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Meloni: “Il Porto di Gioia Tauro è il nono porto europeo per traffico merci. Non è il massimo obiettivo al quale possiamo ambire”

In Calabria l'intervento della Presidente in occasione della firma dell'Accordo per il Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027

Del 19 Febbraio 2024

Il 16 febbraio la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha visitato il Porto di Gioia Tauro dove ha firmato l’Accordo per il Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027 insieme al Presidente della Regione Calabria Occhiuto.

Questo il discorso della Meloni nel quale ha parlato del Porto di Gioia Tauro, della centralità del mare, di economia del mare, del Piano Mattei, del Ponte sullo stretto e di autonomia, dopo aver espresso il cordoglio per le vittime dell’incidente sul lavoro a Firenze e la sua vicinanza alle famiglie.

Gioia Tauro: l’intervento della Presidente del Consiglio

“Ringrazio il Presidente Occhiuto, ringrazio il Ministro Fitto, ringrazio i Parlamentari, i Sindaci, tutte le Autorità presenti per questa bella mattinata sulla quale abbiamo molto lavorato. E voglio dire al Presidente Occhiuto che ho condiviso ogni parola del suo intervento, fondamentalmente perché ne condivido lo spirito. 

E allora consentitemi di fare mezzo passo indietro sul lavoro che ci ha portato a essere qui questa mattina per la firma di questo Accordo di coesione. Voi sapete che i Fondi di sviluppo e coesione sono i fondi principe che servono a combattere il divario tra i territori: chiaramente i grandi divari che sono presenti in Italia, quello tra Nord e Sud, devo dire anche quello tra Est e Ovest, ma anche i divari che esistono all’interno dei singoli territori. Sono lo strumento principe che ci consente di investire per far sì che tutti i cittadini di questa Nazione abbiano gli stessi diritti. 

E vedete, quando noi siamo arrivati al Governo ci siamo resi conto che queste risorse, che sono risorse importanti, per decine di miliardi di euro, e che si organizzano su cicli pluriennali di programmazione, in molti casi non si spendevano. Non si spendevano nella loro totalità o si spendevano con enormi ritardi e avremmo potuto andare avanti così. Però, non so se una Nazione come la nostra, che ha oggettivamente bisogno di risorse, può permettersi di non far arrivare sul territorio fino all’ultimo centesimo delle risorse che ha a disposizione.

E allora il Ministro Fitto, che voglio ringraziare perché ha fatto un lavoro molto prezioso, ha avviato un confronto con tutti i Presidenti di tutte le Regioni per fare una mappatura di quello che era lo stato della spesa della precedente programmazione e per avviare il confronto sulla nuova programmazione. Perché? Perché chiaramente per noi l’obiettivo è, da una parte riuscire a spendere tutte queste risorse, dall’altra parte spenderle nel migliore dei modi, che significa spenderle all’interno di una strategia”.

Il Decreto Sud: riorganizza i Fondi di coesione e istituisce Accordi di coesione

“All’esito di questo confronto che noi abbiamo avviato con tutte le Regioni, è nato il Decreto Sud. Il Decreto Sud riorganizza i Fondi di coesione e istituisce questi Accordi di coesione che hanno alcune particolarità.

La prima di queste particolarità è che i progetti che vengono finanziati con gli Accordi di coesione sono proposti dalla Regione e condivisi dal Governo nazionale – questo è quello che ha fatto un po’ arrabbiare qualcuno -, ma non perché noi si voglia chiaramente limitare l’autonomia del singolo territorio, ma perché queste risorse vanno inserite nel complesso di una strategia.

Per troppo tempo noi ci siamo mossi come fossimo delle monadi, come se ciascuno di noi fosse un territorio a parte, ma se non mettiamo in rete il lavoro che una Regione fa con l’altra, noi non ricostruiremo mai la strategia della quale la Nazione nel suo complesso ha bisogno. E quindi abbiamo chiesto di inserire anche questi progetti in una strategia generale”.

Il definanziamento delle opere non realizzate per finanziare opere realizzabili

“Dopodiché, ci siamo mossi anche per stabilire alcuni principi e cioè che ad esempio le opere che non vengono realizzate si possono definanziare per mettere quelle risorse su opere che possono essere realizzate e che, quando ci sono delle lungaggini che non consentono di spendere queste risorse nei tempi previsti, si possono attivare i poteri sostitutivi.

Cioè un meccanismo di responsabilizzazione per tutti noi, ma soprattutto un meccanismo che consente e garantisce che non si disperdano delle risorse che sono estremamente preziose. 

Questo lavoro noi lo dobbiamo mettere, sempre per una questione di strategia, in rapporto con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, perché ci sono diverse fonti di finanziamento. E un’altra cosa che abbiamo capito quando siamo arrivati al Governo è che in alcuni casi fonti di finanziamento che erano diverse, si sovrapponevano o non lavoravano creando una strategia che avesse un senso.

È la ragione per la quale io ho scelto di dare la competenza sia dei Fondi di sviluppo e coesione sia del PNRR allo stesso Ministro, perché mentre noi facevamo questo lavoro di riorganizzazione dei Fondi di coesione, facevamo anche il lavoro di revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per essere certi che le risorse fossero spalmate nel migliore dei modi e che nessuno e niente rimanesse indietro e definanziato”.

 PNRR e gli obiettivi raggiunti

“Anche sul PNRR, consentitemi di fare una piccola digressione, poi vedremo Presidente che cosa nel lavoro futuro si potrà fare di più anche per la Calabria. Però, obiettivamente, io ricordo tutti gli allarmi che sono stati lanciati sul PNRR: con il Governo Meloni non si spenderanno le risorse, ci farà perdere le risorse, la revisione del PNRR, siete matti, perderemo tutte le risorse. Le cose sono andate un po’ diversamente.

Le cose sono andate che nel 2023 l’Italia ha terminato tutti gli obiettivi della terza rata, che erano quelli che noi ereditavamo – alcuni avevano dei problemi; ha ottenuto il pagamento della terza rata; ha presentato gli obiettivi della quarta rata; ha ottenuto il pagamento della quarta rata; ha presentato gli obiettivi della quinta rata – siamo la prima Nazione in Europa ad aver presentato tutti gli obiettivi della quinta rata. E mentre facevamo questo lavoro rinegoziavamo il PNRR.

Anche qui, perché rinegoziare il PNRR? Perché il precedente Piano era stato scritto in un contesto diverso e quindi era stato scritto in un contesto che non poteva tenere in considerazione alcune emergenze che noi oggi abbiamo che sono ad esempio figlie del conflitto in Ucraina e quindi bisognava aggiornarlo. 
Anche qui se n’è fatta una questione ideologica ma abbiamo dimostrato che si poteva fare, non solo, che lo stanno facendo quasi tutte le Nazioni europee, e che nel farlo potevamo dare risposte più cogenti ai problemi che abbiamo oggi. 
Abbiamo liberato 21 miliardi di euro di risorse che possiamo spendere per alcune priorità che secondo noi sono tali, tipo il sostegno al sistema produttivo.

Ci sono 12 miliardi e mezzo di euro nuovi per gli incentivi alle imprese, di cui oltre 6 su Transizione 6.0. Ci sono le risorse per gli agricoltori, perché questo Governo non ha avuto bisogno di vedere i trattori in piazza per accorgersi che il mondo agricolo è in difficoltà. Lo sapevamo, ci abbiamo lavorato dall’inizio, abbiamo portato le risorse per l’agricoltura, tra contratti di filiera e agrivoltaico, da 5 a 8 miliardi di euro nella revisione del PNRR. Abbiamo lavorato sull’efficientamento energetico delle piccole e medie imprese. Abbiamo messo nuovi soldi sulla sanità per quasi un miliardo di euro. Abbiamo fatto un lavoro che secondo noi era molto importante fare. 

Ed è un lavoro, ripeto, che risponde complessivamente ad una strategia. È un lavoro per il quale io devo ringraziare i Presidenti delle Regioni, quello che riguarda particolarmente i Fondi di sviluppo e coesione, perché, come diceva correttamente il Presidente Occhiuto, tutti hanno capito il senso di quello che stiamo facendo e c’è stata e c’è una enorme collaborazione”.

Decimo Accordo di coesione. Pronti altri sei

“Questo è il decimo Accordo di coesione che firmiamo, ce ne sono già pronti altri sei, se non vado errata, e gli altri stanno lavorando. Poi ciascuno ha le sue difficoltà, ma tutti sono collaborativi, salvo uno che non è molto collaborativo allo stato attuale. Rispetto per carità. Neanche mi stupisce troppo se si va a guardare il ciclo di programmazione 2014-2020, risulta speso il 24% della spesa dei fondi necessari: forse, se invece di fare le manifestazioni ci si mettesse a lavorare, si potrebbe ottenere qualche risultato in più. Ma questa è un’altra questione”. 

La Calabria è la decima Regione a firmare questo accorto, la prima nel Mezzogiorno

“La Calabria è la decima Regione che firma questo accordo, è la prima che firma questo Accordo nel Mezzogiorno d’Italia. Noi con questo Accordo – lo diceva il Presidente Occhiuto – mettiamo a disposizione di questo territorio 2 miliardi e 863 milioni di euro, però se a queste risorse aggiungiamo quelle che sono state rese disponibili da altre fonti di finanziamento, che sono circa 257 milioni, arriviamo qui con un investimento complessivo di 3 miliardi di euro.

In queste risorse rientrano, per essere precisi, i 142 milioni di euro che sono stati già assegnati come anticipo nel 2021 e rientrano i 440 milioni di euro che abbiamo attribuito con una legge apposita alla Regione Calabria per combattere il rischio idrogeologico. Queste risorse serviranno a finanziare complessivamente 317 progetti per questo territorio. Questi progetti però sono concentrati su poche priorità, proprio per rispondere all’idea di strategia che citavo prima”.

La priorità le infrastrutture: il Ponte sullo stretto di Messina

“La priorità delle priorità che noi finanziamo con questo Accordo di sviluppo sono le infrastrutture. Alle infrastrutture questo Accordo complessivamente dedica oltre un miliardo di euro. Parliamo di infrastrutture viarie, di trasporto pubblico, di porti – poi tornerò sul tema dei porti.

Ci sono i 300 milioni di euro destinati per legge alla realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, quello che molti amano definire “il ponte che non si farà mai”. “È impossibile fare il Ponte sullo stretto di Messina”, io sono convinta che impossibile sia la parola che usano quelli che non hanno coraggio, che non hanno voglia di lavorare, perché per quelli che hanno coraggio e hanno voglia di lavorare le cose si fanno. 

Sono venuta qui tante volte, quando ero all’opposizione, mi piace dimostrare che le cose che ho detto quando ero all’opposizione non sono cambiate quando sono al governo. Ogni volta che mi sono trovata nel Mezzogiorno d’Italia io ho sempre parlato di infrastrutture, se vogliamo di “infrastrutture di cittadinanza”.

Qualche volta abbiamo giocato su questo termine, perché vedete ci si lamenta del divario del Sud, però io sono molto d’accordo con il Presidente Occhiuto, c’è un solo modo per combattere il divario nel Mezzogiorno d’Italia ed è costruire le precondizioni per consentire a queste regioni di competere ad armi pari. E qui c’è una differenza di fondo nel modello, nella visione, se vogliamo, politica.

Leggevo stamattina un’intervista del leader dell’opposizione – grande rispetto perché io sono stata all’opposizione per tanti anni – che diceva: i patrioti abbandonano il Mezzogiorno – in riferimento a me -, tradiscono il Mezzogiorno. 

Io penso che ci siano due modi per affrontare il divario del mezzogiorno, c’è il reddito di cittadinanza e ci sono le infrastrutture di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza era, secondo me, la risposta che dava chi considerava questi territori non recuperabili, chi considerava il destino di questi territori ineluttabile e chi diceva ai cittadini di questi territori: non posso migliorare la tua condizione, io non posso fare nulla per il tuo sviluppo e, dico di più, io non ho bisogno del tuo contributo e quindi quello che posso fare è mantenerti nella tua condizione di povertà.

Non è la mia visione di quello che è il potenziale di questi territori. Cioè, a chi mi accusa di dividere l’Italia vorrei dire che l’Italia è stata divisa. Ed è stata divisa da chi credeva che ci fossero cittadini di serie A e cittadini di serie B, cittadini sui quali valesse la pena investire, perché avrebbero potuto dare un moltiplicatore, e cittadini sui quali invece era inutile investire e che dovevano essere mantenuti nella loro condizione di marginalità. Non è la mia lettura. 

Io credo che la sfida di questi territori sia consentire alle Regioni del Mezzogiorno di dimostrare quello che valgono, banalmente avendo le stesse identiche condizioni che sono state concesse ad altri cittadini in altre Regioni. E questo si fa con l’investimento sulle infrastrutture, secondo me. E proprio perché mi considero una patriota, voglio colmare un divario che purtroppo c’è, e voglio colmarlo con le risposte che sono meno facili, che sono quelle che possono dare davvero risultati, ma sono sicuramente meno facili da realizzare perché le risposte facili le abbiamo già viste messe in campo e non hanno funzionato molto”. 

Il Porto di Gioia Tauro: una delle maggiori infrastrutture nel Mediterraneo, primo porto italiano e nono porto europeo per traffico merci

“Allora ci sono dei gioielli qui – lo diceva bene il Presidente Occhiuto -, ci sono dei potenziali, che però senza infrastrutture non vanno da nessuna parte. Porto di Gioia Tauro. Non è un caso che noi oggi siamo venuti al Porto di Gioia Tauro, per carità, è un gioiello, è una delle maggiori infrastrutture nel Mediterraneo, è il primo porto italiano per traffico merci, è il nono porto europeo per traffico merci. Bene? Noi siamo una piattaforma in mezzo al Mediterraneo, noi siamo la piattaforma proprio in mezzo a quel mare che è il punto di contatto tra i due grandi ambiti globali di commercio marittimo, che sono l’Indo-Pacifico e l’Atlantico.

Noi stiamo in mezzo, con un porto che sta praticamente sulla punta di questa piattaforma. Secondo voi, il nono porto per traffico merci in Europa è l’obiettivo massimo al quale possiamo ambire? Ve lo dico io: no. No, perché tutti quanti sappiamo che ci sono merci che arrivano dall’est del mondo e che vengono trasportate via mare, circumnavigando l’Europa, nei porti di Rotterdam o di Amsterdam, banalmente perché noi non abbiamo le infrastrutture interne per garantire che quando le merci arrivano da noi poi riescono velocemente a raggiungere i mercati che devono raggiungere. E quindi sì, il tema delle infrastrutture, nonostante gli sforzi che abbiamo fatto e che stiamo facendo per far funzionare il porto – ci sono delle risorse ovviamente nel Fondo di sviluppo e coesione -, se noi non lavoriamo su quello che poi accade appena dietro, non raggiunge le sue potenzialità”. 

Il mare, una grande infrastruttura

“E allora questa è, secondo me, la strategia che noi dobbiamo mettere in campo e che, guardate, riguarda un’altra grande infrastruttura che abbiamo e che fin qui non abbiamo adeguatamente valorizzato, che è il mare. Il mare, con gli 8.000 chilometri di coste che ci sono in Italia, con la collocazione geostrategica che l’Italia ha con il mar Mediterraneo, il rapporto con l’Africa sul quale – torno su quello che diceva il Presidente Occhiuto – non a caso l’Italia si sta proiettando. Guardate, l’Africa viene raccontata come un continente povero, ma l’Africa non è un continente povero.

L’Africa detiene oggi il 60% delle risorse minerarie strategiche, ha il 60% di terre arabili. È un continente potenzialmente ricchissimo, oggi per lo più sfruttato. E mentre qualcuno depreda le risorse che ci sono in Africa, noi siamo quelli che ne pagano le conseguenze tra instabilità, flussi migratori e tutto quello che conosciamo. La scelta di questo Governo di tornare a rendere l’Italia centrale sul Mediterraneo e centrale nei rapporti con l’Africa, certo attraendo anche altre risorse… Non ho la presunzione, come Nazione italiana, di risolvere il problema di un intero continente che ha più di un miliardo di abitanti. Ho la presunzione però di fare una cosa che l’Italia non ha avuto spesso il coraggio di fare e cioè essere pioniere in alcune scelte strategiche e tirarsi dietro gli altri, mentre noi spesso abbiamo preferito guardare che cosa facevano gli altri e poi inseguirli. 

Io penso che noi possiamo essere protagonisti di stagioni nuove, di strategie delle quali siamo capofila. Oggi tutti stanno comprendendo il valore che l’Africa può avere per noi, particolarmente su un’altra questione che riguarda e coinvolge soprattutto il Mezzogiorno d’Italia. Perché poi se si va a guardare – questi che vorrebbero, diciamo così, dividere l’Italia -, in realtà tutte le grandi strategie che stiamo individuando passano da qui, compreso il tema del rapporto con l’Africa”. 

Obiettivo del Piano Mattei: fare dell’Italia l’hub di approvvigionamento energetico d’Europa

“Perché qual è la grande sfida che noi ci siamo dati con il piano Mattei e quant’altro? Fare dell’Italia l’hub di approvvigionamento energetico d’Europa, cioè mettere insieme due interessi, l’interesse dell’Africa a crescere, prosperare e vivere delle risorse delle quali dispone – l’Africa è potenzialmente un enorme produttore di energia, di energia verde soprattutto – e la difficoltà che invece oggi soprattutto l’Europa del Nord ha nell’approvvigionamento energetico.

Per cui se noi investiamo in Africa seriamente, non solamente noi italiani ma noi europei, nella produzione di energia anche in Africa – fermo restando che il Mezzogiorno d’Italia per la produzione di tutto quello che riguarda il rinnovabile o il rigassificatore, anche tutto il discorso che hai fatto, sono molto d’accordo, è chiaramente un potenziale enorme ma da soli non possiamo risolvere tutto il bisogno che c’è -, se noi riusciamo a portare l’Europa a fare quegli investimenti in Africa, produciamo quell’energia e costruiamo, come stiamo facendo, le adeguate infrastrutture di collegamento, sapete che cosa accade? Che il Mezzogiorno d’Italia, che è la porta d’ingresso di quella energia, è la porta di transito di quella energia, assume una centralità strategica che porta ogni risposta possibile”.

L’economia del mare

“Per cui c’è un disegno in quello che stiamo facendo. C’è un disegno in quello che abbiamo fatto istituendo un Ministero del Mare, avviando un Piano strategico del Mare, cioè mettendo a regime tutti i Ministeri che hanno una competenza su questa grande infrastruttura e su questo grande volano di ricchezza che da noi è rappresentato dal mare. Nel presente e nel futuro non vuol dire solo pesca, non vuol dire solamente tutta la nautica, che è un’assoluta eccellenza italiana, significa anche qui, e perdonatemi se parlo di strategie che possono sembrare avveniristiche ma non lo sono, perché il problema di questa Nazione è che non ha avuto una strategia, ma per esempio, oggi e nel futuro, mentre tutti sono concentrati con gli occhi in alto a guardare e a contendersi il dominio dello spazio – dove la concorrenza è sicuramente una concorrenza accesa e l’Italia ci deve essere – comunico che quasi nessuno sta guardando in basso verso un altro dominio strategico fondamentale del futuro, che sono i fondali marini e le grandi, enormi risorse che possono arrivare dai fondali marini. Lì non c’è nessuno ad oggi che compete con l’Italia. È un’altra nostra prerogativa, è qualcosa su cui dobbiamo mettere la testa.

E ripeto, sì, potrei venire qui semplicemente a raccontare quante risorse abbiamo messo sui redditi, sui salari, ma mi piace parlare di strategia, perché è quello che è mancato qui. Quello che è mancato qui è credere in un potenziale che è dato dall’operosità, dal coraggio e dalla forza dei cittadini di questi territori, dalla capacità di mettere quell’operosità, quella forza e quella competenza in condizioni di competere ad armi pari e da una strategia che veniva data dal Governo nazionale, condivisa con i territori, su cui tutti quanti lavoriamo. 

Allora, noi abbiamo individuato la strategia, stiamo mettendo le risorse su quella strategia, lo dimostra il Fondo di Sviluppo e Coesione, ma non è l’unico strumento con cui lo faremo, lo facciamo anche con il PNRR, ci sono altre fonti di finanziamento, le stiamo rivedendo tutte, Presidente, quindi altre risorse, altre sfide arriveranno. 

Dopodiché, nel Fondo di sviluppo e coesione ci sono risorse molto importanti per altre questioni che pure sono centrali: la tutela dei beni culturali, anche su altri ambiti che sono propri dell’Italia, il tema del turismo, tutto quello che ne deriva in termini di posti di lavoro.

Ci sono le risorse per il termovalorizzatore, qui a Gioia Tauro, cofinanziato tra risorse pubbliche e risorse private, per vincere un’altra grande sfida che è quella della gestione dei rifiuti sulla quale la Regione sta facendo un lavoro straordinario. Ci sono milioni e milioni di euro di sostegno al sistema produttivo, cioè alle aziende che qui decidono di creare lavoro e ricchezza”.

Zona Economica Speciale unica del Mezzogiorno

“E qui arriva un’altra risposta che è stata sottovalutata dalla grande stampa, da molti secondo me, poi piano piano che si capirà qual è il valore aggiunto che porta, l’attenzione aumenterà. Ma noi siamo riusciti in una cosa nella quale non era riuscito nessun governo prima di noi, che è la Zona Economica Speciale unica del Mezzogiorno. Noi siamo stati abituati ad avere delle piccole zone economiche speciali che non hanno funzionato come potevano funzionare, la sfida che ha affrontato il Governo e che ha vinto ottenendo il via libera dalla Commissione europea è che tutte le Regioni del Sud diventano un’unica Zona Economica Speciale. Che vuol dire essere un’unica Zona Economica Speciale? Significa – visto che il Presidente Occhiuto diceva che bisogna attrarre nuovi investimenti – che tutti i nuovi investimenti che arrivano qui nelle regioni del Mezzogiorno, indipendentemente da dove vanno, possono vantare degli incentivi molto importanti e delle semplificazioni amministrative estremamente significative. 
Vuol dire colmare così, dando un vantaggio nell’investire in questi territori, i problemi che abbiamo ereditato e quindi creare quell’uguaglianza che è il presupposto del merito, cioè mettere tutti nella stessa condizione di competere e poi chi è più bravo andrà più avanti.

E questo mi porta all’ultimo tema che riguarda la questione dell’autonomia differenziata, perché anche su questo io ho sentito dire un po’ di tutto, ma figuratevi se una persona come me, che sul tema dell’amore per l’Italia crede di aver dato qualche segnale, può immaginare di dividere la Nazione. Allora, sul tema dell’autonomia differenziata voglio dire due cose per spiegare la ratio del provvedimento che tanto viene giustamente dibattuto, lo capisco bene. La prima: il presupposto per la realizzazione dell’autonomia differenziata è l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Sapete che significa? Significa che per la prima volta in Italia qualcuno stabilirà quali sono i servizi essenziali che tu devi dare ai cittadini in ogni Regione d’Italia, in ogni territorio d’Italia. Perché vi comunico ufficialmente che in molti di questi territori quei livelli non sono stati garantiti. E garantire e definire quei livelli impone di garantire quei livelli anche a quei cittadini a cui quei livelli non erano stati garantiti. 
Secondo elemento dell’autonomia differenziata. L’autonomia differenziata non funziona come qualcuno racconta “tolgo a una Regione e do a un’altra”. L’autonomia differenziata prevede una cosa più semplice: dove io ho un’amministrazione regionale virtuosa – che spende bene le sue risorse, che lavora bene, che mi dà un moltiplicatore alto –, lo Stato valuta di devolvere altre competenze. Quindi non è un tema di rapporto tra una Regione e l’altra, è un tema di rapporto tra lo Stato e la Regione. E quindi non è un divario che si crea tra il Nord e il Sud, è semmai un divario che si crea tra le amministrazioni capaci e quelle che capaci non sono state. E non mi stupisce che faccia paura a qualcuno e particolarmente a quelli che hanno degli indicatori più bassi, ma è un elemento di responsabilizzazione che può fare anche la forza di questi territori, perché quando le risposte arrivano, indipendentemente dal territorio, io posso avere solo l’interesse di rafforzare quel territorio perché possa crescere meglio. Per cui non c’è affatto un tentativo di indebolire, qui c’è un tentativo di rafforzare, consapevoli di quello che è l’enorme potenziale del Mezzogiorno d’Italia, della sua gente, di questo territorio, agendo su alcune leve. 

Bisogna avere una strategia, bisogna avere delle risorse, bisogna che quelle risorse arrivino a terra, bisogna che chi gestisce quelle risorse sia responsabilizzato per spenderle al meglio. Con questi quattro elementi io penso che i cittadini che vivono in queste Regioni non devono avere paura di niente, perché hanno affrontato di tutto, compreso la ‘ndrangheta e la criminalità organizzata, e possono tranquillamente e devono poter contare sulla sfida della responsabilità. E noi combatteremo la ‘ndrangheta così, dimostrando che lo Stato, quando ti dà qualcosa, non ti chiede in cambio la tua libertà, come fa invece la criminalità organizzata. Ma lo Stato deve esserci e deve esserci con risposte serie e efficaci, e sono quelle che stiamo tentando di costruire”.