro competitività e capacità attrattiva; al 2° trimestre 2023, l’indice dell’UNCTAD, Port Liner Shipping Connectivity Index (PLSCI) dei porti Med è aumentato mediamente di oltre 10 punti rispetto al 2006. Il divario con i porti del Nord Europa è in costante diminuzione.

•   La rilevanza del Mediterraneo è testimoniata anche dall’interesse da parte degli investitori esteri. Dal 2013 la Cinaha investito circa 75 miliardi nella sponda meridionale del Mediterraneo e 16 miliardi in Turchia. Il 30% degli investimenti cinesi si è concentrato su trasporti e logistica e il 24% sull’energia. La Cina ha investito nei principali porti dell’area, come Sokhna e Port Said in Egitto, il Payport Terminal di Haifa in Israele e sta investendo nella costruzione del porto di El Hamdania in Algeria.

4) Sempre più spinta la svolta verso la sostenibilità… non è chiara la direzione… si provano vie alternative

·      I grandi paesi del mondo stanno modificando le loro strategie passando da una leadership tecnologica ad una leadership green: le normative internazionali sulla sostenibilità e gli ancor più ambiziosi obiettivi europei, impongono una trasformazione radicale nella fruizione dei servizi energetici e dei trasporti. Il segmento energy (Petrolio, Gas e Chimici) via mare copre il 34% del totale movimentato via mare. La consistente domanda globale di prodotti energetici spinge su infrastrutture di nuova tipologia e più sostenibili.

·      Il trasporto marittimo produce il 2,19% di CO2Un valore che non sembra particolarmente elevato… se non fosse per tre elementi essenziali, che hanno la capacità di condizionare il mercato e trasformarlo: lo shipping a livello mondiale trasporta il 90% delle merci, è un settore capital intensive i cui investimenti di lungo periodo condizionano il futuro ed è fortemente concentrato, per cui le azioni dei big player hanno la possibilità di orientare i mercati.

·      Gli investimenti sostenibili nello shipping stanno mantenendo un buon ritmo:

−         L’adozione di carburanti alternativi ha continuato a progredire, con il 5,5% della flotta in navigazione in grado di utilizzare carburanti o propulsioni alternative.

−         Attualmente Il 25,4% del tonnellaggio globale è dotato di scrubber.

−         il 47,7% di tutti gli ordini (in termini di stazza GT) a luglio 2023 è relativo a navi che utilizzano combustibilialternativi (nel 2017 questa quota era solo del 10,7%)

−         Non è ancora definita la scelta del carburante alternativo del futuro. Il settore sta facendo comunque importanti sforzi nella direzione della decarbonizzazione. Le navi in ordine (in termini di GT) con carburanteGNL rappresentano il 39% del portafoglio ordini; quelle a metanolo il 5,4%; a LPG il 2,1%; ad altri carburanti alternativi (idrogeno, etano, biofuel, batterie), il 2,8%. Inoltre il 7,7% dell’orderbook riguarda navi ammonia ready (pronte cioè ad utilizzare l’ammoniaca non appena la tecnologia lo consentirà).

−         L’individuazione del carburante alternativo è determinante anche per i porti che già stanno realizzando investimenti in infrastrutture che potranno consentire il bunkeraggio. Diventa questo un vantaggio strategico perché in tal modo i porti saranno in grado di attrarre nuovi traffici. Attualmente sono 169 i porti attivi per il bunkeraggio di GNL (e 95 le strutture in progetto).

·      ‎I tempi per la transizione green, però, possono essere lunghi e sono necessari enormi investimenti… si stima che siano necessari più di 3 trilioni di dollari per ottenere la totale decarbonizzazione del trasporto marittimo.

·      Nel medio termine si può prevedere una progressiva sostituzione del GNL con il bio-metano, ammoniaca ed a lungo termine l’idrogeno perché più sostenibili e dal minor impatto ambientale.

·      Un altro strumento essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità è la digitalizzazione del settore. Il World Economic Forum ha stimato l’impatto nei prossimi 10 anni dell’applicazione della tecnologia digitale nell’industria logistica che si può quantificare nella creazione di 2 milioni di occupati e nella riduzione delle emissioni di carbonio pari a 10 milioni di tonnellate. Il mercato globale della digitalizzazione marittima è stato valutato in 157,4 miliardi di dollari nel 2021 e si prevede che raggiungerà i 423,4 miliardi di dollari entro il 2031, con una crescita del 10,7% dal 2022 al 2031. È questo lo strumento per ottimizzare i risparmi e migliorare tempi e qualità.

5) I dieci anni del sistema marittimo italiano… dall’essere area di passaggio al crescente ruolo di hub euro-mediterraneo. Verso la sfida della sostenibilità

•   Nel 2021, la Blue economy in Italia ha superato i 52,4 miliardi di euro crescendo di oltre dieci miliardi in 10 anni ed è una volta e mezzo quello dell’agricoltura e quasi l’80% del valore aggiunto dell’edilizia, con una base imprenditoriale di oltre 228 mila aziende e una occupazione di 914 mila addetti.

•   I porti svolgono un ruolo fondamentale di supporto all’internazionalizzazione dato che in Italia circa il 40% degli scambi di import-export avviene via mare per 377 miliardi di euro a fine 2022 con un aumento del 66% nel decennio. L’Italia importa via mare prevalentemente dalla Cina ed esporta soprattutto verso gli USA.

•   L’industria italiana è posizionata via mare sui mercati esteri soprattutto nei settori macchinari, raffinati, prodotti chimici e mezzi di trasporto, che valgono circa il 60% del import-export marittimo totale.

•   I porti italiani nel 2022 hanno movimentato oltre 490 milioni di tonnellate di merci, con un incremento dell’1,9% sul 2021 e +0,2% sul 2019. Nel corso degli ultimi 10 anni la movimentazione dei porti italiani si è mantenuta grossomodo costante. L’aumento decennale complessivo è stato infatti di circa il 7%.

•   Ad essere cambiata nel corso dei 10 anni è, però, soprattutto la composizione della tipologia di merce che viaggia sul mare attraverso i porti italiani. Nel corso di questi 10 anni si assiste anche, dal 2019 in poi, al sorpasso del segmento Ro-Ro sui container.

•   In particolare, il segmento Ro-Ro è stato durante gli ultimi anni il settore più resiliente e vitale. A partire dal 2013, il settore è cresciuto di circa il 55% (contro una crescita del totale delle merci di circa il 7%).

•   Tale traffico, soprattutto quando si configura come autostrade del mare, ha permesso inoltre di garantire sostenibilità al paese attraverso il connubio intelligente con la strada e il ferro. Tant’è che il risparmio in termini di CO2 eliminate- solo nel trasferire traffico dalla strada al mare – è stato nel 2022 di circa 2,2 milioni tonnellate su un percorso medio di 800 km e se ne stimano 2,4 milioni abbattuti nel 2023 (stime ALIS).

•   Inoltre, il 56% del Ro-Ro avviene nell’ambito dei porti italiani mentre il restante 44% è scambiato con l’estero e prevalentemente con Grecia, Turchia e Spagna; si tratta di un traffico di corto raggio che asseconda le esigenze di consumo delle famiglie e favorisce e asseconda le esigenze di reshoring.

•   Il segmento containerizzato ha mostrato la sua resilienza in Italia soprattutto nel periodo pandemico. Nel 2022 sono stati movimentati circa 11,6 milioni di TEU. il trend degli ultimi 10 anni del containerizzato evidenzia come l’Italia sia comunque cresciuta nel periodo raggiungendo un +15% complessivo rispetto al 2013…ma si mantiene sempre su valori complessivi tra i 10 e gli oltre 11 milioni di TEU al di sotto dei best-competitor euro-mediterranei. Nel decennio, la quota di traffico gateway resta preponderante in Italia (pari al 64%).

•   Nel fare il bilancio dei 10 anni, è interessante distinguere la performance del dei due segmenti gateway e transhipment. La crescita del gateway italiano nel periodo è stata di oltre il 20% frenata solo dall’impatto del Covid. Il transhipment italiano, invece, ha mostrato la sua resilienza proprio nel periodo del Covid e implementatosi nel biennio successivo.

•   Per quanto riguarda l’area quantitativamente meno rilevante ma strategica delle rinfuse solide…la sua caratteristica principale è quello di essere fortemente connessa con le produzioni distrettuali. Le dry bulk alimentano difatti le filiere industriali del paese. Il trend decennale mostra una decelerazione costante pari al 18% circa per raggiungere 61 milioni di tonnellate. In particolare, durante il periodo pandemico i settori più colpiti sono stati proprio quelli delle rinfuse solide e del general cargo, in relazione al calo delle attività produttive industriali.

La spinta verso la sostenibilità impone un cambio di passo anche nelle liquide… primo settore italiano

•   Nel 2022 le rinfuse liquide hanno superato i 169 milioni di tonnellate con un aumento del 3,2% anche se ancora lontano dai livelli 2019 (-7,5%). Nella composizione di tale spaccato la movimentazione di petrolio greggio copre oltre la metà del totale e la raffinazione oltre un terzo.

•   La sicurezza e la diversità dell’approvvigionamento energetico sono ora una priorità per l’Italia. Il nostro paese, dunque, è stato spinto a trovare nuovi fornitori di Oil&Gas nell’area del Mediterraneo allargato (dall’Algeria ai Paesi Arabi) e nelle Americhe (Venezuela) e quindi vi è stato un maggior trasporto soprattutto di gas via mare. Sui due spaccati maggiori greggio e raffinato si è assistito, nel pieno del conflitto, ad un aumento dei flussi di greggio via mare del 2,7% e del raffinato dell’1,3%. L’incremento notevole si è, invece, registrato nel trasporto di GNL (34,7%). Dunque, seppure con un contributo minore al trasporto complessivo, parte del gas si è spostato su nave.

6) La nuova sfida dei porti italiani: diventare hub della transizione energetica, integrati con le aree produttive

•   La spinta verso la transizione ecologica e l’utilizzo di fonti alternative, contribuirà in futuro a ridurre la domanda di prodotti petroliferi a vantaggio di forme green.  Per il nostro paese molte delle iniziative devono tener conto dell’attività dei porti che possono diventare dei veri e propri “hub energetici” per lo stoccaggio e/o produzione di GNL, biocarburanti, idrogeno.

•   Si stimano 5 anni per fare dell’Italia il ponte Mediterraneo del gas attraverso 7 rigassificatori in prossimità dei porti e 5 gasdotti da sud volti a far transitare circa 50 miliardi di metri cubi di GNL e fino a 90 miliardi di gas (a pieno regime) per un totale di 140 mld.

•   Tra Italia e Algeria, ad esempio, sono stati firmati accordi per dare concreta attuazione al progetto. Tra i due Paesi gli accordi proseguono coinvolgendo anche altri attori. Nel luglio 2022, la compagnia petrolifera italiana Eni, l’americana Occidental e la francese Total hanno firmato un contratto di condivisione della produzione di petrolio e gas da 4 miliardi di dollari con l’algerina Sonatrach, di proprietà statale, che fornirà a Paesi come l’Italia volumi significativi di gas naturale.

•   Si va però anche oltre l’estrazione del gas e del petrolio… ad esempio la pipeline tra Italia (Sardegna) e Algeria (quella di GALSI) sarà del tutto nuova rispetto a quelle esistenti e permetterà di trasportare gas naturale ma anche idrogeno e/o ammoniaca.

7) I porti del Mezzogiorno si confermano leva strategica per la crescita del territorio

·      Con un contributo al traffico merci del 46% anche nel 2022 (invariato rispetto al 2013) pari a 226milioni di tonnellate il Mezzogiorno esprime in tutti i comparti del marittimo valori di peso percentuale molto superiori a quelli di PIL (22%), di numero di imprese e di addetti.

·      Il traffico via mare nel Mezzogiorno ha più valore per il territorio: l’import-export via mare su totale del traffico è pari al 69% contro una quota quasi del 40% dell’Italia.

·      L’import-export via mare del Mezzogiorno nel 2022 ha raggiunto 84,4 miliardi di euro con un balzo del 41% sull’anno precedente; si tratta di una performance anche superiore all’Italia (37,6%).

·      I dati del 2022, segnano poi “una conferma degli scali meridionali” sempre presenti tra i primi posti in classifica nelle diverse tipologie merceologiche; Cagliari, Augusta e Milazzo rispettivamente 2°, 3° e 4° porto in Italia nel segmento energy, Taranto 2° nelle solide e nel general cargo, Brindisi 4° nelle solide, Salerno e Catania 4° e 5° per il Ro-Ro, e benissimo Gioia Tauro che con le performance del segmento container, 1° in Italia, tiene in alto i numeri del Paese.

·      I porti del Mezzogiorno giocano un ruolo chiave sul comparto “Energy” (petrolio greggio e raffinato) rappresentando il 48% dei rifornimenti e delle esportazioni petrolifere via mare del Paese ed essendo il terminale di importanti pipeline dal Nord Africa e dall’Asia.

·      Il Sud ha una presenza importante del settore Ro-Ro e delle autostrade del mare (incide nel 2022 per il 51% sul totale Italia), comparto che ha svolto e sta svolgendo un ruolo chiave in fase pandemica e di conflitto in quanto cinghia di trasmissione di un trade di prossimità e trasporto di veicoli pesanti sottratti alla strada.

·      Le 8 ZES (Zone Economiche Speciali) del Mezzogiorno per le quali il PNRR ha previsto 630 milioni di risorsestanno iniziando ad attirare i primi investimenti. Le recenti stime mostrano nel Mezzogiorno un dato pari a 240 domande di investimento e 55 autorizzazioni uniche rilasciate ai Commissari di Governo (aggiornamento a Marzo 2023).